Curiosità
“Il vino dalla parte del cuore”, tra Mina e i Pink Floyd
“Il Vino dalla parte del cuore” è il titolo del volumetto edito da Curcu Genovese, scritto da Raffaele Fischetti.
Pugliese d’origine, da vent’anni a Bolzano, Fischetti è il presidente della Fondazione Italiana Sommelier Trentino Alto Adige, alla sua prima fatica letteraria che, lo spiega bene il titolo, parte parlando di vino ma finisce col trattare anche d’altro.
Quel vino che si depone nel cuore il quale ride di folle contentezza, spiega Fischetti, nella sua lunga cavalcata attraverso le regioni italiane dove nel corso degli ultimi diciotto anni ha consumato decine e decine di degustazioni, alcune delle quali finite in questo volume
Il vino dalla parte del cuore, anche perché la passione di Fischetti per il vino nasce a Merano nel lontano 2002, in occasione di un pranzo con una ragazza che poi sarebbe diventata compagna di vita. Un doppio colpo di fulmine, quindi, che riecheggia tutto nelle pagine di questo libro che non è inteso per un pubblico di specialisti, semmai, di specialisti che amano mischiare il vino alla letteratura, alla musica e ai ricordi che una degustazione porta con se.
“Bere in compagnia è la cosa più bella che ci sia”, raccontava un vecchio detto, e quando lo si fa con consapevolezza, moderazione e con l’intento di dare una connotazione storica, geografica e anche culturale a una bottiglia di vino, ecco che vengono fuori queste duecento pagine persistenti e ricche di eleganza da romanzo fiabesco.
E ovviamente, c’è molto della nostra terra, tra i ricordi enologici di Fischetti, con quei vini provenienti da cantine sparse su tutto il territorio provinciale, spesso dai nomi che riportano all’epoca feudale, per coltivazioni eroiche che si arrampicano sulle pendici delle Alpi. Leggi il resto di questo articolo »
Degustazioni all’aria aperta, trekking e “terapia del paesaggio”: come riparte il turismo del vino
Dopo più di due mesi di chiusura forzata, la ripartenza sarà un’occasione per ripensare tante dinamiche, economiche, sociali, e turistiche. Turismo del vino compreso: negli ultimi anni l’enoturismo è cresciuto, con sempre più visitatori internazionali attirati nei grandi territori del vino italiano, in cerca di esperienze sempre più originali e creative, con lo scopo di conoscere le tipicità del luogo, in termini di cucina tipica, e produzione enoica.
Così, sempre più cantine sono diventate anche luogo in cui accogliere i turisti, cosa che, però, per almeno qualche tempo, non sarà più possibile fare come fatto fino a prima della pandemia di Coronavirus. La riapertura sarà, quindi, un’occasione per ripensare il modo di fare turismo del vino, più organizzato e meno last minute, ma certamente non meno emozionante.
L’emergenza Covid-19, secondo un’indagine condotta dal Movimento Turismo del Vino in Italia, ha picchiato duro contro il turismo enogastronomico, ed in particolare con le cantine, che nell’87% dei casi si sono dichiarate molto danneggiate soprattutto in termini di vendita (91%) e di presenze dirette in cantina. Il settore enoturistico dunque, appare come uno dei più colpiti, con il 77% delle cantine che ha già messo in conto di dover compiere enormi sforzi per rientrare in carreggiata.
Tuttavia ripartire è possibile, con qualche novità che potrebbe portare ad una rivalorizzazione di aspetti ad oggi ritenuti secondari. Leggi il resto di questo articolo »
Prosecco rosé? Amen!
Per cause di forza maggiore, legate a Covid-19, mi trovo in uno sperduto ma accogliente paesino dell’Ungheria, ormai dal 7 marzo 2020. Da qui mi tengo in contatto con l’Italia tra mail, telefonate e degustazioni di vini che stanno arrivando dal Bel paese, complice il lockdown che ha stroncato fiere, viaggi stampa e appuntamenti in agenda. Che c’entra tutto questo con un editoriale che s’intitola “Prosecco rosé? Amen!“? Ve lo spiego subito.
Proprio ieri, a poche ore dalla pubblicazione della notizia del via libera alla modifica al disciplinare che autorizza la versione “rosa” dello spumante veneto-friulano, sono andato a fare la spesa. Nella corsia dei dolci, ho notato qualcosa di mai visto prima: quei geni della Ferrero si sono inventati il Kinder Bueno Coconut, ovvero al cocco!
Dirà qualcuno, di nuovo: che c’entra il Bueno col Prosecco? Mica parliamo di Asti Secco: quello sì, almeno, è piemontese come Ferrero (NB Si informa il Consorzio dell’Asti che nessun testimonial del Moscato d’Asti è stato maltrattato “in anticipo” per la realizzazione di questo editoriale). A mio avviso, tornando al punto, c’è invece una forte correlazione tra il Prosecco e un prodotto come il Kinder Bueno.
Dal momento che il Prosecco – a tasche piene di tutti, anche quelle dei detrattori – si è trasformato da semplice “spumante” a “fenomeno” e poi da “fenomeno” a “sinonimo” di qualsiasi cosa sia “vino con le bollicine“, la nascita della versione rosé sarebbe da considerare un’opportunità ulteriore, più che uno scempio della tradizione.
Restando nel campo largo della semantica, vi invito a porvi una domanda: “Prosecco”, nell’immaginario comune – non in quello dei professoroni del vino – è ormai più sinonimo di “industria” o di “territorio” del vino?
Secondo me, della prima. Un’industria che muove quasi mezzo miliardo di bottiglie all’anno – grazie anche ad investitori esteri, giunti in Veneto dalla Spagna del Cava (leggi Freixenet) non del Corpinnat – ha bisogno di diversificare, specie in un momento di crisi in cui l’avallo della versione rosé cade come manna dal cielo.
Del “fenomeno” Prosecco hanno giovato, giovano e gioveranno tutti. Basti osservare l’esplosione delle “bolle” prodotte con vitigni poco vocati agli sparkling e alla più recente mania dei “col fondo”, anche fuori dagli areali tradizionalmente inclini al pétillant.
Per di più, a giustificare l’istituzionalizzazione del Prosecco rosé all’interno di un contesto industriale, c’è anche la considerazione di tutti i fake che circolano da anni Leggi il resto di questo articolo »
Ostuni: la sommelier Lucia Leone racconta la Verdeca
Lucia Leone è responsabile commerciale dell’azienda agricola Masseria “Il Frantoio”, sommelier professionista, assaggiatrice e sommelier dell’olio. Da qualche anno fa parte dell’associazione “Donne del Vino” Puglia. In questo suo racconto ci presenta la Verdeca.
Quando si pensa alla vitivinicoltura pugliese, lo stile di vino che principalmente si associa è inequivocabilmente il rosso, con il Primitivo ed il Negroamaro che dominano la scena del panorama enologico.
Ma pensare questo è riduttivo perché in Puglia la produzione di vini bianchi è particolarmente attiva. Ed il vino bianco più celebre è sicuramente il Locorotondo che è stato tra i primi ad essere conosciuto fuori dai confini pugliesi. Sin dal 1969 i vini di Locorotondo sono riconosciuti Doc e i territori nei quali è permessa la produzione appartengono alle province di Bari e Brindisi.
Vitigno principe autoctono di questa denominazione è la Verdeca. Leggi il resto di questo articolo »
La Rioja vuole lo spumante, richiesta alla Ue la modifica del disciplinare
Sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stata pubblicata la domanda di modifica del disciplinare di produzione della DOP spagnola Rioja. Tra le varie modifiche richieste c’è l’aggiunta del vino spumante di qualità tra i prodotti protetti.
La Rioja intende sfruttare le potenzialità di mercato degli spumanti (“la «Rioja» non può lasciarsi sfuggire questa opportunità” si legge nella domanda di modifica al disciplinare).
“Con l’obiettivo di mantenere gli stessi standard qualitativi dei vini fermi – è scritto nell’atto europeo – l’intenzione è quella di creare un vino spumante di alto livello, da qui le restrizioni sulla resa e sul tenore di zuccheri (Brut, Extra Brut e Brut Nature).
’utilizzo del metodo di vinificazione classico e il periodo di affinamento minimo di 15 mesi ne sono la riprova”.
www.federvini.it/estero – 07/05/2020
Primitivo di Manduria, un fascino che ha conquistato il mondo
Senza dubbio uno dei rossi del sud più famosi nel mondo, il Primitivo di Manduria è un vino elegante e potente, vellutato e intenso, che piace tanto sia agli uomini che alle donne. Vino di punta della Puglia, è anche uno dei vini rossi italiani più esportati e la sua produzione nelle tre varianti è in costante aumento:Come il Dop, Primitivo di Manduria Riserva Dop e Primitivo di Manduria dolce naturale Docg.
Le caratteristiche sono conferite dalle uve maturano in maniera precoce e vengono vendemmiate sin dalla seconda metà di Agosto. Questo vino dal color rosso intenso, sontuoso e caldo, sontuoso, morbido e leggermente salato, rivela un bouquet fruttato di mirtilli, ciliegie e prugne, di fiori appassiti con sottofondo speziato e profumi di macchia mediterranea. Questo perché nasce vicino al mare e contiene tutta l’essenza del suolo argilloso e quello minerale del mar ionico. Proveniente da un vitigno molto antico, originario dall’Oriente, nel tempo ha stretto un forte legame con la città di Manduria grazie alle sue straordinarie uve.
Con la nascita della Doc nel 1974 e del Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria nel 1998 negli ultimi decenni i vini rossi ottenuti sono intensi ed eleganti, talmente gradevoli che sono molto apprezzati in tutto il mondo. Il vino piace perché è perfetto da gustare in tutte le occasioni, sia da soli che in ottima compagnia. E’ ideale da abbinare con la carne alla griglia e con piatti come lasagne al forno, abbacchio, selvaggina, sughi di carne, zuppe di legumi, formaggi. E’ ottimo anche con i piatti orientali.
www.iltarantino.it – 05/05/2020
Basta con lo scippo del Primitivo. Il mondo del vino pugliese si ribella alla produzione in Sicilia
“La decisione della Giunta Regionale della Regione Sicilia (DGG 1733 del 09/08/2019) con la quale si autorizza la coltivazione della varietà Primitivo sull’intero territorio regionale crea un pericoloso precedente amministrativo.
Per noi questo provvedimento è inammissibile. Tale decisione offende la nostra storia. Il primitivo è un vitigno pugliese, espressione coerente del nostro territorio e delle nostre tradizioni vitivinicole. Inoltre, la sua affermazione commerciale che lo pone come prodotto traino dell’economia vinicola, agroalimentare e enoturistica regionale, è il risultato di decenni di sforzi e investimenti, sacrifici dei viticultori. E non possiamo tollerare che tale patrimonio sia sottratto.
Un messaggio chiaro che deve anche essere recepito non solo da tutta la filiera ma anche dai tanti consumatori”.
Così si esprimono congiuntamente il Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria doc e docg, il Consorzio del Salice Salentino doc, il Consorzio dei Vini di Gioia del Colle doc, il Consorzio di Brindisi e Squinzano doc, il Consorzio dei vini doc e docg Castel del Monte, l’Associazione Nazionale Le Donne del Vino delegazione Puglia, il Consorzio Movimento Turismo del Vino Puglia, Assoenologi Puglia Basilicata e Calabria, Cia- Agricoltori Italiani Puglia e la Confagricoltura Puglia sottolineando con forza le dichiarazioni rese nelle ultime ore dal Senatore Dario Stefàno, in merito alla tutela dell’uva più importante del sistema vitivinicolo pugliese. Un messaggio comune: l’autorizzazione all’impianto e alla produzione di primitivo in Sicilia è da considerarsi un abuso.
“A nome di tutta la filiera dei vini di qualità ed in particolare delle Denominazioni e dei Consorzi di tutela della Puglia occorre porre la massima attenzione alla vigilanza e salvaguardia del patrimonio ampelografico locale in primis Primitivo, quale elemento di distinzione delle produzioni vitivinicole delle nostre Dop e Igp.
In particolare, in merito alla modifica del decreto 13 agosto 2012 concernente l’etichettatura e la presentazione dei prodotti del settore vitivinicolo Dop e Igp, vi è la necessità di un’immediata presa di posizione regionale.
Tale intervento impedirebbe che il primitivo possa essere presentato nelle descrizioni secondarie di etichette riferite a vini rossi senza vitigno che provengono da Dop e Igp di altre regioni italiane. Inoltre, si eviterebbe che nell’elenco dei sinonimi vengano aggiunte delle varietà di viti che possono essere utilizzati nell’etichettatura e nella presentazione dei vini”.
www.agricultura.it – 02/05/2020
Nasce “Etichetta Etica” il vino solidale: il 15% alla sanità pubblica
L’iniziativa è frutto della collaborazione tra un Enologo ed un Consulente commerciale e di marketing. Il Covid-19 ha cambiato tante abitudini : la quarantena forzata ha causato la diminuzione dei consumi di vino nel canale HORECA, da sempre privilegiato dalle piccole aziende, la cui esigua produzione rende loro difficile l’accesso alla grande distribuzione organizzata, unico canale di vendita che, nonostante le difficoltà del periodo, continua a lavorare. Molti produttori, perlopiù piccole realtà che si distinguono per l’alta qualità dei loro vini, davanti a questo blocco si sono trovati con le spalle al muro e con grandi preoccupazioni sul futuro della propria impresa.
Preoccupazioni condivise anche dall’Enologo Daniele Manca, consulente di numerosi produttori di vino d’eccellenza, il quale si chiedeva quali strategie potevano essere messe in campo per permettere ai piccoli produttori di resistere a fronte della chiusura dei ristoranti e dell’evidente crisi del mercato turistico. Una telefonata al suo amico e collega Federico Atzori, Consulente commerciale e marketing, ed ecco l’IDEA: “creiamo un blend unico con i migliori vini di tutti i produttori e lo proponiamo alla grande distribuzione con un’unica etichetta”. Ma non bastava, l’idea non doveva essere una pura e semplice operazione commerciale, poichè quello non era lo scopo.
La finalità era quella di resistere e non lasciare nelle difficoltà i piccoli produttori. Ma cosa si potava fare di più? Leggi il resto di questo articolo »
Vini ‘naturali’, concorrenza sleale francese
“L’iniziativa francese sui vini naturali crea una concorrenza sleale nei confronti di tutti i produttori di vino e confusione tra i consumatori che potrebbero essere fuorviati da un’etichetta con formulazione non riconosciuta a livello europeo”.
Lo afferma in una nota l’europarlamentare della Lega, Elena Lizzi, che ha presentato un’interrogazione sulla vicenda per conoscere quali azioni intenda mettere in atto la Commissione europea per scongiurare la penalizzazione dei produttori di vino degli altri Stati europei, già gravemente colpiti dall’emergenza Covid-19.
“Il 25 marzo 2020 –spiega l’europarlamentare friulana- l’autorevole testata giornalistica, “Wine Business”, ha reso noto che i produttori di vino francesi hanno ottenuto un formale riconoscimento da parte del loro Governo, per l’etichettatura dei vini naturali”.
“Le normative europee vigenti vietano l’utilizzo del termine “vino naturale”. In tutto il mondo –continua Lizzi- non esiste una definizione unica di “vino naturale”, che include un’importante nicchia del settore, pertanto, le autorità francesi hanno aggirato l’ostacolo legislativo creando una nuova denominazione, “vin méthode nature”, e stabilendo un elenco di criteri e un protocollo di screening dedicati unicamente a questa nuova denominazione”.
“I produttori francesi che decidono di aderire a questa nuova denominazione potranno apporre il logo, “vin méthode nature”, su ogni bottiglia di vino, per questo ho chiesto alla Commissione se ritenga accettabile la possibilità di un’etichettatura che superi la normativa europea.
La problematica –conclude Lizzi- è stata condivisa con l’assessore regionale all’agricoltura del Friuli Venezia Giulia, Stefano Zannier, e con l’onorevole Aurelia Bubisutti, componente della Commissione agricoltura”.
www.ilfriuli.it – 16/04/2020
Il vino combatte i batteri che causano mal di gola e placca: lo studio
Bere troppo alcol fa male, si sa, su questo non ci piove. Ma ciò non vuol dire che si debba rinunciare del tutto a un buon bicchiere di vino a pasto, anzi.
Rinunciare al vino, in particolare a quello rosso, potrebbe non essere una buona idea. Ormai ci sono Diversi Studi, infatti, che hanno messo in rilievo come un bicchiere di vino possa addirittura farci bene alla salute.
Già negli anni Ottanta ci fu una ricerca che dimostrava come, tra le bevande più diffuse, il vino fosse quella in cui patogeni come salmonella ed escherichia coli sopravvivono meno in un periodo di osservazione di 48 ore.
Una delle conclusioni dello studio fu che la sopravvivenza dei batteri nelle bevande potrebbe dipendere dal loro grado di acidità.
Nel 2007, Uno Studio Più Recente pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry ha puntato l’attenzione sugli streptococchi che causano mal di gola, carie e placca dentale.
Lo studio ha mostrato che il vino, soprattutto quello rosso, ha proprietà antibatteriche piuttosto buone contro quei particolari patogeni.
Questo studio, in particolare, ha evidenziato come l’attività antimicrobica possa essere imputata agli acidi malico, tartarico, citrico, succinico e acetico presenti nel succo della vite.
La cosa ovviamente non deve essere presa come un invito a bere vino con liberalità. Diciamo che un bicchiere (o magari meglio un mezzo bicchiere) a pasto non fa male a nessuno, ma è bene non superare mai questa quantità, perché in quel caso i danni per la salute supererebbero di gran lunga i possibili vantaggi per il benessere della nostra bocca.
www.pianetadonne.blog – 14/04/2020