Il vino invecchiato un anno nello Spazio ha un gusto assurdo ma ottimo, a quanto pare

Cosa ci fa un vino nello Spazio? La risposta più breve è che diventa uno dei vini più rari al mondo e, di conseguenza, anche uno dei più preziosi. Proprio così, un Petrus Pomerol da 5 mila euro a bottiglia ha trascorso 365 giorni nello Spazio, insieme a 320 frammenti di viti di Merlot e Cabernet Sauvignon, tornati sulla Terra lo scorso gennaio a bordo della Stazione Spaziale Internazionale.

Si è trattato di un esperimento, e molto ben riuscito perché ora ricercatori di tutto il mondo, riuniti a Bordeaux, stanno studiando il prezioso liquido per capire come l’ambiente spaziale potrebbe averlo influenzato, modificandone il colore il sapore e la consistenza.

In questi giorni i sommelier e gli esperti di vini stanno dando le loro prime impressioni dopo l’assaggio: c’è che ha scritto di un “sapore di petali di rosa”, altri hanno notato un certo “aroma di falò” che potrebbe essere stato leggermente accentuato dal viaggio spaziale, ma la notizia più sorprendente è che lo spazio “sembra aver dato energia alle viti”, come riporta un lungo articolo di Associated Press dedicato all’incredibile scoperta.

La ricerca sul Petrus Pomerol non riguarda solo il gusto e la possibilità che il vino, nello Spazio, migliori. Il progetto fa parte di un tentativo di scienziati, biologi universitari e ricercatori di rendere le piante sulla Terra più resistenti ai cambiamenti climatici e alle malattie, esponendole a nuovi ambienti e nuovi fattori di stress che possono aiutare a capire i diversi processi di invecchiamento.

In questo momento è in corso una delle fasi della sperimentazione, con una dozzina di sommelierche stanno assaggiando il vino in un modo molto particolare. Per evitare pregiudizi o errori i dodici esperti sono stati messi davanti a due bottiglie di vino della stessa annata, una delle bottiglie è stata nello Spazio mentre l’altra non ha mai lasciato la cantina in cui è stato prodotto. L’assaggio viene fatto su tutte e due le bottiglie, e successivamente viene compilato un report con le differenze, le variazioni di sapore, aromi, tonalità di colore e consistenza, retrogusto e profumi.

In questo modo, e con un’analisi particolarmente dettagliata, si saprà cosa succede al vino lontano dal nostro pianeta. Un’informazione fondamentale anche per cominciare a pensare a come potrebbe essere l’alimentazione umana su altri pianeti.

Portare a termine l’esperimento non è stato facile, normalmente infatti alcol e bottiglie in vetro sono assolutamente proibiti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Per ammetterli a bordo ogni bottiglia è stata imballata all’interno di uno speciale cilindro d’acciaio che l’ha protetta durante il viaggio.

In una conferenza stampa tenuta lo scorso mercoledì, Nicolas Gaume, l’amministratore delegato dell’azienda che ha organizzato la ricerca in collaborazione con gli enti spaziali, ha detto che l’esperimento si è concentrato, tra le altre cose, anche sullo studio degli effetti della mancanza di gravità che è responsabile di “uno stress tremendo su qualsiasi specie vivente”, quindi anche sulle viti e sul loro prodotto più prezioso, il vino.

E i risultati? Sono già entusiasmanti: stando all’opinione della maggior parte dei sommelier ci sono cambi significativi nel vino che è stato nello Spazio, tanto che si fa strada un’ipotesi fino a poco tempo fa impensabile: forse sarà possibile invecchiare artificialmente i vini mandandoli in orbita.

www.esquire.com – 27/03/2021

I Commenti sono chiusi