Degustazioni

Il vino si degusta in mare aperto: partnership tra Msc Crociere ed Associazione Italiana Sommelier

Quando si guida non si deve bere. Ma se si viene cullati dal mare su una nave da crociera, un buon calice di vino ci si può concedere nel massimo della tranquillità e del relax. E per scegliere quello giusto, Msc Crociere, terza compagnia crocieristica al mondo e leader europeo nel settore, da qualche anno ha scelto come partner l’Ais – Associazione Italiana Sommelier, come racconta, tra le altre cose, l’evento “Miglior Sommelier d’Italia Premio Trentodoc” che, nel 2023, è andato in scena a bordo dell’ammiraglia Msc World Europa, nella Convention Nazionale Ais di Genova. E grazie a questa partnership, ora, si aprono tante opportunità professionali a bordo delle navi da crociera per i sommelier.

“La nostra ormai solida partnership con Ais si rafforza con questa ulteriore e importante iniziativa, finalizzata a offrire interessanti sbocchi professionali nel settore food & beverage a bordo delle nostre navi. L’enogastronomia rappresenta, infatti, uno dei grandi punti di forza delle nostre crociere e uno dei principali elementi differenzianti nella scelta delle vacanze da parte dei nostri ospiti”, ha detto Luca Valentini, direttore commerciale di Msc Crociere. Per il presidente Ais, Sandro Camilli “questa partnership offre ai nostri soci un’opportunità unica per intraprendere una carriera entusiasmante e gratificante nel settore del vino a bordo delle navi da crociera Msc. Siamo certi che questa esperienza li porterà a crescere professionalmente e a vivere momenti indimenticabili in giro per il mondo”.

Le navi Msc sono infatti alla ricerca di “sommelier brillanti e motivati – spiega una nota – ai quali offrire un’esperienza professionale unica nel suo genere: lavorare nelle numerose enoteche, ristoranti, cocktail bar e birrerie di alto livello presenti a bordo. Un ambiente di lavoro internazionale, dove mettere a frutto il proprio talento, a contatto con un pubblico realmente globale. Un’esperienza formativa unica, in un contesto stimolante e in continua evoluzione, tramite il quale conoscere nuove culture, paesi e abitudini alimentari di ogni parte del mondo”. Come spesso accade, grazie ad una buona bottiglia di vino.

https://winenews.it – 22/04/2024

Cos’è l’Ippocrasso, il vino dolce che arriva direttamente dal Medioevo

Avete mai assaggiato l’Ippocrasso? Si tratta di un vino speziato dal sapore molto dolce, realizzato secondo un’antichissima ricetta che si fa risalire addirittura a Ippocrate di Kos, ritenuto il padre della Medicina moderna. Da molti considerati l’antenato del  Vermouth, non c’è dubbio che il successo di questo vino si attesta in epoca medievale. Siete curiosi di conoscere la storia di questo vino aromatizzato fermentato? Scopriamola insieme.

Secondo la credenza popolare, l’Ippocrasso sarebbe stato inventato dal famoso medico greco Ippocrate nel lontano V sec.a.C. C’è da dire però che non esistono prove a sostegno di questa tesi, perché le prime fonti che attestano l’esistenza di questo particolare vino risalgono al XVI secolo. Si tratta di un vino aromatico fermentato fatto con aggiunta di spezie e miele.

L’unica certezza è che gli antichi Greci bevevano i vini stomachici, ovvero dei vini locali a base di fiori di artemisia macerati. I Romani a questa tipologia di vino aggiunsero anche spezie ed erbe come timo, mirto e rosmarino.

La bevanda però nota come Hypocras diventa famosa solo in epoca medievale non solo come drink, ma anche come rimedio medico. Secondo gli storici, ogni speziale (o vinattiere) aveva la sua ricetta segreta per la preparazione dell’Ippocrasso. C’è chi usa come spezie cannella, mirro e rabarbaro e chi invece l’artemisia e il cardamomo. In ogni caso sembra come ingredienti fondamentali della ricetta ci fossero vino locale, cannella, zenzero e artemisia.

https://www.wineandfoodtour.it – 05/03/2024

Nasce una nuova guida internazionale

Trenta sommelier di tutto il mondo hanno selezionato le migliori etichette.

Due veneti – lo spumante Grave di Stecca 2017 dell’azienda Nino Franco di Valdobbiadene e il Lison classico 2019 di Villa Bogdano di Portogruaro – e un friulano, il Pinot grigio Salvadi 2020 di Scarbolo – entrano nella prestigiosa prima edizione della “World’s best sommelier selection”, una lista internazionale stilata da alcuni dei più bravi sommelier della “World’s 50 best restaurants” e resa nota in questi giorni.

A completare la prestigiosa cinquina del Nord Est anche due grandi classici trentini come il Trentodoc Perlè 2018 di Ferrari e il Granato 2019 di Foradori.

La guida è al debutto, e nel panorama enologico e dell’alta cucina gode di credito, curiosità e molto interesse, visto che si tratta dell’ennesima idea di William Reed, il nome dietro ai “The World’s 50 best restaurants” e “World’s best vineyards”.

Dopo un accurato processo di degustazione, a Londra, sono stati selezionati alcuni dei migliori bianchi e rossi mondiali. Sono 16 su circa 130 le referenze italiane che, insieme agli Stati Uniti, si pone al secondo posto della classifica dei Paesi con più etichette selezionate, subito dopo la Francia con 17. La degustazione è stata presieduta da una giuria internazionale di sommelier, in rappresentanza di quattro continenti e 16 Paesi.

La degustazione internazionale è stata diretta da Josep Roca, Leggi il resto di questo articolo »

La fine del mito del vino francese: Bordeaux a un euro al litro

Prima del cambiamento climatico potrebbe essere il mercato a mettere fuori gioco la viticoltura francese.

Mentro il governo pensa ad aiuti per espiantare 100 mila ettari di vigneti in Francia, per far fronte a un surplus produttivo da 5 milioni di ettolitri, le giacenze pesano nelle cantine, cooperative e private, tanto che ormai non ci si fa più remore neanche a svendere il vino più pregiato.

Recentemente sono stati registrati contratti a Bordeaux per 1000 euro per un tonneau da 900 litri.

“Non è accettabile che ci siano transazioni siano inferiori a 1.000 euro al barile, ben lontane dalla copertura dei costi di produzione. Lasciamo questi mercati ad altri prodotti che hanno meno vincoli normativi, costi di produzione più bassi e rese più elevate. Per mantenere la forza della nostra immagine di vini di qualità, che si riflette nei nostri prodotti, nei nostri impegni per l’ambiente e nella nostra responsabilità sociale, le transazioni devono garantire che tutti questi costi, in costante aumento, siano remunerati.” hanno scritto in una lettera riportata da Vitisphere, Allan Sichel e Bernard Farges, presidente e vicepresidente del Civb, Lionel Chol, presidente della Fédération du Négoce, e Jean-Marie Garde, presidente della Fédération des Grands Vins de Bordeaux.

La situazione è talmente drammatica che i viticoltori stanno trattando col governo incentivi all’espianto perpetuo dei vigneti per 4000-6000 euro ad ettaro mentre vi sarebbe un incentivo di 2000-3000 euro/ha per l’espianto “a tempo”, ovvero con l’impegno a non reimpiantare il vigneto per 6-8 anni.

La viticoltura francese ha però un altro nemico.

Il documentario Un point c’est tout (“Questo è tutto”) racconta il declino inesorabile dei vigneti francesi a causa del cambiamento climatico. Dalla pellicola del vivaista Lilian Bérillon emerge il fatto che senza un intervento rapido e definitivo i grandi vini francesi sono destinati a scomparire.

https://www.teatronaturale.it – 13/02/2024

Ecco il “naso elettronico” che svela l’origine e la freschezza dei vini

È stato progettato da una ricercatrice italiana un “naso elettronico” per studiare i vini sul mercato, uno strumento in grado di riconoscere la freschezza del prodotto e la sua origine: è il risultato del lavoro della fisica bresciana Sonia Freddi, nei laboratori del Dipartimento di Fisica dell’Università Cattolica di Brescia.

La scoperta apre la strada a test per i controlli sulla qualità.

Cibi e bevande emettono particolari molecole di gas che possono indicare se un prodotto è fresco o deteriorato. Il naso rileva queste molecole biomarcatori grazie all’analisi delle componenti volatili e può essere potenzialmente applicato in svariati campi come il controllo della qualità, della freschezza e dell’origine dei prodotti.

Il vino, in particolare, è caratterizzato da particolari componenti organolettiche e volatili, circa 800 diverse, che identificano non soltanto la sua composizione chimica o la tipologia d’uva utilizzata ma anche la provenienza. Negli ultimi anni, l’industria vinicola ha cercato tecniche sempre più rapide e affidabili per controllare l’origine di vini Docg o Doc; l’utilizzo di un naso elettronico, grazie alla sensibilità elevata dei sensori è una tecnica che sta prendendo sempre più piede in questo ambito.

Il naso elettronico è stato testato in laboratorio su varie sostanze campione; per esempio ammoniaca, acetone e acido acetico, indicatori dell’adulterazione del vino. Successivamente è stata la volta dei test veri e propri di svariati vini, sia per verificarne la freschezza (in particolare di un generico vino bianco da cucina), sia per il riconoscimento di diverse tipologie di vino. Sono stati testati svariati vini, bianchi e rossi, prodotti in Lombardia (Pinot grigio, pinot rosso, Lugana, chardonnay, sauvignon, prosecco, rime rosè). Il naso elettronico si è dimostrato in grado sia di riconoscere la freschezza e l’adulterazione di un generico vino bianco, sia di riconoscere con buona precisione i vari vini testati.

https://www.virtuquotidiane.it – 06/02/2024

Il miglior vino rosé al mondo è italiano. In barba a Brad Pitt

Wine Searcher, portale di monitoraggio e comparazione dei prezzi del vino a livello mondiale, ogni anno stila la classifica The World’s Best Rosés firmata da Nat Sellers, e per il 2023 ha messo sul podio un vino italiano: non un rosato fermo, ma un metodo classico, ovvero il Trentodoc Maso Martis Rosé Extra Brut di Maso Martis, azienda trentina guidata dalla famiglia Stelzer, tra le eccellenze della spumantistica.

Il vino trentino ha superato grandi nomi come Château d’Esclans e Miraval (proveniente dalla tenuta della star di Hollywood Brad Pitt). Il Rosé Extra Brut di Maso Martis ha delle note floreali di frutti di bosco, brioche lievitata, frutta rossa e spezie da forno. Il magazine di settore Wine Enthusiast lo ha definito «uno spumante secco, delizioso». Undici critici internazionali hanno dato 92 punti alla creazione trentina

https://www.open.online – 21/01/2024

Vino e cucina cinese: gli abbinamenti del sommelier per non sbagliare

Come abbinare vino e cucina cinese? La cucina tradizionale cinese è molto variegata e comprende tante cucine tipiche regionali. Ecco perché gli abbinamenti non sono così scontati così si potrebbe immaginare, ma è facile incorrere in errori che possono rovinare l’esperienza enogastronomica al ristorante. La scelta risulta ancora più difficoltosa se si considera che i cinesi non bevono mai vino come accompagnamento dei pasti, ma sempre tè o acqua. Spesso sono le zuppe a ricoprire il ruolo di “bevanda” durante un pranzo. Per non parlare della presenza delle spezie e degli aromi particolari dei piatti che vanno sempre considerati in virtù di un abbinamento col vino. Quali sono i consigli del sommelier? Scopriamoli insieme.

L’abbinamento ideale, quello classico, per chi vuole andare sul sicuro è un calice di buon vino bianco aromatico e morbido. La maggior parte delle persone che mangiano abitualmente al ristorante cinese opta per il Gewürztraminer come vino in abbinamento. Se sono piatti dai sapori non particolarmente speziati e dalla tendenza untosa o grassa potete anche scegliere di abbinarci il Sauvignon o il Viognier. Nulla vieta di abbinarci un rosato, anche se si preferisce sempre un vino bianco per la cucina cinese.

Se siete amanti dei rossi, potete optare per un calice di elegante Pinot nero, soprattutto se si tratta di uno stufato o un piatto a base di carne o di ravioli cotti al vapore. C’è anche la possibilità di abbinare il Chianti o comunque un vino a base di Sangiovese.

Per le zuppe, pasta o noodles meglio abbinare un vino bianco fresco, profumato e fruttato, come Fiano, Arneis o Müller-Thurgau. Attenzione però a considerare sempre non solo la base del piatto cinese che andrete a degustare bensì anche gli ingredienti e le spezie che lo caratterizzano.

Nei piatti dal sapore agrodolce attenzione alla scelta del vino: se siete indecisi meglio optare per le bollicine. Se volete scegliere un’unica bottiglia per accompagnare un intero pranzo o cena al ristorante cinese, senza considerare le singole pietanze e gli abbinamenti singoli, allora vi consigliamo sempre un vino bianco e aromatico (ecco perché tutti ordinano sempre il Gewürztraminer.

https://www.wineandfoodtour.it – 02/01/2024

Ca’ del Bosco ritorna al futuro e festeggia la nuova cantina con un vino di 42 anni

Ca’ del Bosco ritorna al futuro. Lo fa attraverso la porta della sua storia, del suo territorio, delle sue persone. Lo fa in questi giorni stappando una bottiglia che porta sull’etichetta più di quarant’anni di vita e, sotto il tappo, la passione, la cura, la filosofia, l’amore che Maurizio Zanella ci ha messo, ci sta mettendo e metterà nella maison di Erbusco arrivata al traguardo delle 52 vendemmie e che – «dopo decenni di muratori, ingegneri, architetti e notai» giusto per dirla con le sue parole – completa oggi il suo definitivo ampliamento.

La scommessa iniziata nel 1968, quando fu piantato il primo vigneto, nel 2023 è una realtà – solidissima e pluripremiata dal pubblico – che si misura in 280 ettari (quasi il massimo raggiungibile). Ca’ del Bosco oggi tocca undici dei diciannove comuni della Franciacorta e diventa custode di una porzione decisiva del territorio.

In tutti questi anni lo sviluppo dei vigneti è stato accompagnato dall’ampliamento degli spazi in cantina, arrivata ora alla sua definizione finale. Ca’ del Bosco 2.0 (come l’ha definita Maurizio Zanella) ora può contare su una nuova reception, caratterizzata da una simbolica forma ad anello con al centro una quercia. Attraverso il nuovo tunnel della Vintage Collection, caratterizzato da giochi di luce e da prospettive a perdita d’occhio, con i caveaux delle riserve di Franciacorta e i caveaux nella cupola storica dedicati alle cuvée Annamaria Clementi, la maison conduce il suo visitatore tra le sue ere antica e moderna, mentre grazie alla nuova cupola multisensoriale può consentirgli un’esperienza immersiva scandita da profumi, suoni e sostanza che sono l’essenza dei suoi vini e della sua pluridecennale storia.

Nella nuova Ca’ del Bosco – Leggi il resto di questo articolo »

Il rito antico che lega l’Alto Adige al vino nuovo

L’autunno in Alto Adige ha un profumo definito, quello del vino nuovo: mentre il paesaggio cambia e si colora di sfumature dalla calda dolcezza, le tradizioni più antiche riprendono vita e si perpetuano nel volgere della stagione. Così ogni anno si celebra il rito del Törggelen: il termine deriva dal latino torquere, torcere, con riferimento al torchio in legno usato per la spremitura dell’uva nelle cantine. E dai primi di ottobre fino all’inizio dell’Avvento in Alto Adige le porte dei masi si spalancano per accogliere nelle stuben (quei caratteristici locali dominati da una grande stufa, dalle pareti rivestite in legno) chi vuole assaggiare il nuien, il vino nuovo, e il siaße, il mosto d’uva.

Il clima è quello di una festa, e le bevande sono accompagnate da ottimo cibo locale. Le cantine e i Buschenschank, le tipiche osterie contadine, si animano dei sapori della cucina locale: le mezzelune ripiene, i crauti e i canederli anticipano il gran finale con le caldarroste, servite ancora calde con burro e con gli immancabili krapfen, deliziosi dolci fritti farciti con marmellata di papavero, di albicocche o di castagne. La passeggiata per muoversi in una sorta di pellegrinaggio da un’osteria all’altra è parte del rito, che può durare anche un’intera giornata tra boschi e coltivi: l’aria frizzante mette fame, il movimento aiuta e i colori della stagione incantano.

Si tratta di una tradizione antica, che risale probabilmente al medioevo, Leggi il resto di questo articolo »

Il primo vino in brick nel mondo spegne 40 candeline

Ci sono compleanni speciali, cifre tonde che segnano traguardi raggiunti, ricordando momenti indimenticabili. Quarant’anni sono un avvenimento importante che il Tavernello, il vino più bevuto d’Italia e uno dei marchi più conosciuti, ha festeggiato con una serata speciale allo stabilimento Caviro di via Zampeschi, a Forlì.

Era il 1983 quando Caviro, cooperativa agricola nata a Faenza per valorizzare la produzione vinicola locale, portò il Tavernello sul mercato. E’ stato il primo vino in brick del pianeta, un prodotto destinato a rivoluzionare per sempre il modo di intendere il vino, oggi esportato in oltre 40 paesi nel mondo.

Il Gruppo Caviro, realtà che oggi rappresenta 11.650 soci e 37.000 ettari vitati per un totale di 600.000 tonnellate di uva prodotta (l’8,5% della produzione nazionale), ha scelto di celebrare questo traguardo a Forlì, città che ospita le Cantine di Caviro. Gli ospiti hanno potuto degustare vini attraverso il Tavernello ForTy Party, ma anche vedere come nascono attraverso visite guidate alla cantina. Gran finale con lo spettacolo del comico Raul Cremona.

La serata, che si è svolta in un’ampia area verde, fiore all’occhiello della sede, aveva l’obiettivo di far conoscere alla comunità locale tutto il mondo che ruota intorno a Tavernello, a partire dall’attività della cantina sino ad arrivare ai tanti vini Caviro.

https://www.forlitoday.it – 08/09/2023