Quel confronto senza tempo tra vino e birra

A parte l’idromele, bevanda alcoolica prodotta dalla fermentazione di una soluzione di miele in acqua, che sarà comunque sempre un prodotto di nicchia (anche per la rarità del miele stesso), fino alla scoperta medievale della distillazione due sono le bevande che tengono il campo nel mondo mediterraneo, all’incrocio dei tre continenti Asia, Africa ed Europa: la birra e il vino. Antichissime tutte e due, e sempre in qualche modo contrapposte.

Che cosa sono, storicamente parlando, vino e birra? Bevande fermentate, l’una prodotta col succo dell’uva (o, per estensione, di altri frutti zuccherini: spesso l’antichità non distingueva il vino da quello che noi chiamiamo sidro, di mele o di pere, e conosceva anche un vino di datteri), l’altra con orzo ed altre granaglie. Contrapposte, dicevamo: e siccome la nostra cultura europea ed occidentale, specie poi se meridionale, reca fortissima l’impronta greco-latina, siamo stati abituati a considerare la civiltà del vino superiore a quella della birra; bevanda in antico di popolazioni barbariche asiatiche ed africane, poi anche di quegli altri barbari del Nord, Galli e Germani, che non conoscevano la vite. La birra sarà così considerata nel Medio Evo “surrogato” del vino per popoli che non sono in grado di coltivare un vigneto. Ma non è andata proprio così.

Forse più antica del vino (forse…) la birra è la bevanda d’elezione di grandi civiltà fiorite ben prima di quella greca; sue patrie sono la cosiddetta Mezzaluna fertile, la Mesopotamia, e l’Egitto, e la si produce inizialmente con pane (d’orzo) poco cotto ammollato in acqua. Il metodo col quale tuttora in Russia, ma con pane di segale, si produce il Kvass e che, con un qualche successo, ma utilizzando pane di frumento, è stato riprodotto in alcune carceri italiane (esperimento in corso anche a Taranto, pur se rallentato da impacci burocraticofiscali, con impianti pronti e detenuti già qualificati attraverso corsi di formazione) per utilizzare i panini (in intatte confezioni sigillate monodose) rimasti non consumati a mensa. I Sumeri la chiamano per questo motivo “pane liquido”, e la utilizzano anche per pagare i salari degli operai.

Probabilmente in Egitto si farà ricorso, per confezionare i pani semicrudi da ammollare in acqua, non a farine di orzo ed altri cereali crudi ma a cereali maltati. Che cos’è la maltazione? Un procedimento che vede i chicchi di cereale inumiditi fino a far spuntare i primi germogli; la germinazione viene interrotta col calore e i chicchi vengono macinati: il prodotto è il malto. Durante la germinazione gli amidi del chicco iniziano a scindersi in zuccheri, e sono gli zuccheri che, in infusione acquosa e grazie all’azione dei lieviti selvaggi (non selezionati, e presenti naturalmente nell’aria), attraverso la fermentazione, si scindono a loro volta in alcool etilico ed anidride carbonica. In base al grado di tostatura dei chicchi germinati si otterranno malti più o meno scuri, e quindi birre chiare o scure.

Un procedimento, insomma, abbastanza complesso; ma infinitamente più semplice (come più semplice è la coltivazione dei cereali rispetto all’impianto ed alla cura di una vigna) di quello necessitante per produrre il vino; che richiede attrezzature molto più complesse e molto più lavoro, specie se si vuole ottenere un prodotto di buona qualità (per i nostri gusti, comunque, il vino antico, anche il più rinomato, al di là di astuzie produttive non molto salutari, farebbe abbastanza schifo). Ecco perché il vino, anche in antico, costava molto di più della birra; e perché in Egitto – dove la birra era diffusissima, ed era migliore di quella sumera – i Faraoni bevevano vino; importato o prodotto nei vigneti reali impiantati magari nel delta del Nilo. In Grecia, invece, la birra non piaceva, era disprezzata, non aveva neanche un nome: la chiamavano “vino d’orzo”, avevano dimenticato il nome minoico, “brutòn”.

Il vino era l’autentica bevanda per uomini veri. Il disprezzo della birra passò in eredità a Roma; anche perché la birra era la bevanda dei barbari del Nord (barbari veramente, questi, non soltanto “balbettatori” come erano i barbari altamente civilizzati del vicino Oriente per i Greci). Il primo, vero impero globale della storia, dopo quello effimero di Alessandro Magno, quello di Roma, impiantò vigneti ovunque arrivassero le sue legioni, in tutta la Gallia, per esempio, sul Reno, in Pannonia e persino nell’inadattissima Britannia, ed impose il gusto del vino (che non sarebbe mai più scomparso) nelle classi più elevate. Il resto lo fece il cristianesimo, che fece del vino una bevanda sacra a tutti gli effetti, non solo metaforicamente, perché nella Messa il vino – non sostituibile da altre bevande – si transustanzia nel sangue di Cristo. Anche oltre l’area della vite, allora, ovunque arrivasse il cristianesimo arrivava – da lontano, raro, ricercato, costoso – anche il vino. Beninteso, la birra non sparì per niente.

www.tarantobuonasera.it 06/12/2020

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