Eventi
Il miglior vino bianco al mondo? E’ italiano
Non è certo un mistero che l’Italia abbia un’importante tradizione enologica. Per questo non dovrebbe stupire più di tanto il fatto che, da un campione di centinaia di prodotti, sia stato proprio un vino nostrano a essere definito il miglior bianco. A consegnare la corona d’alloro c’ha pensato il magazine statunitense Wine Enthusiast che, come ogni anno, ha stilato la sua personale classifica. Una graduatoria che, per il 2021, annovera ben 18 vini tricolori, uno dei quali finito davanti a tutti in quanto commistione giusta di qualità, lavorazione e anche prezzo.
Ben 22 mila vini degustati, solo 100 selezionati. L’attenzione degli esperti è meticolosa e letteralmente al millimetro. L’obiettivo è capire quali prodotti riescano effettivamente a sintetizzare tutte le qualità che ci si aspetta da un buon vino, bianco o rosso. E un tale sforzo di analisi, porta a risultati insperati lasciando scoprire che alcuni prodotti a basso costo possono essere comunque garanzia di qualità assoluta. La prima posizione in graduatoria, per la verità, la ottiene un vino francese, ovvero il rosso Margaux Château Siran 2018, ottimo nel rapporto qualità-prezzo. La medaglia d’argento assoluta (d’oro fra i bianchi) la ottiene però il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore 2019 di Bucci. Per gli esperti non c’è dubbio: si tratta di un vino bianco “assolutamente fenomenale”, per il gusto che concede ma anche per l’essere clemente con le tasche.
Tale bianco, infatti, si attesta su un costo inferiore ai 20 euro. In pratica, il miglior vino bianco del mondo potrebbe essere acquistato senza troppi sforzi in un qualsiasi supermercato. Si tratta, nello specifico, di un prodotto realizzato nelle Marche, forte di cinquant’anni di Denominazione di Origine Controllata. Ideale per accompagnare un primo di pesce o le verdure, viene definito leggero, cremoso e saporito. Inoltre, contrariamente al luogo comune che lo associa esclusivamente al pesce, si sposserebbe alla perfezione anche con le carni bianche. Il Verdicchio, in poche parole, rappresenta un’eccellenza a tutti gli effetti. Un termine che in sé, nonostante sia così altisonante, potrebbe dire poco. O meglio, non dire tutto. Perché il vino, in fondo, è un’esperienza da assaporare in ogni suo aspetto. E le etichette lasciano il tempo che trovano.
https://www.contocorrenteonline.it – 19/12/2021
“Alberi, non parole”: il Vino Nobile di Montepulciano in campo per la “giornata dell’albero”
Essere green e sostenibili, per una cantina o per un territorio del vino, vuol dire qualcosa di più che mettere in campo buone pratiche dentro ai confini delle aziende nella sola filiera enoica. Vuol dire, sempre più, prendersi cura del territorio, a 360 gradi. Percorso ben chiaro alla denominazione del Vino Nobile di Montepulciano, che, nella cittadina che è tra le perle del Rinascimento di Toscana, da tempo, è pioniera di tutto quello che è sostenibilità.
Percorso concretizzato in tante azioni, compresa quella del piantare nuovi alberi, una delle misure più “caldeggiate” dai ricercatori, per esempio, per contrastare il riscaldamento climatico. E, su questa scia, il 18 novembre, nella “Giornata dell’albero”, il Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano pianterà la seconda parte dei 1.200 alberi per creare un bosco antistante l’Ospedale locale.
L’iniziativa è nata nel 2019 per contrastare l’inquinamento e i cambiamenti climatici e rientra nella certificazione della sostenibilità secondo la Norma Equalitas. Testimonial dell’evento il campione di basket Giacomo “Gek” Galanda e il direttore Winenews Alessandro Regoli, con la giornata che sarà guidata dalla storica voce di “Decanter” (Radio2 Rai), Tinto (alias Nicola Prudente). E così, giovedì 18 novembre, negli spazi antistanti l’ingresso degli Ospedali Riuniti della Valdichiana Senese, a Montepulciano, a partire dalle ore 10, saranno piantate altre 400 piante delle 1.200 che andranno a costituire un bosco vero e proprio entro il 2022.
È l’obiettivo del progetto “Alberi, non parole”, nato nel 2019, fermato nel 2020 dalla pandemia, e che quest’anno, Leggi il resto di questo articolo »
Russiola, il vino salvato
C’è un vino del territorio, nato dalle sabbie, forse il più antico della provincia di Ferrara, di grandissima nicchia, prodotto in quantità limitatissime (circa 10 ettolitri all’anno), a lungo giudicato come ‘pianta intrusa’ tra i filari, ma che un team di produttori e ricercatori sta salvando e valorizzando, tanto da averlo promosso anche in Cina, perché “i grandi mercati adorano le produzioni introvabili e perciò di valore”.
È la Russiola, un rosé tipico dell’areale comacchiese nelle cui potenzialità credono il sommelier Marco Simoni, con l’imprenditore Emanuele Mattarelli, il titolare di un impianto di centinaia di anni Marino Fogli e il ricercatore Sandro Colombi. Simoni e Mattarelli lo hanno presentato ieri al pubblico del Ferrara Food Festival, con degustazione allo stand dei vini del Bosco Eliceo, in piazza Trento e Trieste.
https://www.ilrestodelcarlino.it – 08/11/2021
Lady Gaga firma Dom Pérignon da collezione
Così Lady Gaga firma un’edizione limitata per Dom Pérignon Vintage 2010 e Rosé Vintage 2006, in confezioni iridiscenti che sono un’ode visiva alla fantasia e mutevolezza. Una produzione che assembla due creatori: da una parte Lady Gaga, dall’altra Dom Pérignon, nelle vesti del suo Chef de Cave Vincent Chaperon in una collaborazione ispirata, come sottolineano in una nota, “da una totale e condivisa convinzione nell’assoluta libertà creativa. Lady Gaga ispira gli altri a sognare, a sperimentare, a esprimersi. Dom Pérignon esplora continuamente i confini della creazione con ogni suo Millesimato, rivelando l’armonia di una natura in continua evoluzione, del clima e dei vincoli unici che ogni vendemmia porta con sé”. Insieme al Dom Pérignon Vintage 2010 la maison presenta per l’occasione un Dom Pérignon Rosé Vintage 2006 che, viene sottolineato, “sceglie di essere Rosé,.
E’ in nome della libertà: la libertà di avventurarsi, di liberarsi dalle convenzioni per spingersi oltre i limiti della creatività. Nato da questo desiderio di osare, Dom Pérignon Rosé coglie lo splendore rosso del Pinot Noir nella sua primordiale radiosità e ne cattura l’energia vitale in un assemblaggio audace e deciso, con sorprendente finale, iodato e salino”.
La collaborazione tra l’artista americana e la casa francese, annunciata per la prima volta nell’aprile 2021, si è già espressa attraverso una campagna pubblicitaria e una scultura in edizione limitata disegnata dall’artista americana. Ora in Italia saranno dedicate proprio a Dom Pérignon X Lady Gaga le vetrine degli store Rinascente di Firenze e Torino dal 9 al 22 novembre, di Milano Piazza Duomo dal 16 al 22 novembre e di Roma Via del Tritone dall’11 al 22 novembre.
https://www.ansa.it – 26/10/2021
Il Marsala è un vino inglese
Quando nel 1773 John Woodhouse da Liverpool approda a Marsala, l’impero britannico regna ancora incontrastato sul pianeta dove, associato al dominio militare, ha tessuto una fitta ed efficiente rete commerciale. Il ricco mercante inglese assaggia un vino dolce, ossidativo, che la gente del posto chiama Perpetuo e produce autonomamente, nelle cantine delle case, per consumo personale. Gli piace, fiuta l’affare, capisce che può trasformare quel prodotto in un brand, come già altre sostanze analoghe erano diffuse nell’impero coloniale. Perché il business riesca, però, Woodhouse deve risolvere un problema: “stabilizzare” il vino perché possa essere trasportato per migliaia di miglia, e possa essere consumato nell’arco di un lungo periodo. Lo risolve aumentando la gradazione alcolica. Il business riesce, la bottiglia con la grande etichetta gialla e la scritta in rosso “Woodhouse Marsala”, diventa un prodotto di successo.
Praticamente, il Perpetuo autoctono diventa la base del Marsala che verrà commercializzato dovunque nel mondo, primo fra tutti tra i componenti della Marina di sua Maestà. Il successo di Woodhouse crea una realtà di piccole e medie aziende produttrici siciliane che faranno di Marsala una città industriale, a dispetto di una potenziale vocazione marittima, sebbene permanga una flottiglia di pescherecci in fervente attività. Un tessuto industriale che nei decenni ’60 e ’70, con la perdita di appeal del Marsala, conosce però una grave crisi.
Erano gli anni delle coltivazioni intensive, dell’utilizzo della chimica nell’agricoltura: sistemi per rendere sempre più competitiva la produzione a abbassare i prezzi sul mercato, anche a discapito della qualità.
Da pochi anni, però, guidati da un vignaiolo visionario, Marco De Bartoli, Leggi il resto di questo articolo »
Festa dell’Uva e del Vino di Vo’
Per tre giorni, quindici cantine di Vo’ e degli altri Comuni dei Colli raccontano la storia dei Colli Euganei attraverso le loro migliori produzioni. Il territorio particolarmente vocato alla viticoltura ha dato asilo nel corso della storia a innumerevoli varietà di vitigni. Ognuna ha trovato un habitat particolare che le ha permesso di esprimersi in modi assolutamente originali.
Ma ci sono alcune varietà che rappresentano una trait d’union tra tutti i produttori euganei come ricorda Marco Calaon, il Presidente del Consorzio Vini Colli Euganei, «il Fior d’Arancio in primis, Docg dal 2011 si può degustare nella classica versione spumante, nella versione secca e in quella passita. L’uva moscato giallo con sui si produce il Fior d’Arancio è l’espressione massima della versatilità e della ricchezza dei suoli e dei microclimi euganei. Nel Fior d’Arancio si ritrovano sia le essenze mediterranee dei pendii esposti a sud che la freschezza e l’eleganza regalata dalle colline del nord».
L’anima rossa di queste vulcaniche colline è invece rappresentata dal Merlot e dai Cabernet, che troviamo nella couvee del Colli Euganei Rosso. Intorno al 1870 i Conti Corinaldi nei loro possedimenti di Lispida sono tra i primi in Italia a piantare Merlot e Cabernet per farne vino. I suoli, i climi, i microclimi euganei, l’assolazione, la conformazione stessa dell’areale e il tempo hanno conferito a queste uve caratteristiche rinvenibili solo qui.
A chiudere la passerella degli interpreti del territorio sarà poi presente il Serprino, biotipo della glera, che solo sugli Euganei fa da matrice a una bollicina sapida e minerale espressione ancora una volta di un territorio unico.
L’appuntamento per degustare questi e gli altri vini a doc e docg Colli Euganei è la Festa dell’Uva in programma dal 17 al 19 settembre 2021 in Piazza Liberazione a Vo’.
https://www.padovaoggi.it – 17/09/2021
Vino: da quest’anno si studierà anche a scuola
Il vino diventa materia di studio a scuola. Parte dalle “Donne del Vino” l’innovativo progetto che da quest’anno scolastico porterà il mondo e la tradizione della viticoltura italiana nel piano formativo di alcuni istituti alberghieri e turistici di tre regioni pilota italiane: Sicilia, Piemonte ed Emilia Romagna.
Ieri l’annuncio alla ViniMilo 2021 è stato dato da Roberta Urso, delegata per la Sicilia delle Donne del Vino, associazione nazionale, nata nel 1988, che riunisce un migliaio di tesserate fra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste esperte del settore con l’obiettivo di diffondere la cultura e la conoscenza del vino attraverso la formazione e la valorizzazione della donna nel settore vitivinicolo. In Sicilia il progetto riguarderà gli istituti di Randazzo (Istituto Enrico Medi), Erice (Istituto Ignazio Florio) e Bisacquino (Istituto Di Vincenti).
“Abbiamo scoperto con grande stupore – spiega Roberta Urso – che in Italia negli istituti tecnici per il turismo e negli alberghieri il vino non è materia didattica come in quegli agrari. Una lacuna enorme se consideriamo la crescente richiesta di professionalità da parte delle cantine, dei ristoranti, dei distretti turistici e delle Strade del vino. Per questo abbiamo deciso di formare le nuove generazioni con lezioni dinamiche e non solo frontali che cureranno aspetti come la mescita, la lettura dell’etichetta, il dialogo con produttori ed enoturisti: un racconto reale anche con visite in azienda su come si lavora in vigna e in cantina.
Per i minori ci limiteremo alla parte visiva e olfattiva, mentre i maggiorenni potranno anche accedere alla parte degustativa”. La notizia è stata particolarmente apprezzata dal sindaco di Milo, Alfio Cosentino, che ha sottolineato come “ancora una volta ViniMilo si dimostra una piazza strategica per il confronto, lo sviluppo e la crescita culturale di comunità e territori non solo in Sicilia”.
https://www.ansa.it – 09/09/2021
Fresco di Masi, il vino pensato per i consumatori di domani
Quando le cantine italiane hanno cominciato a far arrivare i propri vini in Cina hanno commesso l’errore di considerare come pubblico di riferimento quello dei cinquantenni e dei sessantenni. Una più attenta analisi di mercato ha permesso di comprendere che non era quello il pubblico interessato alle etichette italiane. In Cina e in generale nel Far East i potenziali acquirenti si trovavano e si trovano tra i 20 e i 30-35 anni. Questo ragionamento comincia a fare presa anche nel mercato interno, le cantine più lungimiranti si rivolgono già alla cosiddetta “Generazione Z”, che raccoglie i giovani nati dal 1997 fino al 2010 e che segue l’ormai mitica generazione dei “Millennials”. E’ pensando alla “Generazione Z”, ma soprattutto ai consumatori di domani, che la cantina veronese Masi Agricola ha creato “Fresco di Masi”. Se non ci fosse stato il Covid, i due vini biologici (bianco e rosso) sarebbero stati presentati nei padiglioni del Vinitaly, in primavera. La presentazione, invece, è stata affidata in primavera a una delle ultime degustazioni online. Formula che di certo non rimpiangiamo ma che ha permesso, soprattutto nel 2020 e poi in parte nel 2021 di tenere il collegamento con le cantine.
L’idea della creazione di due vini biologici non era recente, ma la pandemia ha dato un contributo e velocizzato la realizzazione. Si tratta di due etichette che si ispirano a valori che oggi consideriamo imprescindibili, come l’autenticità, la sostenibilità. Parole che sono diventate un mantra per la Generazione Z. Raffaele Boscaini, responsabile del gruppo tecnico e settima generazione della famiglia alla guida della storica cantina veronese, ha ben riassunto lo spirito con cui questi vini sono nati: “Guardiamo ai consumatori di domani, a cui proponiamo un prodotto sostenibile. E’ una produzione ‘per sottrazione’ che minimizza l’intervento dell’uomo sulla natura, un ritorno alle origini e alla ricerca dell’essenza del vino”. Il prodotto è coerente, dal nome utilizzato, “Fresco”, dal vetro, più chiaro, al packaging. Come ha spiegato Boscaini, sono “vini sinceri, all’insegna della genuinità, semplici come una volta, ma buoni come ci si aspetta oggi”.
Fresco di Masi Rosso Verona igt nasce con uve locali, con un 70 per cento di Corvina. E poi con un 30 per cento di Merlot. Fresco di Masi Bianco Verona igt, invece, parte anche in questo caso da un vitigno locale, la Garganega (60 per cento). Poi Chardonnay e Pinot Grigio, con percentuali diverse a seconda dell’annata.
https://corrieredelveneto.corriere.it – 04/09/2021
La decennale maturazione del Vino Santo Trentino
Nella valle dell’Adige, collegata al Garda da un’antica via romana che percorre interamente la valle dei Laghi, un’area caratterizzata da clima mite, si coltiva la nosiola, un vitigno autoctono da cui si ricava il Vino Santo Trentino DOC , da non confondersi col Vin Santo toscano. La zona di produzione è limitata alle valli a sud di Trento, fino alla sponda nord del Lago di Garda; soltanto il 10% dei vigneti di nosiola della Valle dei Laghi è idoneo per l’appassimento, poco più di 10 ettari in tutto.
Per produrre questa perla enologica si raccolgono grappoli spargoli cioè con pochi acini in alcuni vecchi vigneti posti in appezzamenti specifici che permettono un appassimento lunghissimo. I grappoli ben maturi, dopo essere stati raccolti in vendemmia tardiva, sono stesi su graticci detti “arele” e collocati sulle soffitte. La costante ventilazione è garantita tutto l’anno dalla cosiddetta “ora del Garda”, un caratteristico venticello che soffia dal vicino lago e dal vento delle Dolomiti di Brenta.
L’appassimento si protrae per oltre cinque o sei mesi, fino alla Settimana Santa (da qui il nome che prende il vino), periodo in cui si svolge la pressatura. La muffa nobile (Botrytis cinerea) che si sviluppa all’interno dell’acino ne accentua la disidratazione: l’azione combinata del tempo e del vento, provoca un calo dell’80%, il che significa che da 100 chili di uva nosiola si ottengono tra i 15 ed i 18 litri di mosto di Vino Santo.
Successivamente si avvia la fermentazione in botte piccole di rovere francese Leggi il resto di questo articolo »
La “ombra” di bianco del 1° agosto
Si narra che la regina d’Ungheria lungo il viaggio da Venezia a Padova si ammalò di febbre malarica quando attraversò le campagne alle porte di Treviso, all’epoca paludi e terre non ancora bonificate. Nonostante le cure di alcune monache, la febbre continuò a salire facendo temere per la vita della regina malata. La mattina dell’1 agosto di una data incerta, quando ogni speranza era ormai perduta, la badessa del convento che ospitava l’illustre personaggio decise di rischiare il tutto per tutto e scendendo in cantina spillò una caraffa di mosto di vino bianco fermentato di uva Sant’Anna che fece bere fino all’ultima goccia alla Regina ormai in punto di morte. Sia stato il vino o solo il fato, la febbre sparì.
Da quei giorni, dalla datazione incerta , divenne presto “tradizione” il bere un’ombra di bianco il mattino del primo Agosto, appena desti e prima d’intraprendere le attività giornaliere per scacciare le febbri e i malanni e, cosa affatto rara allora nei campi, i morsi dei serpenti .Siamo nel pieno dell’estate e della canicola ( 24 luglio/26 agosto) ed in attesa delle piogge ristoratrici – pioggia d’agosto rinfresca il bosco, recita il proverbio – la campagna è riarsa, preda d’ogni sorta di ronzanti zanzare, allupate dalle temperature e dal sentore della loro imminente fine, dedite a pungere incessantemente uomini ed animali provocando febbri e dolorose dermatiti . Quel rito taumaturgico, panacea contro il solleone che minava le forze ai contadini impegnati nella mietitura e nella raccolta dei frutti di stagione, si è ripetuto stamane sull’ Ultimo Miglio, lungo l’Ostiglia, dove al vecchio casello di strada dell’Aeroporto, là dove inizia, si son dati appuntamento i residenti della contrada Moncia per augurarsi, calici levati, salute e prosperità.
A mescere i calici di bianco i titolari del Ristoro omonimo aperto poco tempo fa che han ridato nuova vita al vecchio casello rimasto orfano del suo ultimo casellante, Egidio Cecchetto, uno dei 4 moschettieri artefici del restauro del settecentesco capitello dedicato al Santissimo Nome di Maria che sorge lì accanto, meta non solo di devozione ma anche di salutare sosta per i viandanti della “Strada del Respiro”, questo il soprannome della ciclopedonale Ostiglia, immersi nel refrigerio del suo bosco lineare che la cinge da ambo i lati. Un brindisi , quello della contrada Moncia, d’auspicio per tutti affinché abbia a cessare il prima possibile questa pandemia che ci affligge da ormai troppo tempo.
https://www.trevisotoday.it – 01/08/2021