Curiosità

La mystery box di/vi/na che insegna a conoscere (e bere) il vino

È difficile bere bene? Meno di quanto si immagini. Come conoscere il vino è la domanda chiave da farsi quando si deve capire quale bottiglia scegliere/stappare/degustare. E gli abbinamenti? Un altro argomento da conoscere bene.

I gusti non si disputano, ma di wine emergency sono pieni i Whatsapp rivolti a santi bevitori di fiducia, cultori di vini rossi strutturati o amanti di bianchi da bacio sulla fronte, fino ai più complessi ed estremi orange lovers che non si separano mai dai loro non filtrati preferiti. Di fronte a tanta libertà d’azione, scegliere di conoscere il vino e l’universo orbitante comincia dal bere di persona formando il gusto.

Sì, ma come si impara a bere bene senza farsi sopraffare troppo dal momento della selezione? Intanto ci si libera del problema a monte, ovvero i vini da bere assolutamente. Non esiste l’assolutismo. Esiste l’intelligenza del bere bene, e anche questa si può apprendere. Con pratica discreta.

Voilà l’evoluzione dell’abbonamento a domicilio, un servizio di wine subscription per imparare a scegliere il vino correttamente e lanciarsi in assaggi quanto mai arditi. Anche da regalare, ovviamente, a quelle persone che si chiedono sempre come degustare il vino correttamente. Leggi il resto di questo articolo »

Il vino cinese sbarca in Italia e i prezzi non sono bassi

Il tanto temuto momento alla fine è poi arrivato. Dopo anni di importazione del vino europeo, ma anche australiano, statunitense e cileno in Cina, da oggi gli scambi diventano biunivoci e dalla regione di Ningxia sbarcano per la prima volta in Italia, a Monza per la verità, quattro etichette prodotte nelle terre che Marco Polo ha visitato circa 800 anni fa. Per il momento le referenze saranno disponibili in enoteche e ristoranti, preferendo il canale horeca alla grande distribuzione organizzata. Questo perché si tratta di vini di pregio, tutti prodotti dalla Château Changyu, una delle aziende vitivinicole più antiche della Cina, avviata nel 1892 dal diplomatico Zhang Bishi. Sono due rossi e due bianchi, curati dall’enologo austriaco Lenz Maria Moser, la cui collaborazione viene riconosciuta anche nel nome dell’azienda: Château Changyu Moser XV.

I quattro vini sono stati scelti pensando di coinvolgere un pubblico italiano variegato, offrendo prodotti che possano aggredire segmenti differenti. Sono tutti a base di Cabernet Sauvignon e fanno parte delle linee Helan Mountain, Moser family e Purple Air Comes From The Est. La Helan Mountain (Blanc de Noir e rosso, entrambi da uve Cabernet Sauvignon) si rivolge ad un pubblico più giovane, che frequenta i winebar o che al ristorante preferisce bere al calice. Il Moser Family ha un posizionamento medio-alto e può essere una novità, ma anche una curiosità enoteche e ristoranti. L’etichetta più importante è il Purple Air Comes From The Est (prezzo medio 150€), già presente in Europa e premiato da alcune guide di settore, può coinvolgere una clientela più internazionale e quindi essere presente nel settore dell’hotellerie, così come in ristoranti con una clientela di rango che ama soggiornare nel Bel Paese.

Alcuni esperti si chiedono se, nel paese che produce più vino al mondo, questa proposta cinese possa incuriosire o se invece prevarrà la diffidenza per dei vini prodotti in una nazione che di fatto non ha una tradizione vitivinicola, pur avendo grandi possibilità come territorio. Secondo i manager del Gruppo Meregalli, il distributore italiano dei quattro Château Changyu Moser XV, ci saranno entrambe, ma in generale sono ottimisti e pensano che sarà la curiosità alla fine a prevalere nel pubblico italiano. Giusto ragionare in questi termini per un’operazione che risulta essere ambiziosa, dato il momento critico che vive l’import-export ad ogni latitudine. D’altronde, l’obiettivo dell’azienda è quello di proporre al mercato interno i vini migliori provenienti delle diverse regioni di produzione nel mondo. Data questa mission è chiaro che oggi la Cina vada vista anche sotto questo profilo, tenuto conto che ha bisogno di farsi conoscere e di sviluppare le enormi potenzialità che ha.

reportergourmet.com – 07/10/2020

Ecco perché quando cucini non dovresti mai usare il vino scadente

Siamo soliti pensare che in cucina si può usare un vino di bassa qualità. E che invece quando facciamo aperitivo oppure lo pasteggiamo a tavola debba essere un vino eccezionale. Assolutamente no, ecco perché quando cucini non dovresti mai usare il vino scadente. Il vino di alta qualità andrebbe usato sia quando si cucina sia quando si pasteggia a tavola.

Si possono usare sia vini bianchi sia vini rosso. E questo liquido è possibile sfumare oppure marinare i cibi. Il vino serve a creare una piccola cremina nella pietanza. Infatti si usa molto quando di cucina la carne rossa. Questa si sfuma spesso con il vino rosso, in questo modo diventa morbida e assume un sapore ancora più buono.

Stessa cosa si fa con le carne bianca. Con il vino bianco invece si sfumano solitamente le verdure, il pesce o anche delle zuppe. Se poi siete persone molto creative potete passare anche all’utilizzo dello spumante o di liquori. La cosa importante è scegliere il vino. Ecco perché quando cucini non dovresti mai usare il vino scadente.

Spesso quando cuciniamo usiamo un vino di bassa qualità, perché “tanto è per cucinare”. Ecco no, assolutamente no. Il vino anche se è per cucinare deve essere di buona qualità. Quando cucinate e versate il vino per sfumare il vostro piatto, dovete sapere che questo evaporerà. Ma c’è una cosa che invece rimane: il gusto di acido.

L’acidità rimane e si mixa al sapore della vostra carne. Quindi se usate un vino di scarsa qualità, i cattivi aromi o la troppa acidità del vino andranno ad alterare il cibo da voi cucinato.

E magari avevate spesso molti soldi per un arrosto, vi siete impegnati molti per cucinarlo e perché rovinarlo con un vino scadente? Ecco perché quando cucini non dovresti mai usare il vino scadente.

www.proiezionidiborsa.it – 29/09/2020

Vendemmiata la storica vite Versoaln: raccolti 150 kg d’uva

Sono state vendemmiate le uve di questo singolare vitigno ai piedi di Castel Katzenzungen. È stato stimato che l’età della vite sia di oltre 350 anni, e con le sue uve si continua a produrre vino: “Siamo molto orgogliosi della nostra vite Versoaln e lieti di poter vendemmiare ogni anno le uve di questa anziana signora, producendo un vino di qualità”, così Günther Pertoll, responsabile della Cantina Laimburg.

Purtroppo, quest’anno le condizioni meteorologiche sono state caratterizzate da frequenti precipitazioni, per cui la malattia fungina peronospora ha attaccato foglie e uva. Con un raccolto di 150 kg, la produzione registra un calo rispetto allo scorso anno, ma l’uva è in ogni caso di buona qualità”. Una volta raccolte le uve, presso la Cantina Laimburg si passa ora alla produzione del vino bianco Versoaln.

“Il vino Versoaln si presenta alla vista con riflessi verdolini, al naso fruttato, in bocca con una struttura delicata ed una acidità leggermente accentuata”, spiega l’enologo della Cantina Laimburg, Urban Piccolruaz. La produzione del vino Versoaln è ad edizione limitata e funge da rappresentanza del territorio vitivinicolo altoatesino.

Il “Versoaln” è un vitigno antico e autoctono dell’Alto Adige. La vite cresce su un muro del versante settentrionale di Castel Katzenzungen a Prissiano vicino a Tesimo e si ramifica su una pergola per una superficie di ben 350 m².

Nel 2006, i Giardini di Castel Trauttmansdorff hanno assunto il patrocinio della vite Versoaln. L’origine del nome della vite non è del tutto chiara: il nome “Versoaln” potrebbe avere origine dalla parola dialettale “verdolen” (“verde” come il colore degli acini) o anche da una forma di allevamento: le pergole si trovano su pendii ripidi, dove la raccolta veniva fatta assicurandosi a delle corde (dalla parola tedesca “Seil”, che significa ‘’corda, e di conseguenza la trasposizione dialettale in “versoaln”).

Si pensa anche ad un’alterazione della parola “Versailles” in quanto secondo una leggenda, nel 15° secolo l’allora proprietario di Castel Katzenzungen, il Conte Schlandersberg, introdusse il vitigno proprio da lì.

www.altoadigeinnovazione.it – 28/09/2020

Lidl mette in concorso un suo vino e vince il primo premio assoluto di categoria

“Siamo contenti del premio, ma anche un po’ imbarazzati”. A trent’anni suonati dalla fondazione di Garamvári Szőlőbirtok, il direttore commerciale Gáspár Miklós pensava d’averle viste tutte, o quasi. Ci ha pensato Lidl a scompigliare le carte in tavola, inviando al più importante concorso enologico dell’Ungheria un’etichetta a marchio privato (private label) prodotta proprio da Garamvári, in esclusiva per l’insegna tedesca.

Così, il Méthode traditionnelle Extra Dry “Pannon Imperial“, degustato alla cieca da decine di giudici internazionali alla 21esima edizione della VinAgora International Wine Competition, si è aggiudicato il primo premio assoluto nella categoria “Spumanti”.

La notizia fa parlare da giorni in Ungheria ed è destinata a lasciare un segno indelebile nella storia del concorso. Oggi, proprio all’interno della sontuosa “residenza” di Budapest dove ha sede Garamvári, si terrà la festa per il prestigioso riconoscimento e per gli altri premi “minori” assegnati dai giudici di VinAgora.

In particolare, “Pannon Imperial” è uno spumante Metodo classico base Chardonnay, che affina sui lieviti per 36 mesi. Sulla retro etichetta, il nome della cantina produttrice si cela dietro alla sigla H-0098.

Un modo per non mostrare il brand Garamvári, intenzionato ad alzare la propria quota Horeca, al cospetto di un 80-85%  di quota nel retail. Covid-19 prima e Lidl poi devono aver cambiato i piani.

“Ci rendiamo conto che va bene così, con tanti ristoranti che hanno chiuso e i supermercati che, invece, hanno garantito la costanza delle vendite anche durante il lockdown”, commenta Gáspár Miklós a WineMag.it. Tutto è bene, quel che finisce quasi bene.

www.winemag.it – 15/09/20200

Vini: Mondiale dei Vini Estremi, 240 premiati 121 italiani

Venti Gran Medaglie d’oro e 220 ori oltre ai premi speciali, selezionati tra 785 vini di cui 425 italiani e 360 esteri, provenienti da 297 aziende vitivinicole, di cui 169 italiane e 128 estere. E’ il bilancio della 28esima edizione del Mondial des Vins extremes, il concorso internazionale dedicato ai ‘vini eroici’ organizzato dal Cervim che si è tenuto in Valle d’Aosta. Si tratta della seconda edizione più partecipata di sempre nonostante un’annata fortemente caratterizzata dall’emergenza sanitaria da Covid-19.

Il concorso è dedicato ai vini prodotti da uve di vigneti che presentino almeno una difficoltà strutturale permanente tra altitudine, pendenze, sistemi viticoli su terrazze o gradoni e viticolture delle piccole isole.

“I risultati hanno confermato un’alta qualità delle produzione eroiche italiane e del resto del mondo, è emersa un’eccellenza media sempre più spiccata e grandi diversità di vitigni che si traducono nel bicchiere in vini dai sapori unici”, commenta Stefano Celi, presidente del Cervim, che organizza il concorso.

Per l’Italia ci sono tre Gran medaglie d’oro e 118 medaglie d’oro.
Alla Valle d’Aosta vanno una Gran medaglia d’oro e 26 medaglie d’oro; una Gran medaglia d’oro alla Toscana, che conquista anche quattro medaglie d’oro; al Molise una Gran medaglia d’oro. Quindici medaglie d’oro per la Lombardia; 11 per la Liguria; dieci per l’Alto Adige, il Trentino e la Sicilia; nove per la Campania e per il Veneto; cinque per il Piemonte e per la Sardegna; tre per il Lazio e una per l’Abruzzo.

Tra le nazioni fa incetta di premi la Spagna con ben sei Gran medaglie d’oro e 46 medaglie d’oro; quindi il Portogallo (tre Gran medaglie d’oro e sei medaglie d’oro), la Francia (due e 11), la Germania (due e 10), la Svizzera (una e 13), Cipro (una e quattro), la Georgia (una e due), l’Argentina (una Gran Medaglia d’oro). Altre medaglie d’oro sono andate alla Macedonia (tre), Slovenia (due), Grecia, Andorra, Slovacchia, Usa e Cina (una). (ANSA).

www.ansa.it – 12/09/2020

Grignolino, “vino antico e contemporaneo il più rosso dei bianchi, il più bianco dei rossi”

Il grande Veronelli lo definiva un vino «anarchico» riferendosi al suo carattere a volte imprevedibile; Dante Garrone, che in quel di Grana, il Grignolino lo conosce bene, ne dà una definizione che, a ben vedere, non lascia spazio a dubbi: «Il più bianco dei vini rossi o il più rossi dei vini bianchi».

Fatto è che questo vino, dal sapore un po’ «ruvido» e dal rosso inconfondibile, esclusivamente monferrino (anche se qualcuno prova a coltivarlo in California) e dalla storia antica è, come pochi altri, profondamente contemporaneo.

«Il Grignolino? Un vino da riscoprire , troppi ne hanno un’idea sbagliata» spiega sicuro Dante Garrone che da poco più di un anno presiede l’«Associazione Produttori Grignolino d’Asti doc e Piemonte doc Grignolino», una ventina di viticoltori da Grana a Mombercelli, da Castagnole Monferrato ad Alfiano Natta, passando ovviamente per Portacomaro e Migliandolo, la «culla» di questo vino (un paio di milioni di bottiglie la produzone).

Di Grignolino le cronache parlavano già nella metà del 1200, presente in un convento del Casalese dove in cantina si trovava vino “bianco, rosso” e appunto anche il grignolino (anche se in alcuni testi veniva chiamato «Barbersino» o «Berbesino»); poi lo si serviva sulle tavole dei Savoia, accanto al Barolo.

La contemporaneità, o modernità, del Grignolino sta nella sua versatilità, o per dirla sempre con le parole di Garrone «il più bianco dei vini rossi etc». «E’ l’unico rosso che si abbina bene al pesce, come dimostriamo ogni anno a Grana quando lo proponiamo con le acciughe fritte – dice il presidente dell’associazione – è un grande vino senza essere un vino grosso, intendo quei vini molto corposi. Per me va bevuto giovane e fresco». Anche se c’è chi sta provando con la versione «Monferace» (dall’antico nome del Monferrato aleramico) un grignolino affinato per almeno 40 mesi di cui 24 in botte di legno.

www.lastampa.it – 06/09/2020

Si apre l’era “spaziale” del vino: in Oltrepò vigne sorvegliate dai satelliti

Terre d’Oltrepò e La Versa aprono l’era “spaziale” del vino. Al via un progetto rivoluzionario finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea e studiato con l’Università di Pavia. L’agronomo Parisi seguirà l’attività.

È al suo avvio un progetto finanziato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) nella quale Terre d’Oltrepò rivestirà un ruolo fondamentale, assieme all’azienda Ticinum Aerospace, una spin-off accademica dell’Università degli Studi di Pavia. L’obiettivo del progetto è l’utilizzo di sensori satellitari e terrestri per alimentare modelli matematici in grado di prevedere alcuni fattori di qualità del vino prodotto dalle vigne monitorate, oltre a segnalare immediatamente eventuali aspetti di criticità per le viti.

L’agronomo Nicola Parisi coordinerà la partecipazione di Terre d’Oltrepò, e fornirà un aiuto prezioso, mettendo a disposizione del progetto la propria conoscenza non solo tecnica ma anche operativa, e suggerendo i migliori approcci per l’integrazione del sistema in modo da massimizzare i benefici per la produzione vitivinicola.

“L’attenzione di Parisi per gli sviluppi tecnologici e la sua passione per l’innovazione – spiega Andrea Giorgi, Presidente di Terre d’Oltrepò e La Versa –  hanno giocato un ruolo fondamentale nel rendere possibile questo progetto, contribuendo a creare una proposta di progetto convincente e fattiva, che l’Agenzia Spaziale Europea ha valutato molto positivamente”.

Entriamo nel dettaglio di questo progetto innovativo, quasi rivoluzionario Leggi il resto di questo articolo »

Dalla Georgia al Festival di Trento. Si parla di vino con Joško Gravner

La Georgia è l’anello di congiunzione tra Joško Gravner e la 68ª edizione del Trento Film Festival, in programma dal 27 agosto al 2 settembre. Il vignaiolo di Oslavia (Go) sarà protagonista dell’incontro Joško Gravner il contadino. Dal Collio alla Georgia e ritorno: riflessioni su vino e territorio, che avrà luogo sabato 29 agosto (ore 11) alla Cantina Martinelli di Mezzocorona (Trento). L’appuntamento è organizzato dal Trento Film Festival con il Consorzio Vignaioli del Trentino, che tornano a collaborare dopo il successo ottenuto dagli eventi Vignaioli di Montagna a Trento e Bologna.

Gravner ripercorrerà in dialogo con Fabio Giavedoni, coordinatore nazionale di Slow Wine, il percorso che lo portò ad abbandonare la viticoltura convenzionale e a disfarsi della tecnologia, per abbracciare la fermentazione con lunga macerazione e l’antico metodo della vinificazione in anfora, proprio della tradizione caucasica.

Dall’esordio negli anni Settanta alla prima importante svolta con la macerazione in grandi tini di legno fino al viaggio, dal Collio goriziano alla Georgia, intrapreso nel 2000 per approfondire l’utilizzo dei qvevri, le grandi anfore in terracotta interrate tipiche della zona dei Kakheti che Gravner aveva iniziato ad usare già nel 1997. Questi i temi al centro dell’incontro che i presenti potranno ascoltare sorseggiando un bicchiere di quella Ribolla vinificata in una delle 47 anfore importate dal paese caucasico e lasciate a dimora nella terra della cantina di Oslavia.

La Georgia sarà il Paese ospite di questa edizione del Trento Film Festival, che ogni anno accoglie una nazione capace di unire patrimonio naturale e una solida produzione cinematografica. La manifestazione porterà in scena 97 pellicole e un ricco programma di appuntamenti collaterali nel pieno rispetto delle disposizioni normative. Sarà un Festival diffuso, con eventi che si svolgeranno in tutto il Trentino e la possibilità di vedere i film selezionati anche online. Tutti gli eventi sono gratuiti e a prenotazione obbligatoria.

www.italiaatavola.net – 20/08/2020

Congressisti americani contro i dazi di Trump su vino e distillati Ue

Più di 160 membri del Congresso Usa hanno scritto al rappresentante per il commercio degli Stati Uniti (USTR) Robert Lighthizer chiedendo di rimuovere i dazi del 25% su vino e alcolici dell’Unione europea imposti da ottobre 2019 a seguito della vertenza commerciale Boeing-Airbus. Secondo i politici americani la norma decisa come rappresaglia per i sussidi dell’Unione europea al produttore di aeromobili Airbus ha un impatto boomerang sull’industria dell’ospitalità, già in forte difficoltà per la pandemia di coronavirus.

La lettera è stata inviata alla vigilia del nuovo “carosello”, cioè la revisione della lista di prodotti sottoposti al dazio maggiorato, che potrebbe essere ulteriormente espansa includendo nuove voci doganali.

“Siamo particolarmente preoccupati che la situazione economica nel nostro paese sia cambiata drasticamente da quando sono stati imposti dazi aggiuntivi nell’ottobre 2019 – si legge nella missiva -. Decine di milioni di americani sono ora senza lavoro e le imprese in tutta l’America sono state colpite. Riteniamo che sia possibile mantenere la massima pressione sull’Ue per rimuovere i sussidi, evitando il più possibile danni ai lavoratori americani, ai consumatori e alle piccole imprese”.

La pandemia ha colpito fortemente il settore dell’ospitalità, bar e ristoranti, costretti a rimanere chiusi o ad operare con posti limitati. I dazi incidono su margini di profitto già ridotti per commercianti, ristoranti, distributori e produttori.

Wine & Spirits Wholesalers of America (WSWA), che rappresenta l’industria del vino, ha apprezzato l’iniziativa dei congressisti. Se gli attuali livelli tariffari persistono, Leggi il resto di questo articolo »