Il vino con la blockchain: etichette a prova di bufala

Dalla botte al calice, passando per la certificazione via blockchain. Quella che può sembrare fantascienza, sta invece diventando realtà. L’applicazione dell’architettura informatica di database distribuiti alla base delle criptovalute più famose, come Bitcoin, Ethereum e Ripple, può aiutare i vignaioli a rendere più sicuro e trasparente i loro prodotti. In altre parole, il fintech al servizio delle cantine vitivinicole. Anche in Piemonte.

Uno dei pionieri è stato Michele Chiarlo, uno dei più celebri produttori di Gavi. Poi sono arrivati i Vigneti Massa, specialista del vitigno Derthona, che sono diventati la prima cantina d’Europa, e la seconda al mondo, ad adottare il sistema di tracciabilità ideato da Guala Closures Nestgate.

Sistema che prevede la possibilità di utilizzare un telefono cellulare dotato di tecnologia Nfc (Near field communication, la stessa usata per i pagamenti contactless) per ottenere informazioni sulla bottiglia in questione.

Come? Solo avvicinando lo smartphone al tappo. Il tutto grazie alla blockchain, che mappa ogni singola bottiglia. È per questo che è inoltre possibile verificare l’autenticità del vino, dato che il tappo è connesso ad una piattaforma, sempre blockchain, che fornisce un codice d’identificazione unico.

Il prossimo passo, secondo l’osservatorio fintech della società di consulenza strategica Ernst & Young, sarà quello dell’adozione di massa della blockchain nel comparto vinicolo. L’obiettivo è ridurre frodi e contraffazioni.

https://www.lastampa.it/ – 15/06/2021

I Commenti sono chiusi