Curiosità
Grignolino Monferrato Casalese Doc diventa anche Metodo Classico
Il nord Italia aggiunge un’altra bollicina Metodo Classico rivendicabile. La domanda di proposta di modifica del Disciplinare di Produzione era stata presentata dal Consorzio di tutela vini Colline del Monferrato Casalese quattro anni fa.
Dal 1 settembre il nord Italia ha un’altra bollicina Metodo Classico rivendicabile.
Dopo Altalanga, Franciacorta, Alto Adige e Trento ora tocca al Grignolino del Monferrato Casalese doc Spumante Rosé, la cui modifica del Disciplinare di Produzione è stata pubblicata lo scorso 12 agosto in Gazzetta Ufficiale dopo che la richiesta era stata presentata dal Consorzio di tutela vini Colline del Monferrato Casalese quattro anni fa con l’intento di far conoscere maggiormente il vino simbolo del territorio e recuperare una produzione che affonda le radici nei secoli.
Da documenti storici risulta infatti che lo spumante prodotto con uve Grignolino risale alla fine dell’Ottocento, con una prima versione attribuibile ai Conti Callori di Vignale Monferrato, poi ripresa dall’enologo Amilcare Gaudio (noto come “Il Re” del Grignolino) – recentemente scomparso – il quale ne fece una piccola sperimentazione etichettata ad hoc riconoscendo le caratteristiche particolari di questo vino e intuendone le potenzialità.
Il prodotto è stato ripreso nel 2010 dagli enologi Mauro Gaudio e Donato Lanati in seguito all’intuizione di Beatrice (nipote di Amilcare) e Gabriella Gaudio di introdurre uno spumante tipicamente monferrino.
Si è visto che si tratta di un vino che va migliorando nel tempo, specialmente verso i 32 mesi, con il colore che assume un tono rosato e un profumo fragrante e complesso.
Il Grignolino sarà esclusivamente a rifermentazione naturale in bottiglia, con permanenza sui lieviti per almeno 18 mesi. Il titolo alcolometrico volumico totale minimo è fissato al 12%, con acidità totale minima di 5,5 g/l.
Le aspettative sono alte: grazie al recente riconoscimento, i produttori attendono un aumento delle richieste, che possano far collocare questo prodotto tra gli spumanti autoctoni.
https://vinonews24.it – 09/09/2024
L’intervista impossibile a Federico Martinotti
Nell’anno del Centenario della scomparsa del grande Federico Martinotti, il Comitato Casale Monferrato Capitale della DOC, in collaborazione con il Comune di Casale Monferrato nell’ambito delle iniziative della Festa del Vino del Monferrato, organizza due importanti eventi, entrambi presso il Salone Marescalchi sugli spalti del castello Paleologo.
Domenica 15 settembre, con inizio alle ore 10.30, viene ospitata l’Associazione Culturale Villaviva di Villanova Monferrato, paese di origine del Martinotti, con Pierluigi Buscaiolo che presenterà il libro “Vita ed Opere di Federico Martinotti” e vedrà anche la partecipazione del Presidente del Consorzio dell’Asti Spumante Stefano Ricagno che parlerà dell’iter del progetto di costituzione di un Istituto Nazionale degli Spumanti Italiani di Qualità Metodo Italiano Martinotti.
Domenica 22 settembre, ancora con inizio alle 10.30, il Comitato Casale Monferrato Capitale della DOC presenterà l’evento “Vitivinicoltura e Resistenza tra passato e futuro” ovvero i risultati dei lavori di riordino, inventariazione, catalogazione e prima digitalizzazione degli Archivi del Centro di Documentazione della DOC di Casale Monferrato: i lavori saranno introdotti dal Sindaco di Casale Monferrato Emanuele Capra e dal Presidente del Comitato Doc Andrea Desana, quindi il Direttore della Fondazione Radici di Alba Marcello Pasquero che ha in modo sostanziale collaborato in coprogettazione per la realizzazione dello specifico bando della Regione Piemonte ed infine i due archivisti Wanda Gallo e Francesco Benatti proietteranno i documenti e le fotografie storicamente più significative presenti nell’archivio. Tra l’altro questo importantissimo lavoro potrà anche rappresentare il primo nucleo documentario del progetto di realizzazione dell’Archivio Nazionale dei Vini DOC italiani che sarà realizzato in collaborazione tra il Centro di Documentazione della DOC “Paolo Desana”, Associazione Nazionale Città del Vino e l’Unione Italiana Vini sede di Milano.
Sempre domenica 22 settembre sarà riproposta in modo spettacolare alle ore 21.00, sugli spalti del castello Paleologo, l’intervista impossibile a Federico Martinotti a cura di Giorgio Milani, Monica Massa e Massimiliano Limonetti.
https://cittadelvino.com – 04/09/2024
Marta Clot la giovane sommelier catalana che vuole rendere più “leggero” il mondo del vino
Marta Clot non è solo una sommelier di grande talento, ma anche un influencer molto acclamata da un pubblico giovane, non per forza appassionato alla materia. Attraverso un approccio disinvolto, e privo di pregiudizi, la trentenne sta abbattendo le barriere del mondo elitario del vino, e s’impegna affinché piccoli produttori locali della Catalogna vengano conosciuti e apprezzati.
Nota per raccontare il mondo del vino in modo disinvolto e senza tanti orpelli, Marta desidera avvicinare e far conoscere, a quante più persone, il nettare degli dei e liberarlo da quell’alone di elitarismo che da sempre lo avvolge. “Sembra che per bere vino sia necessario conoscerlo meticolosamente o fare un corso. Il vino fa paura e dobbiamo porre fine a tutto ciò. Mi piace parlare del vino in generale, con un tono diretto e disinvolto, come se stessi parlando con i miei amici. Penso che sia importante rendere più leggero l’approccio a questo settore. Quante volte si sente dire: “Non me ne intendo di vini”, ma chi conosce a fondo la produzione del formaggio o di altri prodotti?”, racconta a El Pais.
Marta ha iniziato la sua carriera come pasticcera e solo qualche anno più tardi, quando ha sentito la necessità di una svolta, si è iscritta a un corso di degustazione a Barcellona. “Mi è piaciuto molto. Ho visto quel corso come un’opportunità per collegare il vino al mio lavoro di pasticcera per creare abbinamenti”. Leggi il resto di questo articolo »
I quattro marchi di vino più preziosi al mondo sono tutti in mano alla stessa azienda
Un rapporto redatto da Brand Finance, società di consulenza e di valutazione, ha esaminato cinquemila marchi appartenenti al mondo del vino con l’intenzione di classificarli in base al loro valore e alla loro “forza”, mediatica ma anche e soprattutto economica. Il podio (e il gradino immediatamente seguente) è composto da Moët & Chandon, Chandon, Veuve Clicquot e Dom Pérignon – tutti appartenenti al portafoglio di un singolo gruppo. Avete già indovinato quale?
Non era una domanda difficile, a onore del vero. Si tratta di LVMH, la “creatura” di proprietà di un certo Bernard Arnault, da anni in competizione con i Musk, i Bezos e i Zuckerberg di questo mondo per la poltrona di primo Paperon de’ Paperoni del globo terracqueo.
Il vino in numeri: quanto valgono i brand di LVMH?
Moët & Chandon si classifica (ancora una volta) Leggi il resto di questo articolo »
La Scandinavia come il Mediterraneo: ecco come la Svezia adesso scommette tutto sul vino
È il caso di Westervin, l’azienda agricola nata per la coltivazione di lattuga in serra e passata nel 2003 all’uva per la produzione di vino. Un’avventura, come racconta Italia Oggi, nata per caso dall’intuizione di Agne Johansson, che in tempi non sospetti ha messo in piedi nella Svezia Meridionale, vicino a Linköping, un vigneto di uva da tavola biologica. Una cantina innovativa che oggi può vantare 4,5 ettari in serre e oltre 1000 viti in campi aperti nel suolo svedese. E che insieme a Murre Sofrakis - il pioniere del vino svedese che per primo nel 2001, appena due anni dopo il via libera di Bruxelles alla coltivazione commerciale della vite in Svezia, ha piantato mezzo ettaro di viti nel giardino del mercato di suo padre a Klagshamn, alle porte di Malmö – ha dato il là a una generazione di viticoltori che sta cercando di scolpire una nicchia nel mercato nazionale e estero.
In effetti, sono tante le realtà ai confini del Nord Europa e lontane dalle tradizionali regioni vinicole mediterranee che stanno esplorando il potenziale dei vecchi territori artici. Basti pensare al fatto che in Svezia i vigneti sono passati da quattro a 40 in un solo decennio e che attualmente, secondo il gruppo industriale Svenskt Vin, nel Paese si dedicano alla viticoltura un quarto degli ettari coltivati dalla Francia, il primo produttore di vino al mondo. Una cifra per molti non ancora impressionante ma destinata a crescere, grazie anche tra la recente liberalizzazione del monopolio sugli alcolici e lo sviluppo di nuove tecniche e nuove varietà di uva resistenti al freddo. Leggi il resto di questo articolo »
Non bere mai vino al ristorante se noti questo brutto segnale
Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di persone sceglie di pranzare o cenare fuori casa, soprattutto dopo il lungo periodo passato in lockdown a causa della pandemia. Certo, spesso e volentieri si opta per un pasto economico come una classica pizza o un bel pasto di pasta.
A volte però si ha voglia di una portata più chic, accompagnata magari da una preziosa bottiglia di vino, sia da un punto di vista economico che di qualità. Certo, se non siamo degli esperti in materia ci affidiamo al cameriere, che può guidarci nella scelta di un vino di nostro gradimento.
In effetti molti di noi fanno difficoltà a distinguere per esempio un vino di 3 euro da uno di 25 euro, ma è proprio su questo che puntano molti ristoranti, in particolar modo se si è in vacanza e magari non si ha modo di comunicare al meglio con lo staff. Un cameriere però ha recentemente rivelato il trucco per non farsi più abbindolare.
Non c’è alcun dubbio il cameriere ricopre un ruolo molto importante in qualsiasi bar o ristorante in quanto, tra le altre cose, è incaricato di fornirci le prelibatezze sotto forma di bevande e cibo che scegliamo. Perciò il tipo di esperienza che abbiamo durante il pasto dipende anche da quest’ultimo.
Quando si vuole accompagnare il pranzo o la cena con una bottiglia di vino, si dovrebbe innanzitutto chiedere di aprirla davanti in nostra presenza. Inoltre, indipendentemente dal fatto che la bottiglia sia stappata o meno, c’è un dettaglio sull’etichetta che dovrebbe attirare la nostra attenzione. Se è macchiata, significa che il vino non corrisponde a quella determinata bottiglia. Può sembrare strano, ma potrebbe trattarsi di un vino più economico inserito nella medesima bottiglia.
Nulla toglie che potrebbe trattarsi semplicemente di un cameriere maldestro che ha macchiato la bottiglia, anche se trattandosi spesso di un professionista, è una cosa che non accade così spesso come si può pensare. In ogni caso, sarebbe meglio non bere il vino per evitare una spiacevole sorpresa.
https://www.zapster.it – 28/07/2024
Amorim Cork: per il sughero più aerospaziale, meno vino
Il mondo del vino ha fatto la sua scelta inequivocabile in fatto di tappi: vince il sughero e lascia l’effimera parentesi di quelli sintetici e in vetro. Così vuole la tradizione confermando l’intuizione che ebbe, a cavallo tra il 1600 e i 1700, l’abate benedettino Dom Pérignon, creatore dello Champagne, e facendo la fortuna di una famiglia portoghese, Amorim che, dal 1870, realizza tappi in sughero naturale al 100%, diventando il primo produttore al mondo.
Ma intanto si diversifica l’espansione dell’uso del sughero. Sono infinite le possibilità. A partire dall’aerospaziale dove la Nasa ha certificato che è un materiale che fa da protezione termica, può resistere alla fluttuazione di energia e la assorbe senza che ci sia degradazione della materia e può quindi mantenere inalterata la temperatura della capsula della navicella e del componente elettronico.
È una prospettiva di crescita. E il sughero è anche un’alternativa al tek, nella cantieristica, ma anche la produzione nell’edilizia, nei pannelli solari, nella mobilità, nelle calzature. Se il Portogallo è il paese principe per il sughero, l’Italia arriva terza dopo la Spagna, ma con una qualità superiore del prodotto delle piantagioni in Sardegna. I dati economici non lasciano dubbi: 754 milioni di euro di fatturato nel 2023 dopo aver “piazzato” 6,1 miliardi pezzi. Vale a dire il 45% del mercato mondiale nel comparto del vino e il 28% del mercato del sughero nel mondo, spiega il presidente di Amorim Cork, Antonio Amorim. E si guarda oltre al vino, al mondo degli spirits che hanno un mercato superiore a quello del nettare di Bacco.
Dopo aver inglobato otto anni fa la “rivale” francese Bouchons Trescases (nata nel 1876), Amorim Cork ha spedito, nel 1999 Carlos Veloso dos Santos a Conegliano, epicentro del Prosecco, per aprire la sede italiana, che ha fatto, nel 2023, 77 milioni di euro (+2,5%) di fatturato. Il 2024 non è però iniziato sotto i buoni auspici. «C’è un calo del consumo del vino nel mondo – afferma Antonio Amorim -. Sta crescendo sempre di più, specie negli Usa, la richiesta di vino low alcol, soprattutto nella fascia media, e no alcol, e vediamo una concorrenza del vino aromatico. C’è un mercato da conquistare ed è quello dei paesi arabi per il vino no alcol, se si può chiamare così». -
https://nordesteconomia.gelocal.it 22/07/2024
Francesca Moretti ha lavorato alla svolta stilistica dei suoi vini
Uno dei gruppi vitivinicoli più apprezzati al mondo unito in una holding, Terra Moretti, che detiene Bellavista e Contadi Castaldi in Franciacorta, Sella e Mosca in Sardegna e Petra, Teruzzi e Acquagiusta in Toscana. La presidente è Francesca Moretti. Enologa e molto determinata a far crescere i propri marchi non solo in awareness ma anche in equity, si è sempre distinta per la capacità manageriale e intuito. Abile nel circondarsi di professionisti del calibro di Massimo Tuzzi e Richard Geoffroy, sta riscrivendo il futuro dell’enologia (di qualità) nel mondo.
Francesca comprende molti anni fa che il migliore investimento è quello fatto nella terra. Classe ‘74, dopo la maturità scientifica inizia a Bellavista occupandosi dell’aspetto produttivo: in particolare della zonazione di tutti i vigneti aziendali. La terra e i vigneti sempre al primo posto con grande attenzione al tema ambientale che si percepisce ovunque: dalla viticoltura di precisione, alla pacciamatura con sterpaglia per limitare la traspirazione dell’acqua dai suoli, fino alla macchina elettrica per accompagnare gli ospiti dal suo bellissimo resort L’Albereta alle vigne di Bellavista. Un messaggio molto chiaro: le viti si allevano come i bambini, si nutrono e si crescono, perché produrre vino in modo ecosostenibile è non solo un dovere ma anche una grande responsabilità sociale nei confronti delle prossime generazioni.
Dal 2021, anno in cui diventa presidente del gruppo, Francesca decide di dare un segnale significativo e una svolta stilistica netta ai suoi vini, soprattutto a quelli di Bellavista. Leggi il resto di questo articolo »
Irlanda, non solo birra ora punta sul vino
In Irlanda ti aspetti di bere birra, magari un generoso boccale di Guinness. Ma tra qualche anno si potrà tranquillamente brindare anche con un calice di vino autoctono.
I cambiamenti climatici, infatti, stanno rendendo la terra irlandese più adatta alla produzione vitivinicola: agronomi e ricercatori sono impegnati a studiare la situazione e le opportunità che ci possono essere, e qualche imprenditore agricolo ha già iniziato a fare sul serio e a investire sulle viti.
Vicino a Wellingtonbridge, nella contea di Wexford, c’è ad esempio The Old Roots Vineyard: una piccola azienda agricola che ha messo a dimora undicimila viti, le prime sono state piantate nove anni fa. Un azzardo, ma la proprietaria Esperanza Hernandez, che si è trasferita qui da circa venti, ci aveva visto giusto: il riscaldamento globale sta agevolando la produzione vinicola irlandese che oggi vede già coltivati Cabernet, Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco. Il professore di viticoltura Kees Van Leeuwen dell’Università di Bordeaux in Francia vede nuove opportunità per il vino in nord Europa, Irlanda inclusa.
«Il clima sta diventando più caldo e i vitivinicoltori riescono a far maturare l’uva», ha spiegato all’Agenzia France Presse, «Parallelamente la produzione di uva da vino è una sfida per i Paesi più caldi del bacino del Mediterraneo, dove le temperature diventano troppo elevate in alcuni mesi e altri fattori limitanti, come la scarsità d’acqua, si manifestano».
The Old Roots Vineyard fornisce il suo vino a numerosi hotel in tutto il Paese. Il percorso per arrivare alla produzione di vino è stato lungo: alla signora Hernandez e alla sua famiglia è servito un decennio per capire come e dove coltivare le viti. «Ora c’è una temperatura migliore rispetto a quando abbiamo iniziato e questo consente all’Irlanda e al Regno Unito di avere un vino migliore», ha osservato l’imprenditrice, «Nel 2014 abbiamo individuato Wexford e questo terreno esposto a sud-ovest, vicino al mare ma senza venti molto forti e con una composizione corretta. Qui abbiamo realizzato il nostro vigneto: se le temperature sono più favorevoli, il meteo è sempre più imprevedibile: piove molto, ma non a maggio e giugno quando servirebbe. È un’altra sfida che dobbiamo affrontare».
https://www.italiaoggi.it – 27/06/2024
Scoperto il vino più antico del mondo: è bianco e ha oltre 2mila anni
Scoperto in Spagna il vino più antico del mondo: è un vino bianco di oltre 2.000 anni, di origine andalusa. Hispana, Senicio e altri quattro ‘abitanti’ (due uomini e due donne, i cui nomi sono sconosciuti) di una tomba romana nella cittadina spagnola Carmona, scoperta nel 2019, probabilmente non avrebbero mai immaginato che quello che per loro era un rito funerario sarebbe diventato importante tanti anni dopo, per una ragione completamente diversa.
Come parte di quel rituale, i resti scheletrici di uno degli uomini venivano immersi in un liquido all’interno di un’urna funeraria di vetro. Questo liquido, che col tempo ha acquisito una tonalità rossastra, è stato conservato e un team del Dipartimento di Chimica organica dell’Università di Cordoba, guidato da José Rafael Ruiz Arrebola, in collaborazione con la Città di Carmona, lo ha identificato come il vino più antico mai scoperto, superando così la bottiglia di vino Spira scoperta nel 1867 e datata al IV secolo d.C., conservata nell’Historische Museum der Pfalz in Germania.
“All’inizio siamo rimasti molto sorpresi che in una delle urne funerarie fosse conservato del liquido“, spiega Juan Manuel Román, archeologo municipale della città di Carmona. Ma le condizioni di conservazione della tomba erano straordinarie e hanno permesso al vino di mantenere il suo stato naturale, escludendo altre cause come allagamenti, perdite all’interno della camera, o processi di condensazione.
La sfida era dissipare ogni sospetto e confermare che il liquido fosse davvero vino. Leggi il resto di questo articolo »