Vigneti eroici a un passo dal cielo

Vini d’altitudine. Se ne sente parlare molto negli ultimi anni. In tempi di riscaldamento globale, non c’è produttore che non evidenzi i metri sul livello del mare dei suoi vigneti, al primo accenno di collina, è un modo di fare ampiamente diffuso. Una sottolineatura spesso anche abusata, come se altitudine fosse automaticamente garanzia di qualità.

Il discorso cambia però radicalmente di fronte alla Cave Mont Blanc, cantina cooperativa ai piedi del Monte Bianco, il massiccio più alto d’Europa, produttrice di quel Blanc de Morgex et de La Salle, sottozona della Doc Valle d’Aosta, che è la denominazione più alta d’Europa. Un vino ottenuto da Prié Blanc, vitigno autoctono coltivato pressoché esclusivamente nei comuni di Morgex e La Salle, nei 18 ettari della cantina che conta una settantina di soci, a un’altitudine compresa fra i 900 e i 1.250 metri. Ecco allora che i concetti di vino di montagna e di legame col territorio assumono caratteri autentici, non dettati da ragioni di marketing o mode passeggere.

“Il Prié Blanc è un vitigno pre-fillossera, franco di piede – spiega Nicolas Bovard, presidente di Cave Mont Blanc (nella foto in alto il suo staff) – ha un’ottima acidità che lo rende particolarmente adatto alla spumantizzazione e lo caratterizza nella versione ferma.

Un vino tutto unico nel suo genere, che lavoriamo nello stesso periodo per entrambe le versioni, a differenza di Chardonnay e Pinot Nero che per le basi spumanti vengono vendemmiati in anticipo”. Le 140mila bottiglie che escono ogni anno da Morgex sono tutte di Prié Blanc: una mono-cantina, più che un monovitigno. Ben 12 le versioni offerte, quattro ferme e otto spumantizzate, più il Chaudelune, uno dei rarissimi ice wine (vin del glace, per dirla alla valdostana) prodotto in Italia. “Una bella sfida al giorno d’oggi, vista l’instabilità delle temperature rigide e l’impossibilità di programmare la vendemmia. Ormai bisogna decidere da un giorno all’altro, ma finora siamo sempre riusciti a farlo ogni anno, almeno duemila bottiglie”.

Dodici, dunque, i vini nella gamma aziendale, che tuttavia andrà presto incontro a una scrematura. “Dopo quasi quarant’anni passati a sviluppare tutte le potenzialità di questo vitigno – racconta Bovard – abbiamo raggiunto un livello di maturità e competenza che ci spingerà a concentrarci sulle tipologie che qualitativamente rendono di più”. Le versioni ferme si aprono con l’eponimo Cave Mont Blanc, affinato in acciaio, e si evolvono nel La Piagne, selezione da un cru del 1856 che invecchia in barrique. “Vini bianchi particolari – insiste il presidente della cantina cooperativa (nella foto in basso i soci) – interessanti da abbinare ai primi piatti, ma anche a formaggi grassi e pesci d’acqua dolce. Su una trota di montagna, ad esempio, risultano perfetti”. Il capitolo più corposo e interessante è però quello delle spumantizzazioni, che vanta ben sei metodo classico. Si parte dal Blanc du Blanc brut con 18 mesi di affinamento, per salire all’1187, extra brut con 24 mesi di affinamento. Extra brut con 24 mesi di invecchiamento è anche l’X.T., ma si tratta di un prodotto più ricercato, frutto di uve provenienti esclusivamente da oltre mille metri di altitudine. Due anche i pas dosé, il Glacier e la Cuvée du Prince, il primo con affinamento di 20 mesi e il secondo di 48.

Merita infine un discorso a parte la Cuvée de Guides, rinomata pas dosé con 72 mesi di affinamento nata in collaborazione con le guide alpine di Courmayeur. “Viene lavorata alla Skyway Monte Bianco, a quasi 3.500 metri d’altitudine, per sperimentare i benefici della spumantizzazione in quota dove ci sono temperature e pressione atmosferica differenti. Effettivamente, si ottiene una bollicina molto più fine e persistente, di grande eleganza”.

https://www.quotidiano.net – 09/01/2022

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