Seicento anni fa Spezia era capitale del Levante ed era vietato annacquare il vino

Una storia lunga seicento anni e tutta da scoprire. Chi erano gli spezzini? Di cosa vivevano? Qual era il tessuto sociale della Spezia medievale? Tutte domande alle quali lo storico Diego Del Prato sta rispondendo grazie allo studio degli statuti del Quattrocento dai quali, non troppo tempo fa e per la gioia di molti, è emerso che la Spezia non è una “trovata” ottocentesca ma un insediamento e riconosciuta come città nel 1407 quando ancora Colombo era ancora lontano dall’intraprendere quel viaggio che segnò la fine del Medioevo e la scoperta delle Americhe.

Spezia era una città con un commercio florido, soprattutto di carni e la vicinanza al mare permetteva continui scambi e incroci di culture. Ma entrando nel dettaglio non mancano le curiosità, ad esempio c’era il divieto assoluto nelle osterie di annacquare il vino e per i bestemmiatori era prevista la gogna, inoltre chi finiva in carcere, a meno che non fosse un sindaco o un magistrato, doveva pagarsi l’affitto della cella.
E’ certo dunque che dallo studio degli Statuti emergono molte curiosità.

Per conoscere questa affascinante storia la Spezia a partire proprio dal 26 ottobre, giorno in cui gli Statuti compiono 609 anni, alle 17 con l’inaugurazione presso il Museo diocesano e etnografico dell’esposizione degli Statuti del 1407 conservati nell’Archivio Storico Comunale presso la Biblioteca Civica Mazzini. La mostra resterà aperta fino a domenica.

A seguire, alle 17.30, sarà Diego Del Prato a presentare il suo lavoro di studio su questi documenti che verrà raccolto in una prossima pubblicazione. Le iniziative proseguiranno fino al 30 ottobre.

Cresce dunque la curiosità per queste quattro giornate e lo storico Diego Del Prato, in un’intervista rilasciata a CDS, racconta alcune particolarità della Spezia di seicento anni fa.

La città è molto più vecchia di quello che si pensava. Come era strutturata? Dove si svolgevano i mercati? Quali erano le zone di aggregazione?

“Possiamo di certo dire che La Spezia non è città ottocentesca, basti pensare alla costruzione del castello di San Giorgio che risale alla fine del 200, al fatto che nella metà del 300 Spezia diventa podesteria e che, appunto, nel 1407 vengono concessi gli Statuti.

Il problema è che, a causa della costruzione dell’arsenale ottocentesco e dei bombardamenti subiti dalla città nella seconda guerra mondiale, ben poco è rimasto della città medievale, e quindi ancora oggi, purtroppo, sono molti i nostri concittadini che credono che Spezia abbia poca storia.

Il centro, il foro della Spezia medievale era l’odierna piazza Beverini e le principali attività economiche si svolgevano soprattutto nell’odierno corso Cavour, la loggia dei banchi era il centro del mercato.

Poi la città si estendeva fino a piazza del Bastione a est e Viale Amendola a ovest, anche l’odierna Piazza Cesare Battisti doveva essere un luogo di mercato. Dagli Statuti emerge anche una notevole presenza di taverne che sicuramente rappresentavano i principali punti di aggregazione”.

All’interno dei mercati dell’epoca, cosa si poteva trovare?

“Dalla lettura degli Statuti, nei quali vengono regolati i prezzi dei prodotti e i dazi, emerge un florido commercio soprattutto di carni di maiale, agnello, capretto ma anche ariete, castrato e pesce. Non mancavano prodotti artigianali in legno e abiti.
Oltre ovviamente al commercio di farina, pane, frumento era molto florido il commercio del sale (che esportavamo fino in Sicilia), del pellame e della seta”.

Qual era la difficoltà ricorrente per lo spezzino dell’epoca? Qual era il tessuto sociale?

“Nel 400 a Spezia, come nel resto d’Italia, si assiste ad un quadro di relativa mobilità sociale: oltre ai nobili e ai contadini emergono nuovi ceti come i mercanti e gli artigiani.

Direi che dagli Statuti e da altri documenti dell’epoca emerge una città economicamente florida, basata soprattutto sull’agricoltura, attività agevolata dalla presenza di molti canali d’acqua, sull’allevamento del bestiame e su un rigoglioso commercio. Ricordiamo che un po’ per tutta l’Italia il Quattrocento fu un secolo di prosperità.

Quindi credo si possa affermare che gli spezzini del Quattrocento non avevano eccessivi problemi economici, anche se la tassazione dell’epoca era assai pesante. Data poi la sua posizione militarmente strategica Spezia era anche ben protetta dalle scorrerie dei pirati, anzi il famoso pirata Giuliano Gattilusio fece di Spezia il suo porto sicuro.
I problemi potevano arrivare dalle ricorrenti guerre che imperversavano tra Genova e gli altri stati italiani, con il pericolo di subire saccheggi dalle temibilissime truppe mercenarie dell’epoca come successe, ad esempio, nel 1436 con il capitano di ventura Niccolò Piccinino che però per fortuna degli spezzini preferì occupare Sarzana”.

Spezia si è sempre chiamata così? Qual è stato il lasciapassare per farla riconoscere da Genova come una città “indipendente”?

“La storia del nome Spezia è ancora tutta da scoprire, sicuramente nel Quattrocento si usavano indifferentemente i nomi Speza e Spedia, sappiamo però che già nel Duecento si nomina un “golfo de specia”.

Il riconoscimento della comunità spezzina che culmina appunto nel 1407 è il frutto proprio di quel progresso economico cui si accennava, e anche del fatto che Spezia era militarmente strategica essendo al confine con Firenze, è comunque utile ribadire che Genova concede sì gli Statuti, ma in quel momento a governare Genova è il Re di Francia tramite il suo maresciallo Boucicault.

Anche nella metà del Quattrocento quando Spezia diventerà addirittura capitale del Levante ligure sarà nominata tale da Francesco Sforza duca di Milano e momentaneamente signore di Genova”.

Stranezze dell’epoca. Le leggi “folli” degli Statuti

“Potremmo citare il divieto imposto agli osti di annacquare il vino usanza che, se citata espressamente negli Statuti, doveva essere ricorrente nelle nostre taverne. Oppure ricordare la presenza a Spezia della tanto citata barattaria, casa da gioco ma anche casa chiusa.

Ma forse una cosa tra le più strane è che nel caso in cui uno spezzino denunciasse alle autorità un bestemmiatore,reato che costava una multa di tre lire genovesi e due settimane di gogna, aveva diritto a un terzo della multa comminata e non doveva esporsi pubblicamente. Cosa che, a mio parere, dovette incoraggiare non poco la delazione.

Un’ultima curiosità: quando uno spezzino finiva in galera doveva pagarsi l’affitto della cella esclusi i sindaci, i consiglieri e i magistrati, in quel caso pagava la comunità, con il risultato che se il detenuto non poteva pagare la pena poteva allungarsi a dismisura”.

www.cittadellaspezia.com – 23/10/2106

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