Quattro slogan per convincere gli inglesi a comprare vini piemontesi

Cosa devono aspettarsi, da Brexit, gli esportatori piemontesi? In particolare, chi produce e vende vino nel mondo? Una risposta precisa è impossibile, e lo sarà per qualche tempo. Il motivo è semplice. L’unica cosa certa è che il Regno Unito uscirà dall’Unione Europa il 31 gennaio 2020. La maggioranza che Boris Johnson ha conquistato il 12 dicembre scorso (80 seggi) gli consente, infatti, di far approvare dalla Camera dei Comuni l’accordo negoziato a Bruxelles.

In sostanza, di fare quello che non era riuscito a Theresa May. A questo punto, le certezze finiscono. Dovrà essere negoziata una serie di nuovi accordi per regolare i rapporti tra UK e UE. Rapporti commerciali, doganali, finanziari, universitari, sui trasporti e la sicurezza, sull’agricoltura e la pesca, eccetera. C’è tempo solo fino al 31 dicembre: l’impresa pare impossibile (a meno di ricorrere a un gigantesco copia-e-incolla degli accordi esistenti). Il trattato con il Canada – invocato da Boris Johnson come modello – ha preso diversi anni.

Certo, si potrebbe estendere il periodo di transizione, durante il quale tra Uk e Ue le cose resteranno immutate: ma bisogna farlo entro l’estate. Il nuovo governo britannico, però, non ne vuole sapere: la Camera dei Comuni s’appresta a votare una norma di legge che renderà il rinvio impossibile. Get Brexit done!, chiudiamo con Brexit! Boris J. vuole mostrarsi di parola. Ma l’uomo è un prestigiatore politico: far scomparire una promessa, e sostituirla con un’altra, è nel suo repertorio. Quali certezze, allora, per gli esportatori piemontesi? La prima può sembrare banale, ed è invece fondamentale. Barolo, Barbaresco, Nebbiolo e le altre eccellenze della regione — seconda solo al Veneto, come export enologico — avranno sempre estimatori, soprattutto a Londra.

Seconda certezza: il periodo transitorio (uno, due, tre anni?) sarà ottimo per le esportazioni. Enoteche, ristoranti e privati britannici vorranno infatti creare un po’ di scorte. E il vino rosso, a differenza di altri prodotti agroalimentari, si presta alla conservazione. Certo: a regime, il vino italiano costerà di più al consumatore britannico. Per via dei probabili dazi e a causa della sterlina presumibilmente più debole. Tutto questo potrebbe raffreddare l’entusiasmo degli importatori Uk. Ma qualcosa si può fare, fin da subito: una campagna di comunicazione efficace, come quella che i produttori italiani, insieme all’Istituto Commercio Estero (Ice), hanno lanciato nel mercato cinese. E, magari, tirar fuori uno slogan capace di sdrammatizzare la situazione, e sorprendere i consumatori britannici.

Per gioco, ho provato a immaginarne quattro. Se vi piacciono, cari produttori piemontesi, sono vostri: è il regalo di Natale da parte di Corriere Torino!
«There is food for thought and there is wine for wisdom. Try Barbaresco».
«Surely you don’t bar your door against a king. Open the gates to Barolo».
«Don’t bottle up your Brexit worries. Have a drink from Piedmont».
«Learn from the Italians: no one else is so skillful at turning a crisis into a party. Alla salute!».

https://torino.corriere.it/ – 19/12/2019

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