Barbera del Sannio, il vino che vuole cambiare nome
Viene confuso con il collega piemontese. Allora, ecco l’idea di una nuova denominazione.
Shakespeare aveva torto: il nome è importante, almeno quando si parla di vino.
Nato nel Sud Italia, il Barbera del Sannio è un vino di qualità, che trova difficoltà ad affermarsi, specialmente nei mercati esteri.
Allora, per cercare soluzioni, la recente “Natale divino” di Castelvenere ha visto riuniti l’Amministrazione locale, l’associazione Cantine al Borgo e la Pro Loco.
Responso della conferenza, il problema sta nel nome: all’estero, il termine “Barbera” viene associato al vino piemontese; chi lo condivide, viene considerato al meglio un parente povero.
Chiarisce Angelo Pizzo, enologo: “Sul mercato nazionale ed internazionale la denominazione Barbera penalizza il vino sannita relegandolo ad un ruolo di copia del primogenito piemontese e falsandone dunque il giudizio dei degustatori”.
Ancora più deciso il sindaco Alessandro di Santo: “E’ come se nel Sannio si producesse un ottimo formaggio dal nome ‘Parmigiano’, per cui le difficoltà di commercializzazione sarebbero notevoli”.
Tra i possibili rimedi, ecco la proposta del Consorzio “Tutela Samnium”: cambiare nome, scegliendone un secondo nome, sfruttando le norme ministeriali.
Prosecco, business sposa tutela ambiente e paesaggio
Sabato congresso su ‘tutela vino Conegliano Valdobbiadene’
PIEVE DI SOLIGO (TREVISO) – Viticoltura non soltanto strumento di business ed elemento di riconoscimento culturale ma anche leva di tutela ambientale e di conservazione del paesaggio. Sarà uno dei temi al centro del congresso “Tutela del vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco” in programma il 15 dicembre, a Pieve di Soligo.
L’incontro sarà l’occasione per il Consorzio di tutela del Vino Conegliano Valdobbiadene per presentare il rapporto annuale sulla produzione qualitativa e quantitativa del 2012, in collaborazione con l’Università degli studi di Padova. Saranno illustrati anche alcuni progetti sperimentali realizzati in vigneto con l’obiettivo di ridurre ulteriormente l’impatto ambientale di coltivazioni e strutture di produzione e l’impiego di fitofarmaci.
Quanto questo argomento sia percepito dagli imprenditori vitivinicoli del territorio è l’oggetto di una ricerca di cui parlerà Vasco Boatto, responsabile del Centro studi. Uno sguardo su come il tema sia affrontato all’estero sarà dato dall’intervento di due ospiti: Dominique Moncomble, direttore dei servizi tecnici del Comitato interprofessionale vini di Champagne (Civic), ed Eugenio Pomarici dell’università di Napoli. Il primo spiegherà i modi scelti dall’area di produzione francese per rispondere all’esigenza di rendere la viticoltura più in armonia con l’ambiente, il secondo si soffermerà su alcune esperienze di eccellenza rilevate all’estero su questa materia.
Rispetto ai casi italiani, invece, è attesa la relazione di Francesco Iacono, responsabile della rete di aziende ”Arcipelago Muratori”. Al centro del confronto, oltre ad un’analisi sulle dinamiche di mercato del comparto, vi saranno poi temi che spaziano dalla conservazione paesaggistiche e dell’architettura locale, dall’utilizzo di energie rinnovabili al riciclo dei materiali.
Marsala sarà Città europea del vino 2013
Il riconoscimento in Spagna, superate le concorrenti Barbaresco e Valdobbiadene
Città europea del vino 2013. Regalo di Natale anticipato e di prestigio per Marsala che, qualche giorno fa, in Spagna, ha ricevuto il riconoscimento dai vertici di “Recevin”, la Rete europea delle Città del Vino.
La candidatura e il progetto della città siciliana hanno prevalso su quelli di altre due concorrenti italiane, Barbaresco, che rappresentava le Langhe, e Valdobbiadene, famosa per la produzione del Prosecco superiore Docg. Diversi i fattori che hanno spinto Marsala, prima Doc italiana, all’attribuzione di questo che va considerato come un premio al lavoro di una vita del settore vitivinicolo trapanese: tutela del paesaggio rurale, garanzia delle produzioni tipiche, impiego di nuove tecnologie a supporto del settore e per la produzione del vino. Un territorio speciale per il suo clima, che esprime cinquantacinque aziende e produce oltre cinquanta milioni di litri di vino.
La macchina organizzativa a Marsala si è già messa in moto con un comitato formato da istituzioni, Comune in prima fila, imprenditori e associazioni per portare avanti un progetto, che ha come partner P&G ed Euresgroup e che farà della città, per l’intero 2013, la capitale del vino e della cultura legata alla vite. Già previsti numerosi eventi istituzionali come la serata di gala della proclamazione, a febbraio, lo stage dei giovani viticoltori e l’assemblea generale della Recevin, ma pure concerti, concorsi e mostre di pittura, scultura e fotografia. Spazio anche a enoturismo ed enogastronomia nella “settimana garibaldina”, con le cantine marsalasi che organizzeranno degustazioni e aperitivi in estate e a Natale 2013. Fra gli eventi in cantiere, “Siciliamo”, organizzato dalla Camera di commercio di Trapani, una fiera internazionale, che vedrà il coinvolgimento di tutti i produttori di vini dolci naturali ed appassiti di tutta Europa, la “Festa della Vite e della Vendemmia”, con i bambini delle scuole e l’organizzazione del primo Forum delle competenze del settore vitivinicolo, una sorta di “Stati generali del vino” con dibattiti, tavole rotonde, riflessioni tecniche, scientifiche ed economiche del settore non solo a livello internazionale.
Il Riesling valdagnese
Nelle famiglie dei contadini di un tempo era chiamato “el rìsli”. Veniva bistrattato e utilizzato come vino da pasto, con uve vinificate solo per uso domestico: spesso accompagnava un piatto di minestra al rientro dal lavoro nei campi. Invece le uve ritenute di maggior pregio e che garantivano un solido sostentamento economico per la famiglia, finivano dritte in cantina sociale. Di generazione in generazione, però, le abitudini sono cambiate; come pure sono mutate le condizioni economiche. Oggi il riesling, vitigno principe per territori come Germania e Austria, ha cambiato essenza: è diventato un vino di passione che, nel caso della Tenuta Dalle Ore di Trissino, ha garantito addirittura l’ingresso nei primi dieci produttori italiani di questa tipologia. In più, con il vanto di essere l’unico vino veneto ammesso in finale. In barba alla più blasonata tradizione teutonica i fratelli Marco, Vittorio e Luciano Margoni Dalle Ore hanno sbaragliato la concorrenza dei rivali nazionali (friulani soprattutto) nonché europei per quanto riguarda la qualità, salendo sul podio al concorso organizzato a Naturno, in provincia di Bolzano, dall’Associazione nazionale riesling d’Italia. Leggi il resto di questo articolo »
Il vino sommerso riemerge dal Paguro
Stappate le prime 100 bottiglie lasciate a maturare tra i resti della piattaforma esplosa 57 anni fa.

RAVENNA – Sono rimaste a maturare per oltre sei mesi nelle profondità dell’Adriatico, nascoste nella ‘pancia’ arrugginita del relitto del Paguro. Ora sono pronte per essere stappate, degustate e messe in commercio, come inedito esperimento di vino sommerso. Con le prime bottiglie ripescate al largo di Porto Corsini, nasce così ufficialmente la Tenuta del Paguro.Si tratta di un’insolita cantina, pensata dai due ravennati Raffaele Ravaglia e Gianluca Grilli proprio all’interno della piattaforma per l’estrazione di idrocarburi sprofondata nel 1965, divenuta un reef artificiale tra i più amati dai sub, e dal 2010 sito di interesse comunitario.
Sul finire della primavera scorsa i due soci avevano posizionato – con l’aiuto dei sub dell’associazione Paguro – oltre 200 bottiglie di vino a una profondità tra i 18 e i 27 metri, per sperimentare l’invecchiamento di quattro diverse qualità romagnole in condizioni ambientali non garantite da nessun’altra cantina convenzionale. Assenza di raggi Uv, temperatura costante tra i 10 e i 13 gradi e continuo flusso d’acqua: fattori permessi nel cosiddetto ‘termoclino’, volgarmente chiamato ‘taglio dell’acqua’, cioè una linea immaginaria che separa l’acqua di superficie da quella di profondità. Le bottiglie sono state qui, nascoste e racchiuse all’interno di quattro cesti di maglia metallica zincata. Hanno atteso fino agli ultimi di ottobre, quando due dei contenitori sono stati issati a bordo della Mephisto per il primo brindisi. Leggi il resto di questo articolo »
La nuova Strada del Vino e dei Sapori del Trentino
Al via il progetto di razionalizzazione della promozione enogastronomica trentina: dalla “fusione” delle strade di Vallagarina, Lago di Garda e Dolomiti di Brenta, Colline avisiane Faedo e Valle di Cembra, Piana Rotaliana, Trento e Valsugana, nasce un’unica realtà che copre il 70% della superficie provinciale.
Cambia la geografia delle Strade del Vino e dei Sapori del Trentino. Le cinque attuali si fondono, dal primo gennaio, dando vita ad una nuova realtà. Un progetto di riassetto della governance voluto dagli attori del territorio e sostenuto con convinzione dall’assessore provinciale al turismo Tiziano Mellarini e dai vertici di Trentino Marketing, che punta a “fare rete” ed ottimizzare la promozione, razionalizzando i costi e coordinando maggiormente le azioni di comunicazione.
Il nuovo soggetto, denominato Strada del Vino e dei Sapori del Trentino, è stato presentato questa mattina presso Trentino Marketing e nasce dalla “fusione” delle precedenti strade di Vallagarina, Lago di Garda e Dolomiti di Brenta, Colline avisiane Faedo e Valle di Cembra, Piana Rotaliana, Trento e Valsugana. Un territorio molto vasto, di oltre 3.600 kmq, che racchiude al proprio interno circa il 70% della superficie provinciale, qualificandosi così come uno dei soggetti di promozione enogastronomica più vasto a livello italiano, anticipando tra l’altro, una scelta di riassetto organizzativo con cui molte realtà dovranno confrontarsi nei prossimi anni per superare il frazionamento attuale. Un dato su tutti: mentre in Spagna e in Francia vi sono non più di una ventina di Strade dei sapori, in tutta Italia se ne contano oltre 150. Leggi il resto di questo articolo »
Pechino brinda con vino italiano
Il vino nostrano segna il passo in Italia e corre all’estero. Anzi di più: sono le imprese che riescono ad esportare quelle che crescono con più facilità, mentre le altre arrancano. È la conferma – se ve ne fosse ancora bisogno – che anche nell’agroalimentare si riproduce quanto accade nel resto dell’economia: per sopravvivere occorre guardare oltre al mercato interno, reso asfittico da una congiuntura ancora sfavorevole.
L’approfondimento è stato svolto da una ricerca condotta dall’Ismea con l’Area Research di BMps. L’Italia del vino produce il doppio della domanda interna e il consumo pro capite cala di un litro l’anno (oggi è fra i 35 e i 37 litri, negli anni ’70 arrivava a 100). Solo il 14% di aziende che non esportano continua a crescere, mentre il dato quasi triplica (43%) per le imprese che operano sui mercati internazionali (il 70% del campione), che raccolgono in media fuori dai confini nazionali circa il 37% del proprio fatturato.
Certo, non è tutto facile. L’Italia sui mercati esteri rischia il sorpasso da parte della Spagna come primo fornitore mondiale (in volume). Senza contare il fatto che, se si vuole per davvero partire alla conquista dei Paesi oltre confine, occorre molta organizzazione, adeguati volumi e una forte politica commerciale e di marketing. Leggi il resto di questo articolo »
La pornostar che produce vino ha copiato il libro di due italiani.
L’attrice hard, proprietaria di un’azienda vinicola, si è appropriata di un testo cult tra gli amanti del vino. Ora gli autori gli hanno fatto causa.
Il volume, usato come cadeau per promuovere il vino della pornostar, è stato tradotto in inglese con una copertina molto simile al “Romanzo del vino”. Peccato che siano scomparsi i nomi di due dei tre autori .
La pornostar americana, il vino, e un plagio colossale ai danni di due autori e produttori italiani. Ovvero: fin dove si può osare. E non stiamo parlando di sesso perché in materia Savanna Samson, al secolo Natalie Oliveros, è una vera esperta. Una sorta di Cicciolina a stelle e strisce, anche se i paragoni, nel ramo, non sono graditi. Classe ’67, ha cominciato come ballerina, ma quando il fidanzato le ha rivelato il desiderio di sposare una pornostar, lei non ci ha pensato su due volte e nel 2000 ha fatto un film con il re dell’hard, Rocco Siffredi, poi ha regalato al maritino la videocassetta per la prima notte di nozze. Una intraprendente, Savanna, perfino cattolica praticante, talmente abile da vantare un curriculum da regina sexy, con decine di riconoscimenti. Eppure, sarà che alla lunga spogliarsi in tv usura anche le star più allenate, ora il nome dell’attrice è accostato anche alla produzione di vini. Leggi il resto di questo articolo »
Il vino è il più grande segno di civiltà dell’uomo… diceva Hemingway.
Un uomo un mattino pianta una vigna, la cura,la pota ,la guarda crescere, l’aspetta per quattro cinque anni prima che cominci a diventare seriamente produttiva,prima che inizi a produrre quell’uva bella e buona, ricca del giusto contenuto di zuccheri che le serve per diventare vino. Perché quell’uomo vuole produrre IL VINO, lo vuole fare perché fa parte del suo Dna,perché prima di lui uomini diversi hanno scritto la storia con un bicchiere di questa incredibile bevanda in mano. Perché sa che gli amici vengono a trovarlo e bere un calice di vino con loro sarà un ulteriore suggello alla loro amicizia. Perché sa che quel contenitore di vetro sonoro conterrà una bevanda speciale, che parla dei venti che hanno attraversato i filari quell’anno, delle piogge che si sono fatte attendere, delle sue ansie perché erano troppo copiose quelle piogge. Parla dei calli sulle sue mani, sa che il nome che porterà quel vino parlerà.
Indiscutibilmente della sua terra,la sua casa, perché lì e solo lì si produce quella determinata uva. E sa, magie delle magie, che il suo vino e quello del suo vicino di vigna,seppur prodotto con lo stesso tipo di uva,saranno due cose completamente diverse perché diversi sono loro,con il loro bagaglio culturale e di esperienze. Eppure probabile che saranno entrambi buoni ma di una bontà diversa… perché l’uva è un frutto altamente democratico, rispetta le idee di tutti gli uomini che hanno deciso di trasformarla in vino seppure possano essere diametralmente opposte, l’importante che alla base siano buoni,puliti e giusti con la terra che ospita queste vigne . Leggi il resto di questo articolo »
Un dubbio vitreo
Torno sull’annosa questione dei bicchieri dove versare il vino, e dai quali poi, in linea di massima, berlo.
In un altro post ho proposto la fondazione di un CLBT, vale a dire di un comitato di liberazione dal bicchiere tondo.
La moda del vino, e dell’enogastronomia in genere, ha infatti moltiplicato le forme dei calici e soprattutto ne ha aumentato a dismisura le dimensioni: da arnesi compatibili con la normale movimentazione di oggetti sulla tavola a vasi di fiori che nascondono i volti dei commensali e talvolta anche le pareti circostanti.
Finché si tratta di bevute conviviali, passi. Il problema è quando si utilizzano recipienti in vetro da nove litri per una degustazione comparativa. La differenza sta in fatti in questo: un bicchiere costoso, di cristallo, ampio, ricco di piombo (quindi microporoso, quindi in grado di sviluppare più particelle odorose), magari fatto a mano, esalta i pregi di un vino e ne minimizza i difetti. Al contrario, un bicchiere di umile vetro, spesso, cilindrico, magari ricavato da un contenitore per crema alimentare spalmabile*, esalta i difetti di un vino e ne minimizza i pregi.
Ho quindi il crescente sospetto, non sulla base di incontrovertibili studi scientifici ma di semplici osservazioni empiriche, che per capire un vino sia preferibile un banalissimo bicchiere dell’acqua. Se poniamo un rosso ha un leggero squilibrio verso le note del rovere, un bicchiere di grande qualità tenderà di solito a far emergere le note floreali e del frutto, riequilibrandone il quadro aromatico; lo stesso vino, in un bicchieraccio da combattimento, farà avvertire la nota boisé nuda, isolata, ancora più scissa. Lo stesso per uno squilibrio alcolico, o di surmaturazione, o di riduzione, etc etc.
Quindi, se organizzate banchi d’assaggio, concorsi enologici, degustazioni comparate, fiere del vino, sagre di Bacco e simili: qualche dozzina di bicchierozzi da osteria potrebbero funzionare egregiamente.


