L’antico rito del vino santo Trentino modificato dal Corona virus
In tempi di emergenza da coronavirus, con relative restrizioni, quest’anno non potrà essere celebrato l’antico rito pasquale della spremitura delle uve Nosiola. Dal cui nettare nasce il Vino Santo Trentino.
Ma i Vignaioli della Valle dei Laghi non si sono persi d’animo e in sostituzione del tradizionale rito collettivo della spremitura. Hanno deciso di celebrare tanti piccoli riti nelle diverse aziende, da condividere a distanza con gli amanti, vino afrodisiaco, raro e prezioso, unico al mondo.
Il Vino Santo Trentino è speciale, non un bene effimero, ma elemento fondante della storia della Valle dei Laghi e della memoria delle sue comunità.
Un assaggio di Vino Santo è come un viaggio nel tempo, che riporta alla luce ricordi e memorie dell’immaginario individuale e collettivo.
Il Rito della Spremitura è il momento simbolicamente più importante di questa storia secolare: tradizionalmente svolto in occasione della Settimana Santa. Il passaggio dall’appassimento dei migliori grappoli di Nosiola raccolti in Valle dei Laghi, alla lunghissima fase di fermentazione e maturazione di questo nettare raro.
Quest’anno, a causa delle norme imposte dall’emergenza coronavirus, il Rito della Spremitura non si potrà svolgere nella sua forma pubblica.
Ma i Vignaioli del Vino Santo non hanno desistito e stanno organizzando diversi piccoli riti, in forma privata, all’interno delle singole aziende. O – dove possibile, come a Santa Massenza – al confine tra le stesse cantine.
Così Giuseppe Pedrotti (Azienda agricola Gino Pedrotti). Marco, Stefano e Arrigo Pisoni (Azienda agricola Pisoni). Graziano e Gianpaolo Poli (Azienda agricola Giovanni Poli). Enzo Poli (Azienda agricola Maxentia) e Alessandro Poli (Azienda agricola Francesco Poli). Hanno deciso di condividere anche quest’anno un rito che li tiene uniti.
Pur distanti, nella volontà di portare avanti la tradizione del Vino Santo Trentino, di generazione in generazione, come ormai avviene da più di cinquecento anni.
www.egnews.it/ – 05/04/2020
Coronavirus, il vino di Vo’ schiantato dalla crisi. «Facciamone alcol disinfettante»
Vo’ è diventata celebre come il primo epicentro europeo del coronavirus. Ma per gli appassionati del vino il paese sui Colli Euganei è ben altro.
È il cuore della produzione dei grandi vini padovani: rossi bordolesi che sfidano i francesi, senza dimenticare la celebre Docg Fior d’Arancio e le produzioni minori, come quel Serprino ribattezzato Prosecco padovano.
Ebbene, dopo aver infettato i residenti, il Covid-19 adesso rischia di mandare in tilt anche la produzione di vino: quattro milioni di bottiglie di vini fermi, un milione di spumanti Docg e altre tipologie per un totale di circa 12 milioni di bottiglie.
Il presidente del Consorzio, Marco Calaon, stima i primi danni. «Di solito vendiamo circa il 40% del nostro prodotto nel periodo pasquale», dice. «E possiamo dire di aver perso questo treno. In estate immettiamo sul mercato un altro 30% e il restante a Natale. In tutto il vino dei Colli Euganei vende per circa 50/55 milioni di euro. È ipotizzabile un danno di circa la metà di questo valore».
Fatte queste premesse, il Consorzio sta guardando con attenzione alle proposte per risollevare il comparto. Considerato che le cantine locali si affidano principalmente ad horeca (ristorazione e alberghi) e privati, il vero rischio adesso è quello collegato al vino sfuso, che sul territorio è di circa 250.000 ettolitri.
«Stiamo valutando di consigliare la distillazione, Leggi il resto di questo articolo »
Vino naturale: arriva il logo certificato VinNatur
VinNatur, l’associazione dei 195 vignaioli naturali che coltivano un totale di 1.800 ettari di vigna e che producono 6,5 milioni di bottiglie di vino ha deciso di inserire in etichetta o sulla capsula (a discrezione del produttore e senza alcun obbligo), a partire dall’annata 2019, un marchio riconoscibile per i consumatori.
L’obiettivo, spiega Garantitaly, è quello di comunicare in modo chiaro e trasparente l’operato in vigna e in cantina di tutti i viticoltori associati. Un modo per raccontarsi ai consumatori, garantendo il rispetto delle linee guida dell’associazione e di differenziarsi da tutti gli altri prodotti che si trovano sugli scaffali della distribuzione.
VinNatur dal 2016, anno in cui è stato introdotto, verifica il rispetto del Disciplinare di produzione da parte dei suoi associati e certifica i nuovi membri attraverso uno specifico piano di controlli eseguito da un ente di certificazione terzo riconosciuto dal Ministero dell’agricoltura.
Con questa iniziativa, VinNatur segue quanto fatto da tempo dalla Fivi. La Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti, nata nel luglio 2008, conta oggi ben 1300 vignaioli, iscritti singolarmente o attraverso le associazioni regionali già esistenti.
“Vogliamo che chiunque acquisti una bottiglia di vino con impresso il logo VinNatur, sappia fin da subito quali sono i principi e lo spirito che guidano il nostro operato e quali sono i canoni secondo i quali produciamo il nostro vino con un simbolo di facile lettura per il consumatore finale, uno strumento di immediatezza comunicativa e un marchio di qualità e garanzia a disposizione dei soci.
La naturalità è ormai un dato di fatto, e si esprime tramite produzioni di alto profilo in grado di raccontare in modo fedele il proprio territorio: è questo che l’Associazione Viticoltori Naturali vuole difendere e promuovere da sempre, innanzitutto tramite lo strumento del Disciplinare e ancor più oggi con l’apposizione di questo marchio” spiega Angiolino Maule, presidente VinNatur.
www.corrierenazionale.it – 01/04/2020
Winease: la piattaforma per promuovere e vendere online il vino in Cina
Winease è un progetto realizzato da quattro team di esperti appassionati ed amanti del vino italiano, tutti uniti dallo stesso obiettivo: promuovere il vino italiano e accompagnare le aziende verso la digitalizzazione per vendere online i propri prodotti. Tutte e quattro sono dotate di competenze differenti e sinergiche sul mercato cinese.
Value China
Specializzata nel supportare le aziende italiane ad approcciarsi al mercato cinese sia dal punto di vista linguistico che socio-culturale.
Business Strategies
Ha sempre avuto l’obiettivo di introdurre lo stile di vita italiano nel mercato asiatico. “Taste Italy! Wine Academy” è il primo corso intensivo sul vino italiano indirizzato ai consumatori cinesi.
Interwine
La più grande e la più antica fiera del vino professionale della Cina continentale. Organizza roadshow in larga scala tutto l’anno in 70 città diverse.
Putaojiu.com
Fondata nel 2015, è la principale piattaforma di comunicati stampa nel settore vitivinicolo in Cina. Fornisce il servizio più professionale e completo per aumentare la visibilità online.
La quarantena e l’isolamento forzati proseguono in Italia così come in altri Paesi nel mondo, ma in Cina la voglia di ripartire è tanta e guarda, così come altrove, al mondo digitale.
Per questo nasce Winease, Leggi il resto di questo articolo »
Magico Vin Santo il bicchiere dell’ospitalià
‘Anteprima Chianti Classico’ appena conclusa, si ricorderà anche per la degustazione di Vin Santo toscano tenuta dal ‘sommelier delle star’ Filippo Bartolotta, che ha guidato una masterclass attraverso otto grandi cantine.
“È il vino dell’ospitalità e in Toscana non c’è cantina che non ne conservi almeno un caratello – racconta Filippo Bartolotta sommelier, giornalista, wine educator – ma per farlo buono, occorre averne una o più batterie.
Servirà al momento dell’assemblage per creare il nettare perfetto. Alcuni caratelli svolgono tutto lo zucchero dando un vino secco, alcuni danno un vino dolcissimo, altri un’acidità volatile troppo alta”.
Le uve si sottopongono ad appassimento perché si concentrino gli zuccheri, favorendo alcune reazioni enzimatiche e l’eventuale formazione della muffa nobile che aggiungerà complessità.
Nei caratelli con la madre a base di lieviti e vecchie annate si aggiunge il mosto – prosegue Bartolotta – poi verranno sigillati con la ceralacca, per essere riaperti dopo l’invecchiamento (sette, otto anni).
Una verticale espressiva attraverso le diverse anime del Vinsanto con Isole e Olena 2008, che è risultato il più sontuoso e univa dolcezza, profumi, acidità, pulizia, insieme ad aromi di frutta candita e scorza di limone. Rocca di Montegrossi 2006, 100% Malvasia, il più dolce di tutti, che ricordava un grandissimo Sauternes.
E a seguire il Castello di Bibbiano Occhio di pernice 2013, tutto cuoio, cioccolato, ciliegia sotto spirito, prugna essiccata, con i profumi caratteristici del sottobosco del ‘Chianti Classico’. Fontodi 2010, 60% Sangiovese e 40% Malvasia, dalla spiccata dolcezza e profondità, con note balsamiche e tabacco.
Poggiolino 1983, quasi secco, simile a uno Sherry, molto balsamico, con note di teatreoil, cipresso e note officinali. Losi Querciavalle 2006, sapido, dall’acidità elevata e note di mandorla tostata, fichi secchi, datteri, liquerizia.
Insieme a golosi abbinamenti, come le animelle laccate al Vin Santo; il cheese-cake con erborinato e gel di Vin Santo; il cantuccio tradizionale riletto al Parmigiano tostato e mandorle; la mela annurca al forno, ripiena di fegatini di pollo.
https://www.quotidiano.net – 15/03/2020
Coronavirus, le certificazioni del vino vanno avanti per garantire la vita delle cantine
Giuseppe Liberatore (Valoritalia): “oggi, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole e con l’Icqrf, semplifichiamo con le autocertificazioni, poi torneremo ai normali controlli, aspetto su cui l’Italia è modello.
Continuano senza problemi, con le precauzioni di legge, le consegne di fascette per Docg e Doc.
Il vino non diffonde il Coronavirus, lo hanno ribadito anche gli enologi. Chi chiede certificati di salubrità specula, e va segnalato. Deve difenderci lo Stato”.
https://winenews.it – 13/03/2020
Cari produttori, in vigna o in cantina con la mascherina fate più danni del Coronavirus
Mentre l’economia italiana affonda sotto i colpi di Coronavirus, loro che fanno? Inventano un hashtag al giorno e si fanno fotografare in vigna e in cantina con la mascherina anti contagio in bella vista, sul volto. Peccato che attorno non ci sia nessuno e che le disposizioni del Ministero dicano ben altro. Forse sbaglio io. Ma certi produttori, in questi giorni di panico e di allarme anche sociale stanno facendo più danni al vino italiano sui social, che Covid-19 per le piazze del Bel paese.
Sarebbe bello poter sostenere che queste patetiche esibizioni su Facebook ed Instagram facciano male solo allo stomaco di chi ha un po’ di sale in zucca, o ancor meglio ai diretti interessati.
Il fatto, purtroppo, è che foto come queste – che circolano mentre gli occhi del mondo sono fissi sull’Italia – danneggiano inesorabilmente l’intero settore, in un momento in cui centinaia di aziende agricole (non solo vitivinicole) rischiano di essere spazzate via dal vento invisibile arrivato dalla Cina.
Le foto dei produttori di vino con la mascherina, in vigna o in cantina, riescono nel miracolo di far provare simpatia (oggettiva) per Veronafiere, che in questi giorni – contro tutti, tranne che i propri interessi, va detto – sta cercando di tenere in piedi con le unghie e con i denti un Vinitaly 2020 con la flebo nelle vene, riprogrammato dal 14 al 17 giugno.
Già, perché se da un lato c’è qualcuno (incravattato) che si sta facendo un culo così per salvare il salvabile del comparto (criticabile o meno che sia), dall’altro ci sono incommensurabili idioti che, nel nome di due fottuti like, sono disposti a mandare messaggi sgradevoli al mondo intero, tra l’ilarità dei più.
Facciamocene una ragione, allora, se la Francia ride di noi con la pizza Corona di Canal+: non è strafottenza, è pietà. Siamo i primi a far ridere il mondo per come spesso (s)comunichiamo le nostre eccellenze, al posto di trasmettere la voglia di scoprire l’Italia. Torniamo tutti sul pianeta Terra. Ce n’è un gran bisogno. Cin, cin.
https://www.winemag.it – 13/03/2020
Vino dal rubinetto di casa: il miracolo nel Modenese
Quel che tutti sotto sotto vorremmo è accaduto oggi nel Modenese: il rubinetto dell’acqua di casa, all’improvviso, ha iniziato a versare vino. Un miracolo, verrebbe da dire, che è sicuramente stato salutato come tale dai cittadini di Settecani, frazione alle porte di Castelvetro. Stamattina, quando si sono svegliati e hanno aperto il rubinetto del lavandino per lavarsi la faccia, hanno visto che non usciva acqua, bensì vino.
Per la precisione, Lambrusco Grasparossa, probabilmente il più celebre vino della zona. E qui, possiamo solo immaginarci le reazioni, tra chi ha deciso di iniziare la colazione con una marcia in più e chi ha riempito le borracce facendo scorta per i periodi di magra (con il Coronavirus in giro e i supermercati saccheggiati, non c’è da biasimarli).
La motivazione del presunto miracolo, tuttavia, non implica nessun santo. Come spiega sui social il Comune di Castelvetro di Modena, “In merito alle segnalazioni giunte sull’impianto idrico di Settecani volevamo informarvi che si è trattato di un guasto improvviso all’impianto di produzione di un’azienda dell’area.
Il guasto è già stato risolto e non vi sono più problemi alla rete in oggetto, rassicuriamo che si è trattato di una perdita di liquido alimentare (vino) non dannosa per l’organismo e priva di rischi sia igienici che sanitari”.
Il motivo del vino dal rubinetto, dunque, pare essere stato un guasto in uno dei silos della cantina sociale di Settecani, che ha fatto finire il Lambrusco nelle condotte dell’acquedotto, e di lì nelle case dei Modenesi che si trovavano in prossimità della zona dove si trova la cantina. Che non hanno potuto far altro che brindare, e recuperare tutti i contenitori possibili per non sprecare neanche una goccia.
https://www.dissapore.com – 04/03/2020
Mary Jane il vino alla marijuana
Si chiama Mary Jane, ha un colore verde brillante e un costo elevato: è il vino alla marijuana che proviene dalla California. Qui, e in molte altre zone degli Stati Uniti, la cannabis è legale e acquistabile attraverso la prescrizione medica.
Nonostante alcuni Stati abbiano istituito leggi che proibiscono di mescolare la cannabis all’alcol, in California non c’è alcun limite del genere. Così un’azienda specializzata in prodotti contenenti cannabis ha realizzato questo particolare vino attraverso l’infusione della marijuana.
Il vino è realizzato con una tecnica specifica, affinata dallo chef Herb Seidel. Consiste nell’introdurre le cime di marijuana all’interno di bottiglie di vino, per poi lasciarle macerare. Con l’infusione, l’erba rilascia i suoi principi attivi e la clorofilla, che conferisce alla bevanda il caratteristico colore verde brillante.
L’ultima novità è il vino infuso alla marijuana. In passato alcuni stati avevano istituito leggi che proibivano di mescolare la cannabis con l’alcol, ma in California non è stata istituita nessuna proibizione di questo tipo. Mary Jane è un vino molto particolare, realizzato con la marijuana, realizzato da un’azienda specializzata in prodotti contenenti cannabis
Per ora il prodotto non è ancora arrivato in molte tavole, visto che il prezzo è decisamente alto. Una bottiglia piccola di vino ha infatti un costo che va dai 100 ai 400 dollari, ma moltissime aziende stanno tentando di entrare nel mercato, cercando di realizzare una versione di Mary Jane low cost.
Secondo alcuni sommelier, i vini che si abbinano meglio alla cannabis sono il Prosecco e lo Chardonnay. Molti considerano migliore l’accostamento con la birra.
Mary Jane è diverso dal cosiddetto pot wine – ovvero il “vino corretto alla cannabis” – anch’esso, per ora, non adatto a un commercio su larga scala. Questo sia per le leggi che ne regolamentano la diffusione sia per il costo.
https://www.foodmakers.it – 19/02/2020
Londra, rimosso il “bancomat” che erogava Prosecco
Le proteste dei giorni scorsi del Consorzio di tutela del Prosecco Doc alla fine hanno sortito gli effetti sperati e i gestori di Vagabond Wine, una catena di enoteche londinesi, hanno deciso di rimuovere il distributore automatico di vino installato in una strada del centro della capitale inglese.
Secondo il presidente del Consorzio si tratta di un atto dovuto che apprezziamo nella misura in cui ristabilisce una corretta informazione nei confronti del consumatore”.
In seguito alle rimostranze dell’associazione e alle prospettive di azioni legali, non essendo prevista dal disciplinare la mescita del Prosecco con sistemi alternativi al versamento diretto del vino dalla bottiglia, gli esercenti di Vagabond Wine hanno rimosso la macchina distributrice.
“L’auspicio – spiega Zanette – è che anche questo episodio si ponga in un percorso di presa di consapevolezza di come soltanto il rispetto delle regole rappresenti, all’estero come in Italia, la vera garanzia della qualità del prodotto e, perciò, di un rapporto leale verso i consumatori”.
Sul tema è intervenuta ieri anche Teresa Bellanova, ministra delle Politiche agricole: “Bene il prezioso e centrale ruolo di vigilanza del Consorzio del Prosecco che ha immediatamente denunciato l’accaduto e messo fine – ha detto in una nota – a questa frode ai danni dei consumatori inglesi.
La lotta alla contraffazione a difesa dei nostri prodotti e l’usurpazione di nomi protetti italiani è tra le nostre priorità. Sostenere sui mercati internazionali il made in Italy, le nostre Dop, Igp e Stg è essenziale – conclude Bellanova – se vogliamo valorizzare al meglio il Made in Italy e mantenere alta la fiducia dei consumatori”.
https://www.fanpage.it – 12/02/2020