Il sorprendente vino di Israele

Per quanto testimonianze scritte facciano risalire la presenza della viticultura e produzione di vino in Galilea a oltre 3000 anni fa, la viticultura moderna in Israele ha radici recenti. Fu il barone Edmond de Rothschild di origini ebraiche nel 1882 a fondare la cantina Carmel, finanziando iniziative vitivinicole in Terra Santa sperando che diventasse il cuore produttivo dei vini Kosher per gli ebrei di tutto il mondo.

Piantò due vitigni, il Chenin Blanc e il Carignan dando il via così alla nuova viticoltura israeliana. L’inizio non fu fortunato: il primo raccolto fu bruciato da un’ondata di caldo, poi arrivò la fillossera. Il successivo turbolento periodo storico non aiutò. Bisogna aspettare il 1983, un secolo dopo, quando un noto professore di enologia della California University, Cornelius Ough, fonda la Golan Heights Winery sulle alture del Golan, una delle zone più vocate del paese.

Notevoli i risultati enologici di questa azienda, la prima a puntare sulla qualità. Dalla fine degli anni ’80 si è registrato un proliferare di aziende, che vanno dalle più grandi certificate Kosher fino alle piccole wine boutique. Secondo i dati di Assovini 2021, attualmente si contano circa 300 aziende con vigneti che coprono circa 6.000 ettari. Per quasi quattro quinti sono dedicati a uve rosse. La produzione è dedicata al mercato interno, anche se un buon 15% è destinato all’esportazione.

Le varietà più diffuse sono Cabernet, Carignan e Merlot, che coprono il 50% della produzione. I territori vocati passano dal mare alle montagne, dalle valli fertili al deserto. Tra le aree più vocate, la Galilea, al nord del paese. Qui hanno sede alcune delle cantine migliori di Israele – tra cui appunto la Golan Heights Winery – che conta quattro sottozone, Alta e Bassa Galilea, Tabor e appunto Golan Heights.

L’area è caratterizzata da buoni rilievi, escursioni termiche tra il giorno e la notte e terreni drenati al punto giusto. Un territorio vario, in cui la vite viene coltivata tra i 400 e i 1200 metri s.l.m., con picchi fino a oltre 2000 metri di altezza, Leggi il resto di questo articolo »

Perchè si dice vendemmia?

La produzione del vino, quantomeno per gli amanti della bevanda, ha un fascino particolare. Uno dei passaggi cruciali del processo è senza ombra di dubbio la vendemmia, vale a dire la raccolta dell’uva destinata a essere trasformata in rossi, bianchi, rosé, spumanti e via dicendo. Tempi e sistemi di raccolta variano di zona in zona, anche se in Italia, così come nel resto dell’emisfero Nord del pianeta, l’attività si svolge nel periodo compreso tra luglio e novembre. Ma perché si dice “vendemmia” e “vendemmiare”? Qual è il significato di queste parole? Scopriamolo…

Fare la vendemmia, periodo di vendemmia, vendemmia tardiva. Le espressioni che contengono la parola con cui ci si riferisce all’operazione di prelievo dei grappoli d’uva dalle viti per la produzione del vino sono tantissime. Anche per questo di sicuro a qualche curioso è capitato di interrogarsi sul significato di questo termine, soprattutto se la zona in cui si abita non è a vocazione vitivinicola e quindi, per un motivo o l’altro, non si è contatto con la cultura del vino.

La parola “vendemmia” deriva dal latino vīndēmia e dal tardo latino vĭndēmia, e sua volta è il risultato dell’unione del sostantivo vīnum (vino) con il verbo demĕre (levare). Insomma, una perfetta sintesi dell’attività che indica e alla quale veniva attribuita una grande importanza nell’Antica Roma.

Gli antichi romani, infatti, ogni 19 agosto celebravano la cosiddetta “Vinalia Rustica”, una festa in onore di Giove che dava ritualmente inizio alla vendemmia. L’uva veniva raccolta a mano con l’aiuto di utensili simili a coltelli, depositata in piccoli contenitori e poi gettata nelle “lacus vinaria”, vere e proprie vasche nelle quali veniva pigiata.

Nel periodo della “Vinalia Rustica” tutte le attività venivano sospese, in modo tale che tutta la famiglia o la cerchia famigliare potesse riunirsi e dedicarsi esclusivamente al lavoro nelle vigne. È da qui che deriva il carattere sociale e conviviale della vendemmia. L’attività era qualcosa che univa, un’occasione per festeggiare e passare del tempo insieme.

Questo spirito sacrale è stato tramandato nel tempo. Tanto che spesso il momento della vendemmia è stato associato alla celebrazione dedicate a diversi santi che venivano ringraziati per l’uva prodotta. La ritualità dell’attività si è un po’ persa a partire dalla metà del ‘900, complice la meccanizzazione delle operazioni in nome della produttività. Tuttavia, si possono trovare ancora in alcune zone d’Italia realtà e aziende che conservano le usanze del passato e interpretano la vendemmia come rito collettivo e di festa.

https://www.innaturale.com – 01/08/2022

La Coldiretti avvia ufficialmente la vendemmia 2022: che vino dobbiamo aspettarci?

Al via con almeno sette giorni di anticipo rispetto allo scorso anno la vendemmia 2022 in Italia con la siccità e il caldo oltre i 40 gradi che hanno tagliato la produzione del 10% a livello nazionale con i vigneti messi a dura prova anche da nottate con afa e temperature minime sempre molto alte che non hanno permesso ai grappoli di prendere un po’ di “respiro” climatico con il tradizionale sbalzo termico. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in occasione dell’avvio della vendemmia in Italia.

La produzione italiana quest’anno – sottolinea la Coldiretti – si stima in calo del 10% a livello nazionale per un quantitativo intorno ai 45,5 milioni di ettolitri ma molto dipenderà sia dall’evoluzione delle temperature che influiscono sulla maturazione sia dall’assenza di nubifragi e grandinate che hanno un impatto devastante sui vigneti e sulle quantità prodotte. In Italia si attende comunque una annata di buona/ottima qualità anche se l’andamento della raccolta sarà influenzato molto dal resto del mese di agosto e da quello di settembre per confermare le previsioni anche sul piano quantitativo.

Nonostante il calo a livello nazionale l’Italia – precisa la Coldiretti – è il primo produttore mondiale di vino mentre per il secondo posto si prospetta una sfida tra Francia e Spagna paesi che hanno subito entrambi i danni causati dalla siccità e dagli incendi. Da nord a sud della Penisola la raccolta parte tradizionalmente con le uve da spumanti Pinot e Chardonnay Leggi il resto di questo articolo »

Le Donne del Vino, l’unione è sinonimo di forza

La storia del vino al femminile è ricca di esempi virtuosi, che caratterizzano tanto il passato, quanto il nostro presente. Basta guardare al mondo dello Champagne, per capire quanto le donne siano state fondamentali nella storia dei grandi vini.

Sono molte, infatti, le Maison prestigiose guidate da donne brillanti ed energiche, in un momento storico in cui il vino e la sua produzione risultavano ancora preclusi all’universo femminile. Un nome su tutti, quello di Madame Clicquot. Rimasta vedova, nel 1805 all’età di 27 anni, passerà alla storia come la Grande Dame dello Champagne. Tutti conosciamo, poi, l’esprit di Lily Bollinger e l’intraprendenza di J.A. Louise Mélin, vedova Pomméry, che nel 1874 con l’invenzione del brut, contribuirà ad influenzare, in modo definitivo, le sorti e lo stile produttivo della più nota tra le bollicine.

Nonostante la storia attribuisca un ruolo importante alla componente femminile, sotto l’aspetto produttivo e culturale, quello che non sappiamo, forse, è che negli ultimi anni le donne sono entrate sempre più numerose nelle cantine di tutto il mondo vinicolo, raggiungendo le qualifiche più alte, ideando nuovi trend e creando nuovi network. Crescono le donne iscritte nelle facoltà di agraria, viticultura ed enologia e aumentano le donne che partecipano ai corsi da sommelier e WSET, dove ormai rappresentano più del 40% degli iscritti. In Italia non manca una fitta schiera di personalità, che sono manifesto di grande affermazione e successo professionale: Camilla Lunelli, Raffaella Bologna, Marilisa e Silvia Allegrini, Stefania Pepe, Elena Walch, Giannola Nonino, Marina Cvetic, solo per citarne alcune. Leggi il resto di questo articolo »

Le Donne del Vino: il nettare di Dioniso è sempre più “rosa”

L’Associazione Nazionale Le Donne del Vino, nata nel 1988, è la più grande la mondo contando quasi mille socie tra sommelier, produttrici, ristoratrici, giornaliste, enotecarie ed esperte di settore in tutta Italia. L’obiettivo è diffondere la cultura e la conoscenza del vino attraverso la formazione e la valorizzazione del ruolo della donna nel settore vitivinicolo.

Per una maggiore capillarità è organizzata per delegazioni regionali. Ed è in questo contesto che la delegazione Umbria, forte delle numerose figure femminili di successo coinvolte nel settore, si sta rilanciando in questi giorni con un programma già ben variegato cha spazia dalla formazione allo scambio con altre delegazioni, da una carta dei vini dedicata a degustazioni tematiche e campagne social che possano dare visibilità a ciascuna socia e relative attività.

La kermesse regionale organizzata da Umbria Wine Club, e più specificamente la tappa spoletina, si presenta come occasione ideale di presentazione pubblica della delegazione regionale: Le Donne del Vino – Umbria. La prima tappa della Kermesse che vede, dunque, le Donne del Vino direttamente coinvolte, si terrà a Spoleto dal 15 al 17 luglio con un programma ricco di incontri e momenti di scambio.

Diverse socie della delegazione regionale interverranno ufficialmente sia in Conferenza Stampa, prevista per il giorno 15 luglio alle ore 18:00, sia in occasione dell’Osservatorio tematico programmato per sabato 16 alle ore 10:00. Un’occasione per condividere i dati e soprattutto lo spirito dell’Associazione e fornire informazioni per chiunque fosse interessato a scoprire di più.

Non solo, durante la tre giorni sarà previsto un presidio dedicato Le Donne del Vino – Delegazione Umbria – per informazioni sull’associazione e come iscriversi.

https://www.umbriaecultura.it – 08/07/2022

Il vino va nello spazio, i sommelier affidano le barbatelle all’Agenzia Spaziale Italiana

Consegnate oggi a Roma dalla Fondazione italiana sommelier barbatelle di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico all’Agenzia spaziale Italiana (Asi) per avviare un progetto di sperimentazione in orbita, nella stazione spaziale internazionale.

L’affidamento, fatto in maniera rappresentativa con barbatelle rappresentative del Nord, Centro e Sud del territorio italiano e con una cerimonia solenne presso il Rome Cavalieri, è avvenuto con lo svolgimento del Forum della cultura del vino.

L’incontro, giunto alla quindicesima edizione e dal titolo “Spazio infinito, eternità del vino”, è stato dedicato al compianto giornalista, conduttore televisivo e politico italiano David Sassoli.

I tempi sull’avvio del progetto di sperimentazione del vino in orbita non sono invece stati comunicati. Obiettivi dell’iniziativa – informa Asi – sono quelli legati al tema della nutrizione degli astronauti ma anche alla possibilità di produrre piante e cibo in assenza di gravità.

Nei mesi scorsi Asi, relativamente al tema agroalimentare, ha avviato, tra i diversi già in campo, il progetto “Evoo” con una selezione di quattro oli extravergini italiani che sono bonus food per gli astronauti e protagonisti di un esperimento sugli effetti della permanenza nello spazio.

“Il progetto di sperimentazione sul vino – ha commentato il presidente dell’agenzia spaziale italiana Giorgio Saccoccia – rientra nel filone della nutrizione degli astronauti, per la produzione di cibo e per l’ottenimento di risultati scientifici utili. Sarebbe bello bere una calice di vino nello spazio, prodotto in orbita”.

https://www.ansa.it – 04/07/2022

Vino: in UK quelli del Sussex ottengono lo status di Denominazione di Origine Protetta (DOP)

Nel firmamento del vino DOP da adesso annoveriamo anche i vini fermi e spumanti del Sussex (quelli prodotti sia nell’East che nel West Sussex): questi vini hanno ottenuto lo status di Denominazione di Origine Protetta.

A dare la notizia è stato il Dipartimento per l’ambiente: la domanda, presentata per la prima volta nel 2015, è stata finalmente accolta. Da adesso, dunque, i vini del Sussex andranno a fare compagnia a Prosecco, Champagne e Bordeaux (tutte DOP).

In patria, invece, i vini del Sussex troveranno anche altri prodotti DOP ad aspettarli come il famoso whisky scozzese, l’agnello del Galles, il sidro Herefordshire, la panna della Cornovaglia e anche i tortini di maiale Melton Mowbray.

Victoria Prentis, ministro dell’alimentazione e dell’agricoltura, ha dichiarato con soddisfazione che il Regno Unito ha sviluppato una reputazione in costante crescita per quanto riguarda il vino di alta qualità. In particolare il vino del Sussex sta ricevendo ampi riconoscimenti e investimenti anche internazionali.

Come tutte le DOP, anche il vino del Sussex deve essere prodotto, trasformato e preparato all’interno di una precisa area che viene identificata anche all’interno del disciplinare di produzione della DOP in questione. Inoltre deve avere anche caratteristiche peculiari che dipendono dalla zona di produzione.

https://www.dissapore.com – 27/06/2022

Il vino italiano pronto ad entrare in orbita

Qualche tempo fa, durante l’imperversare della pandemia, l’azienda Chateau Petrus inviò 11 bottiglie nello spazio per 14 mesi, per studiare gli effetti sulla vite e sul vino in assenza di gravità.

Successivamente, 1 bottiglia di quella partita, fu battuta all’asta, da Christie’s raggiungendo il prezzo stellare superiore a 1 milione di euro. Questa volta – stando a quanto riporta Wine News- saranno le barbatelle italiane a conquistare lo spazio e in particolare quelle di 3 territori iconici nella produzione del vino: il Sangiovese del Brunello di Montalcino, il Nebbiolo del Barolo e Barbaresco piemontese e l’Aglianico del Sud.

Il progetto ideato dalla Federazione Italiana Sommelier verrà presentato il prossimo 4 luglio presso il Salone dei Cavalieri dell’hotel Rome Cavalieri sede di Fondazione Italiana Sommelier, durante il 15° Forum della Cultura Internazionale del Vino, che quest’anno ha per titolo “Spazio infinito, eternità del Vino” e sarà dedicato a Davide Sassoli. Per il Convegno del 2020 “il titolo proposto era stato: il vino radice dell’identità d’Europa e Sassoli aderì immediatamente – commenta il presidente della Fis Franco Maria Ricci. Poi il Covid portò via tutto. Oggi David non c’è più. Siamo certi di saperlo felice di donare all’Italia e all’Europa un altro motivo di Unione, quello delle grandi emozioni”.

La coltivazione della vite, infatti, racchiude tutti gli elementi del viaggio dell’Umanità sul nostro Pianeta. Dalla prima scoperta degli effetti di una sperimentazione spontanea di frutti maturi, allo studio del DNA dei singoli vitigni e delle caratteristiche del terreno dove le viti crescono per avere il migliore risultato, sono passati millenni di sperimentazioni. È un incredibile percorso avvenuto in tutti i campi del progresso.

Nel forum si indagherà su quale collegamento vi sia tra l’Uomo e lo Spazio e come l’Uomo lo sperimenterà in via definitiva. Oltre al presidente della Fis, interverranno Giorgio Saccoccia, Presidente Agenzia Spaziale Italiana, Massimo Claudio Comparini, A.D. Thales Alenia Space Italia, Nicolas Gaume, Founder Space Cargo Unlimited, Walter Cugno, Vice Presidente Esplorazione e Scienza Thales Alenia Space Italia, Franco Malerba, primo astronauta italiano – fondatore Space V, e Donato Lanati, Enologo Enosis Sperimentazioni.

https://www.sienanews.it – 19/06/2022

A Talamone 9mila bottiglie di vino in mare a 35 metri di profondità: riemerge la cantina da record

Scegliere il mare per affinare per un anno un complesso vino rosso maremmano, che ha già passato 18 mesi in barrique: è la scommessa fatta dalla cantina Terre di Talamo che in questi giorni ha ritirato dal mare tra l’Argentario e Talamone il Talamo IGT “a mare”, portando a compimento il primo esperimento di cantina subacquea per un vino fermo. 9.000 bottiglie di un blend con uve Syrah, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot sono state sul fondale marino a 35 metri di profondità, dove la temperatura è stazionaria a 16 gradi e ad una pressione di 4,5 tonnellate. Bottiglia tradizionale, che regge tranquillamente lo stress dell’immersione e tappo in vetro per proteggere il vino da eventuali infiltrazioni.

Le bottiglie sono messe in gabbie di ferro saldate e sono state ritirate con l’ausilio di esperti sub e messe su un pontone che dopo un breve tratto di navigazione è arrivato a terra, con sistemi di protezione dal sole e dal caldo sofisticati ma anche tradizionali, come le “coperte della nonna” stese sulle gabbie.

Le bottiglie sono poi messe ad asciugare in cantina, Leggi il resto di questo articolo »

Putin spinge la produzione di vini locali

In Russia, nei ristoranti, la disponibilità di vino di importazione si sta riducendo perché diversi operatori europei dopo lo scoppio della guerra in Ucraina si sono rifiutati di spedire le loro bottiglie a Mosca. Una scelta condivisa anche da produttori di altri Paesi, come Australia e Argentina. Così i locali della Federazione di Vladimir Putin devono rivedere la propria carta dei vini: le scorte, secondo gli esperti, sono sufficienti per circa un annetto, ma non per tutte le tipologie. La soluzione, come riportato dall’agenzia Ria Novosti, è la vinificazione nazionale: strada autarchica, in ossequio alla propaganda putiniana, che si scontra però con oggettive difficoltà: dai vigneti insufficienti fino al know-how necessario e al terroir: inoltre le bollicine tanto amate in Russia sono difficili da ottenere nella Federazione.

«La situazione con gli alcolici, in modo particolare con il vino, non è molto buona», ha detto alla Ria Novosti il sommelier del ristorante Roze&Dance di San Pietroburgo, Dmitry Bogdanov, «non si intravedono prospettive brillanti e la gamma di vini e distillati sul mercato sta lentamente diminuendo perché molti produttori europei si rifiutano di collaborare con noi. I maggiori fornitori di champagne hanno ritirato il loro prodotto dal nostro mercato».

«Attualmente abbiamo una piccola scorta di vino», Leggi il resto di questo articolo »