La riscoperta del Barbera bianco

Nel registro dei vitigni della regione Piemonte è indicato come “Barbera bianco” o “Monferrato bianco”.

Sulle colline tra Gavi e Bosio lo chiamano Caricalasino, «proprio così come si pronuncia, tutto attaccato e senza apostrofo».

«Me ne parlava mio nonno, viticoltore, di quest’uva dall’acino ovale, a buccia spessa e molto scura, che veniva a volte mischiata con il cortese», racconta Roberto Ghio, viticoltore di Bosio.

Dopo la morte del nonno, «volevo fare qualcosa per ricordarlo, un’etichetta con il suo nome». Ha fatto di più, ha impiantato nuovamente il Caricalasino, dove il nonno gli aveva indicato.

Ne è nato un vino bianco con una decisa acidità e una gradazione alcolica spiccata, adatto anche all’invecchiamento.

Le prime bottiglie sono state prodotte nel 2011, «da quest’anno siamo passati da 1 ettaro ad un ettaro e mezzo di vigna».

Resta pur sempre una piccola percentuale sulla proprietà di Roberto Ghio, che di ettari a vite ne coltiva dieci volte tanto. «Per me era una scommessa, una questione affettiva», dice. Perchè dietro alla scelta di recuperare vitigni autoctoni non c’è quasi mai una questione commerciale.

«Intanto c’è la volontà di esaltare le peculiarità di un territorio, che è quello che poi fa la differenza, recuperarne la storia; poi anche quella di diversificarsi e di migliorarsi» spiega Davide Ferrarese, agronomo.

Qualche volta funziona, come è stato per il Timorasso, il bianco dei Colli Tortonesi, grazie alla figura di Walter Massa, il viticoltore che lo ha riscoperto e lanciato.

Alcuni produttori stanno tentando da qualche anno il rilancio del Nibiò, con minori risultati rispetto al Timorasso, «probabilmente perchè il nome ricorda quello del Nebbiolo, ma invece non è un vino nero, un dolcetto, che sconta a sua volta il nome.

Il dolcetto non è infatti un vino dolce». E, ancora, l’Albarossa, un incrocio nebbiolo e barbera, prodotto tra Ovada, Acqui fino ad Asti.

«Il successo di un vino non dipende dalla qualità intrinseca, ma da una serie di fattori, sempre legati all’uomo», dice ancora Ferrarese.

www.ilsecoloxix.it – 14/08/2016

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