Eventi
Dalle armi al vino friulano: Beretta entra in una storica cantina dei Colli Orientali
Dopo la grappa Domenis, acquisita dalla distilleria Nardini, un altro pezzo di Friuli passa (in parte) in mani extraregionali: la famiglia Gussalli Beretta, famosa per la Fabbrica d’Armi Pietro Beretta, entra nel settore vitivinicolo regionale attraverso Upifra Agricole, che ha acquisito il 40% della Società Agricola Leonardo Specogna di Corno di Rosazzo. La cantina, con 27 ettari di vigneti biologici, è guidata dai fratelli Michele e Cristian Specogna.
La produzione annua è di circa 150.000 bottiglie esportate in 40 paesi, con etichette come Oltre, Identità e Sauvignon Duality. La nuova partnership amplia la presenza di Beretta nel vino, che conta oltre 170 ettari vitati e 800.000 bottiglie prodotte.
“Crediamo nel progetto di Michele e Cristian, un punto di riferimento per i grandi vini bianchi dei Colli Orientali – commenta Pietro Gussalli Beretta -. Siamo certi che insieme potremo raggiungere nuovi risultati e ampliare la visibilità sui mercati internazionali”. I fratelli Specogna sottolineano il valore della collaborazione: “Con Agb Selezione, del gruppo Beretta, lavoriamo da anni per la distribuzione in Italia. Ora puntiamo a crescere investendo in ricerca, innovazione e mercati, valorizzando il nostro territorio”.
Il gruppo Gussalli Beretta, che comprende anche cantine in Franciacorta, Alto Adige, Barolo e Toscana, integra così i Colli Orientali del Friuli nella propria rete di eccellenze, portando esperienza, sostenibilità e attenzione alla qualità.
Con questa mossa, la cantina friulana rafforza la propria posizione globale mantenendo forte il legame con il territorio e la viticoltura biologica. L’azienda, che dà lavoro a circa dieci persone, collabora con l’Università di Udine e altri enti per progetti di ricerca sull’adattamento della vite ai cambiamenti climatici, tema fondamentale per il futuro del Friuli.
https://www.friulioggi.it – 30/07/2025
I primi 60 anni di AIS: un’eredità da onorare e proseguire
Il 7 luglio 1965 nasceva ufficialmente l’Associazione Italiana Sommelier. Sessant’anni dopo, quella data non rappresenta esclusivamente un anniversario importante, ma uno spunto di riflessione sul cammino percorso e, soprattutto, su quello che ci attende.
In sei decenni, AIS ha compiuto passi significativi: dalla fondazione a Milano per iniziativa di un piccolo gruppo di visionari, all’ottenimento del riconoscimento giuridico nel 1973, fino alla recente iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, che ha rafforzato la nostra identità pubblica e il nostro ruolo culturale. Una storia fatta di dedizione, di crescita continua, di passione condivisa. Una storia fatta di persone e simboleggiata, ancora oggi, da un emblema di servizio, eleganza e competenza: il tastevin.
Credo che questo anniversario non abbia valore solo per chi, come noi, vive AIS dall’interno, bensì anche per tutto il mondo del vino italiano. In questi sessant’anni, AIS ha contribuito a diffondere una cultura del vino basata sul rispetto, sulla conoscenza e sulla narrazione di un prodotto che è simbolo del nostro Paese nella sua sfaccettata ricchezza. Abbiamo formato generazioni di sommelier, sì, ma anche educato il gusto di milioni di appassionati, contribuendo alla valorizzazione delle eccellenze territoriali e del patrimonio enogastronomico italiano. Perché parlare di vino, per noi, significa inevitabilmente parlare anche di cibo, di abbinamenti, di equilibrio sensoriale e culturale: Leggi il resto di questo articolo »
Vino, Cantina Perla del Garda premiata per trattore a guida automatica
L’azienda vitivinicola Perla del Garda è stata premiata dall’Agenzia europea sulla Sicurezza e Salute nel concorso europeo “Buone Pratiche” grazie ad un cosiddetto “trattore a guida automatica”. La Cantina famigliare di Lonato del Garda (Brescia) con 48 ettari vitati, capitanata da Giovanna Prandini, si è aggiudicata il Premio per il settore agricolo nell’ambito della campagna europea 2023-2025 “Salute e sicurezza sul lavoro nell’era digitale”. L’azienda ha infatti introdotto un’innovativa soluzione digitale, sviluppata in collaborazione con la lenese Cobo, che consente ai trattori di operare in autonomia all’interno dei filari grazie all’impiego di intelligenza artificiale e a un sofisticato sistema di visione artificiale.
“Ricevere questo prestigioso premio gratifica il costante impegno della nostra azienda verso la sostenibilità non solo ambientale e orientata alla filiera nella produzione vitivinicola, ma anche sociale” ha commentato Prandini, sottolineando che “la salute e la sicurezza dei lavoratori è per noi assoluta priorità e questo innovativo sistema di digitalizzazione, installato sui trattori, certifica quanto il capitale umano sia da parte nostra tutelato e rispettato, infatti questa innovazione ci permette di rendere altamente più sicuro ed efficiente il lavoro degli operatori in vigna”.
In una nota, l’azienda ha precisato che la tecnologia è stata installata su trattori già in dotazione e attraverso un’attenta mappatura del vigneto vengono definiti parametri critici oltre i quali il sistema è in grado di generare alert automatici per prevenire potenziali situazioni di rischio. Inoltre, grazie a sensori intelligenti integrati che monitorano costantemente lo stato delle attrezzature, il sistema è in grado di indicare con precisione quando è necessario effettuare interventi di manutenzione programmata, prolungando così il ciclo di vita degli strumenti e riducendo l’usura.
“Si tratta di un sistema basato sulla visione artificiale che consente la guida autonoma nelle corsie di un vigneto” ha spiegato Gino Mainardi, Innovation and Advanced Engineering Cobo, evidenziando che “il sistema digitale installato sui trattori permette all’operatore di avviare e utilizzare il mezzo in modo automatico e robotizzato all’interno dei filari, dove la tecnologia si sostituisce alle mani dell’operatore nella gestione del volante. Educato con l’IA, il trattore stesso agisce come un robot on demand e collabora con l’operatore al fine di rendere il lavoro meno pericoloso”.
https://askanews.it – 30/06/2025
Bolgheri, ecco la cantina-gioiello dentro l’ex cava: chi è il magnate che ha investito
Nomen omen, nel nome il destino, una locuzione che si attaglia come un abito su misura alla nuova cantina Meraviglia, delle tenute Meraviglia e Le Colonne, del magnate argentino Alejandro Bulgheroni. A pochi passi da San Vincenzo, nella parte sud della denominazione Doc Bolgheri, è stata costruita all’interno della cava di Cariola, dismessa negli anni ’80, e si affaccia sull’azzurro del mar Tirreno, circondata dalla macchia mediterranea e vigneti a perdita d’occhio.
Inaugurata ieri (giovedì 26 giugno), cantina Meraviglia è un’opera architettonica oltre che un luogo di produzione, e un progetto di recupero territoriale basato sulla sostenibilità ambientale. Costata oltre 23 milioni di euro, ha una capacità di 1.200 ettolitri per 95 ettari vitati. E sono servite 1.125 giornate lavorative per realizzarla. Un atto d’amore di una famiglia innamorata della Toscana. Alejandro Bulgheroni è uno degli uomini più ricchi del mondo: businessman argentino del settore petrolio e gas, è originario dell’Italia. Come ha ricordato nel discorso di inaugurazione, pronunciato in italiano, un suo bisnonno «è emigrato in Argentina da Como nel 1873». E in sud America ha fatto fortuna.
La passione per il vino, l’ingegner Alejandro la condivide con la moglie Bettina e i due figli. Possiedono cantine in Argentina, Uruguay (Bodega Garzòn), Australia, nella Napa Valley in California e a Bordeaux.
In Italia è approdato nel 2012, seguendo il cuore. Perché scegliere la Toscana? Leggi il resto di questo articolo »
Nasce Il Manifesto di Noto, non solo vino ma anche cultura
Continua l’evoluzione del programma “Wine is a contemporary story”, lanciato all’ultima edizione di Vinitaly dall’azienda Planeta come atto di riflessione sull’identità e sul ruolo del vino contemporaneo.
Alla tenuta Planeta Buonivini a Noto, in occasione del lancio ufficiale di Costellazioni d’Arte – progetto che intreccia arte, paesaggio e identità e che si è arricchito quest’anno di una nuova opera di Vanessa Beecroft – si è tenuta una giornata di incontri che hanno visto protagonisti importanti attori del mondo del vino italiano.
Al termine della giornata, ispirato dai dialoghi e delle riflessioni tra gli ospiti, è nato il Manifesto di Noto, documento programmatico che dà voce a una visione contemporanea del vino, capace di interpretare le sfide attuali e immaginare un futuro più consapevole per l’intero settore.
Il Manifesto è un atto di riflessione e di impegno, che riconosce il vino non solo come prodotto agricolo di eccellenza ma come espressione culturale.
Non è possibile, infatti, considerare la viticoltura solo come attività produttiva: è una pratica agricola che plasma i paesaggi, crea valore sociale ed economico, promuove la bellezza e contribuisce al benessere delle comunità di riferimento.
“Il vino è contemporaneo perché, come l’arte e la cultura, è un’espressione del tempo in cui vive, pur mantenendo un dialogo costante con il passato e proiettandosi nel futuro.
Il vino attiva relazioni attorno alla tavola, Leggi il resto di questo articolo »
La Spagna cerca 10 mila volontari per bere vino tutti i giorni e capire se fa male.
Da vari siti, anche in lingua spagnola>, apprendiamo che la Spagna farà una ricerca ampia, lunga e molto articolata (durerà 4 anni e coinvolgerà 500 docenti e diecimila persone secondo l’annuncio) per capire se un uso moderato del vino tutti i giorni fa male oppure no alla salute. Ed è una iniziativa, quella dell’università di Navarra, senza precedenti che potrebbe segnare una svolta per uno dei temi più dibattuti e controversi del momento attorno al mondo del vino e che sta provocando risse verbali, prese di posizione, scontri politici e tanto altro. Peccato che un’idea del genere stia partendo dalla Spagna. Perché un’idea del genere non è partita dall’Italia (o dalla Francia) dove il vino è molto più presente e importante? Siamo tra le pochissime nazioni al mondo dove il vino si produce in ogni regione, terzi per consumo pro capite e forse abbiamo perso un’occasione.
https://www.cronachedigusto.it – 28/05/2025
Vanno all’asta i primi vini del Buthan
Sì è svolta la prima asta di vini prodotti in Buthan. La casa d’aste Bonhams ha infatti organizzato un’asta online per un totale di 48 bottiglie della Bhutan Wine Company.
“Stiamo partecipando a un evento storico”, ha dichiarato a The Drinks Business Terrence Tang, responsabile di Bonhams per i vini e gli alcolici in Asia, all’inizio della vendita. “È un’asta speciale e ci aspettiamo di vedere un grande interesse da parte dei collezionisti globali. Molti hanno sentito parlare molto del Bhutan ma non ci sono mai stati e sono curiosi”.
Durante i primi giorni di vendita le offerte per la bottiglia Ser Kem da 7,57 litri soprannominata “The Himalayan” avevano già raggiunto i 10.000 dollari. Il prezzo finale è stato pari a 18.750 dollari. L’asta è stata un evento storico per un Paese che non ha mai prodotto vino in precedenza.
I co-fondatori della Bhutan Wine Company, Michael Juergens e Ann Cross, sono entrambi nuovi al mondo del vino; Juergens è partner della Deloitte, mentre Cross si è specializzata nel marketing per aziende del calibro di Disney. I due americani hanno intrapreso un ambizioso piano decennale per costruire una nuova regione vinicola sostenibile nel Paese himalayano dopo averla visitata per la prima volta nel 2017. Le uve della vendemmia inaugurale del 2023 sono confluite nel Ser Kem – che in bhutanese significa “offerta alcolica agli dei” – e sono uvaggi di vitigni rossi e bianchi piantati nel 2019 ad altitudini fino a 2.750 metri.
“L’unicità, la rarità e la storia dei vini della Bhutan Wine Company li rendono senza dubbio l’aggiunta più emozionante per i collezionisti e gli intenditori di vino” ha commentato la casad’aste.
The Himalayan ha una misura insolita, 7,57 litri, perché fa riferimento alla vetta di 7,57 km (7570 metri) del Gangkhar Puensum, la montagna non scalata più alta del mondo.
https://www.federvini.it -27/04/2025
Dal castagno una tecnica innovativa e sostenibile per un vino senza solfiti
Un’innovazione destinata a trasformare il modo in cui il vino viene conservato e protetto, senza la necessità di solfiti: Chestwine, frutto di una ricerca avanzata condotta dal Centro de Investigação de Montanha (Cimo) e dell’Istituto Politecnico di Braganza, in Portogallo, è una soluzione dalle proprietà antiossidanti e antimicrobiche ricavata da sottoprodotti del castagno (Castanea sativa) che consente di preservare la qualità e l’integrità del vino senza alterarne il colore ed esaltando il profilo aromatico ed il sapore.
Chestwine, 100% naturale e sostenibile, è firmato da Tree Flowers Solutions, start up biotecnologica portoghese che lo ha industrializzato e testato. Diversi produttori in Portogallo, Spagna, Francia e Italia lo stanno già integrando nei loro processi produttivi, mentre i primi vini stanno per uscire sul mercato.
Il dibattito sull’uso dei solfiti nella vinificazione è sempre più acceso, con un numero crescente di consumatori alla ricerca di alternative più salutari. Chestwine offre una risposta concreta a questa esigenza, mantenendo intatte le caratteristiche organolettiche del vino e garantendo una protezione efficace dall’ossidazione e dalle contaminazioni microbiche.
Dai test condotti, i vini trattati con Chestwine hanno mostrato una maggiore espressione aromatica e una protezione ottimale senza le alterazioni tipiche dei solfiti. Enologi e produttori che lo hanno utilizzato riportano una vinificazione più pulita con vini che mantengono la loro identità varietale senza interferenze chimiche. “L’obiettivo è offrire ai produttori una soluzione naturale ed efficace, che consenta di eliminare i solfiti senza compromettere la qualità del vino – spiega Philippe Ortega, co-fondatore di Tree Flowers Solutions – finora, le prove effettuate in diversi Paesi hanno confermato che i vini trattati con Chestwine mantengono intatte le loro caratteristiche organolettiche, con un impatto nullo su colore, aroma e struttura. Questo non solo risponde alle esigenze di mercato, ma contribuisce a un approccio più sostenibile alla vinificazione”.
Ortega sottolinea inoltre come questa innovazione risponda a un’esigenza sempre più sentita dai consumatori, che manifestano una crescente sensibilità verso la qualità e la salubrità del vino. Chestwine rappresenta anche un modello di economia circolare applicato al settore vitivinicolo: trasformando i fiori di castagno, un sottoprodotto agricolo spesso inutilizzato, in un ingrediente funzionale e prezioso per la vinificazione, il progetto contribuisce a ridurre gli sprechi e a valorizzare le risorse naturali.
Questo processo non solo dà nuova vita ad una materia prima di scarto, ma crea anche opportunità di lavoro per le comunità locali impegnate nella raccolta, promuovendo una filiera sostenibile e responsabile.
https://winenews.it – 27/04/2025
Uno dei migliori spumanti al mondo è trentino
Il riconoscimento per Maso Martis che stacca dei veri e propri mostri sacri
Prima del blasonato Dom Pérignon e al quarto posto della classifica dopo mostri sacri come Egly Ouriet, Krug e Annamaria Clementi di Ca’ del Bosco. È questo l’ottimo piazzamento messo a segno dalla Madame Martis 2013. Ma non solo, perché il Trentodoc di punta di Maso Martis, la boutique winery trentina da anni al vertice della produzione spumantistica italiana, ha staccato di misura altri mostri sacri della spumantistica italiana come il Trendodoc Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2015, l’Alta Langa Pas Dosé 140 Mesi Zero ’11 di Enrico Serafino e il Franciacorta Bagnadore Riserva ’16 di Barone Pizzini.
Un risultato che riempie di orgoglio l’enologo di Maso Martis, Matteo Ferrari, e la famiglia Stelzer, che oggi vede impegnati in azienda non solo i fondatori, Antonio e Roberta, ma anche le figlie Alessandra e Maddalena, a cui i genitori hanno passato il testimone un paio di anni fa.
Il verdetto è stato decretato lunedì 7 aprile a Verona, durante il Vinitaly, dove nello stand del Gambero Rosso è andata in scena la “Sentenza di Verona”. “Probabilmente Antonio e Roberta Stelzer saranno soddisfatti a leggere il nome della propria azienda che campeggia tra due mostri sacri della spumantistica, addirittura precedendo il Dom. Il Madame Martis Riserva ’13 è molto complesso aromaticamente, tra pietra focaia e agrumi, un lieve tocco affumicato ed erbe aromatiche. In bocca sfoggia un’eleganza e una freschezza che abbiamo ritrovato solo nelle Cuvée migliori, accompagnate da una solida struttura fatta di sapore e sapidità”: questa la recensione del Gambero Rosso.
https://www.trentotoday.it – 25/04/2025
L’ultima farfalla del Sangiovese
Se sei un amante del sangiovese è quasi impossibile che non ti sia mai imbattuto nel nome di Giulio Gambelli. Winemaker, maestro assaggiatore, “lucidatore di vini” (cit. Burton Anderson), Gambelli è stato uno dei pionieri della valorizzazione del sangiovese nonché dei più importanti territori del vino toscano. Ha insegnato a fare vino a tanti. Un suo assaggio era meglio di qualsiasi analisi di laboratorio e bastava per dirti da quale zona, botte o addirittura parcella provenisse quel vino, per poi eventualmente suggerire cosa fare o non fare per migliorarlo.
Un vissuto di quasi settanta vendemmie, che lo ha visto padrino nonché rifinitore di vini in alcune delle più importanti aziende toscane tra le quali Soldera, Montevertine, Poggio di Sotto, e poi Lilliano, Ormanni, Petrolo, San Donatino, Villa Rosa, Bibbiano e altre.
Ha fatto grandi diversi Chianti Classico ed è stato anche uno degli artefici nell’affermazione dei vini di Montalcino, collaborando direttamente col consorzio e consigliando gran parte delle aziende ilcinesi al loro principio. Non disdegnava all’occorrenza vitigni internazionali come cabernet sauvignon e merlot, ed era prodigo di consigli anche per chi produceva vino venduto a grandi imbottigliatori.
Oltre i vini, ho iniziato ad incuriosirmi della persona sentendo spesso parlare chi lo ha vissuto, Leggi il resto di questo articolo »