Curiosità
Vino: dal 1° gennaio il Chianti si potrà imbottigliare solo in Toscana
“Dal 1° Gennaio 2018 dopo lungo iter amministrativo, entrerà in vigore a tutti gli effetti la modifica dell’art. 5 comma 1 del disciplinare di produzione Vino Chianti nel quale si prevede che il vino Chianti DOCG si potrà imbottigliare, fatte salve le deroghe ed i diritti acquisiti nel tempo dalle aziende imbottigliatrici, soltanto in Toscana per garantire maggiore tracciabilità, maggiori e tempestivi controlli del prodotto, tutelando così il consumatore” E’ questa in sintesi la novità introdotta nel disciplinare di produzione del Vino Chianti docg.
“Si tratta della modifica della delimitazione della zona di vinificazione, invecchiamento imbottigliamento e affinamento – spiega Giovanni Busi, Presidente del Consorzio Vino Chianti – in quanto fino ad oggi infatti era possibile imbottigliare il nostro vino Chianti in tutto il mondo.
Dal 1 gennaio 2018 grazie a questa modifica al disciplinare di produzione si potrà imbottigliare esclusivamente in quasi tutto il territorio della Toscana”.
Non riguarderanno questo provvedimento, come previsto dalla regolamentazione dell’Unione Europea, le aziende confezionatrici ubicate fuori della Toscana Leggi il resto di questo articolo »
Ripristino vigna Pallagrello faceva impazzire re Ferdinando
La Vigna aveva una struttura unica, a ventaglio, che permetteva la coltivazione di dieci diversi tipi di uva, tra cui anche l’autoctono Pallagrello, bianco e nero, scomparso ai primi del Novecento e recentemente recuperato.
Si dice che il Pallagrello facesse letteralmente impazzire re Ferdinando di Borbone, che come è risaputo faceva coltivare a San Leucio le viti che riteneva più pregiate, in una zona dove i terreni erano già da secoli vocati alla viticoltura.
Lì, infatti, fece approntare un sesto di impianto di una vigna multi-varietà che contenesse i ceppi ritenuti più nobili e produttivi da lui scelti, organizzati a semicerchio in dieci braccia con un unico fulcro di partenza tale da costruire una raggiera che richiamava appunto la forma di un ventaglio.
Ferdinando, tra le varie qualità di uva presenti, prediligeva più di tutte quelle chiamate Piedimonte rosso e Piedimonte bianco, che oggi noi conosciamo come Pallagrello bianco e Pallagrello nero.
I vini ottenuti da queste uve non mancavano mai sulla sua tavola e nei pranzi di corte, visto che li riteneva eccelsi.
Il vitigno sia esso bianco che nero si presume di antichissima provenienza greca e deve il nome al chicco rotondo che richiama una pallina perfetta in dialetto localmente “pallarello”.
Il Pallagrello bianco e il Pallagrello nero rientrano nella Igt Terre del Volturno.
Il Pallagrello, quindi, si può considerare un vero e proprio “vino da Re”, ed è una splendida notizia che possa ritornare ad essere prodotto proprio nel territorio in cui si può dire che sia nato il suo mito “regale”.
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A Donnafugata Carla Fracci per battesimo del Floramundi
L’emozione dei grandi incontri che si ricordano tutta la vita e l’allegria per un “nuovo nato” a Donnafugata, il Floramundi.
A Marsala (Trapani), tra le mura delle cantine storiche di famiglia, è toccato alla danza scrivere una nuova pagina del dialogo tra arte e vino che, sin dalle origini, ha ricercato l’azienda siciliana.
Lo ha fatto coinvolgendo l’artista e la donna Carla Fracci, in una intervista intima ma anche giocosa, condotta da un’altra donna, quella del vino, Josè Rallo.
Accanto alla grande ballerina, il maestro e compagno di una vita, Beppe Menegatti, che, con la signora Fracci, ha ripercorso i momenti di una lunga carriera, costellata di grandi traguardi ma anche della necessità di assolvere al proprio “destino artistico” con totale dedizione e sacrificio.
Di fronte a una platea di giornalisti, amici e collaboratori dell’azienda, l’interprete di tanti ruoli diventati con lei leggendari, ha attraversato la sua vita d’artista e di donna, ricordandone i momenti più belli o insoliti e inusuali.
La più grande ballerina italiana di tutti i tempi ha sempre creduto nella sua missione di promozione dell’arte ovunque, dai grandi teatri del mondo, sino ai piccoli teatri di provincia. Leggi il resto di questo articolo »
La truffa corre lungo i filari della Francia
La truffa corre lungo i filari e, questa volta, non tra quelli del Belpaese.
A finire al nella bufera è la Francia, con un nome ed un cognome ben preciso sulla graticola, svelato dal magazine online “Vitisphere” (www.vitisphere.com), quello di Yanka Ferrer, commerciante di vino a capo della società Signe de Terres, accusato di aver venduto, ad alcuni dei maggiori produttori di Bordeaux, 4.200 ettolitri di vino della Languedoc spacciato appunto per vino della Gironda.
Tra gli acquirenti, spiccano i nomi del gruppo Castel, ma anche di Grands Chais de France, Grands Vins de Gironde e della prima cooperativa girondina, la Cellier Vinicole du Blayais.
A svelare il sistema, in realtà molto più complesso di quanto possa sembrare a prima vista, un’inchiesta partita già nel 2014, da cui è emersa la falsificazione dei documenti d’accompagnamento di diverse transazioni, che avrebbe impedito la tracciabilità dei vini.
Di questi 4.200 ettolitri, tra il 2012 ed il 2014 1.300 sono finiti sul mercato come Bordeaux Aoc, 700 come Bordeaux Supérieur, altrettanti come Pomerol, 600 come Margaux, 350 come Pauillac, e 100 come Saint Julien, vini e cru quotati, in media, 10 volte più dei vini della Languedoc …
www.winenews.it – 23/11/2017
Gualtiero Marchesi e Le Donne del Vino, contro il soffocamento a tavola
La settecentesca residenza nobiliare Palazzona di Maggio a Ozzano dell’Emilia (Bo), ha accolto numerose Le Donne del Vino italiane, lo scorso 16 novembre, per un appassionato tributo al maestro Gualtiero Marchesi, insignito del riconoscimento di “Personaggio dell’anno”, dall’Associazione Nazionale Le Donne del Vino.
Una giornata interamente dedicata al tema del soffocamento a tavola, progetto promosso per primo dal maestro Marchesi nel 2015, con iniziative di formazione rivolte agli addetti alla ristorazione, e il primo corso realizzato il 18 marzo 2015 che ha riguardato i responsabili di 9 ristoranti, un protocollo indispensabile che consente di salvare adulti e soprattutto bambini, durante i pasti, grazie a una corretta preparazione degli alimenti da parte degli chef e la tempestiva attuazione della disostruzione.
Un impegno sottoscritto dalle Donne del Vino, a promuovere questo importante progetto facendo proprie le pratiche di anti-soffocamento, cogliendo il testimone, e adoperandosi a divulgarne l’importanza in tutta la Penisola, attraverso le delegazioni regionali delle Donne del Vino.
“La formazione di chi lavora nei ristoranti Leggi il resto di questo articolo »
Rinasce il Prosekar, sul Carso nel borgo di Prosecco
Potrebbe essere partito da Trieste, nel 1886, il fiume di Prosecco che oggi, con centinaia di milioni di bottiglie, inonda i cinque continenti.
Il 5 novembre di quell’anno, al cantiniere della nave “Pandora” del Lloyd austro-ungarico, in partenza per Hong Kong – racconta lo storico triestino Fulvio Colombo – un deputato austriaco dell’epoca, Ivan Nabergoj, affidò cento bottiglie di “Prosekar”, nome sloveno del vino Prosecco.
Fu un successo clamoroso fin dal primo momento: in pochi giorni il cantiniere della “Pandora” raccolse a Hong Kong ordini per 12.000 bottiglie di Prosekar/Prosecco, ma di quegli ordini, poi, si è persa ogni traccia.
Quello che, invece, non si è perso è il racconto del metodo di produzione di quel vino, diverso sia dal metodo francese con il quale si produce lo champagne, sia da quello “charmat” con il quale, in grandi autoclavi, si producono oggi tonnellate di Prosecco.
Per quel vino si seguiva un metodo originale, Leggi il resto di questo articolo »
Il vino più antico ha ottomila anni
Ha ottomila anni, mille in più di quanto ritenuto in precedenza.
E’ il vino più antico. Le sue tracce, che risalgono al Neolitico, sono state scoperte nei frammenti di otto vasi in terracotta rinvenuti in Georgia, nel Caucaso meridionale.
Annunciata sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), la scoperta si deve ai ricercatori coordinati da David Lordkipanidze, del Museo Nazionale Georgiano.
“Crediamo che questo sia il più antico esempio della produzione del vino e quindi della coltivazione della vite”, ha rilevato uno degli autori, Stephen Batiuk, dell’università canadese di Toronto.
I frammenti di otto grandi giare, simili a quelle che ancora oggi vengono usate nella regione per conservare il vino, risalgono al 6.000 a.C e sono state rinvenute in due siti archeologici chiamati Gadachrili Gora e Shulaveris Gora, a circa 50 chilometri dalla capitale Tbilisi.
Analizzando i resti di terracotta, presso i laboratori dell’università americana della Pennsylvania, i ricercatori hanno identificato le impronte digitali del vino, che consistono in quattro composti chiave che sono gli acidi tartarico, malico, succinico e citrico.
Finora le tracce più antiche del vino mai scoperte erano quelle risalenti al 5.000 a.C e rinvenute in Iran, nei Monti Zagros. La scoperta dimostra, invece, che la produzione del vino era praticata almeno mille anni prima nella regione del Caucaso meridionale, al confine tra Europa orientale e Asia occidentale.
Altre indagini archeologiche indicano che la vite era abbondante in tutta la regione dove sono stati scoperti i frammenti dei vasi. In quest’area, secondo i ricercatori, la pianta, nel Neolitico, aveva trovato un ambiente dal clima mite, simile a quello delle regioni dell’Italia e della Francia meridionale dove oggi vengono prodotti vini pregiati.
“La coltivazione della vite nel Neolitico – ha detto Batiuk – ha portato alla nascita di una cultura del vino in tutta la regione”.
www.rainews.it – 13/11/2017
Ao Yun, il vino di lusso del Tibet che rallegra i conti di Arnault
Si racconta che il sogno di Bernard Arnault, azionista di riferimento nonché Presidente e Ceo di Lvmh, sia quello di far degustare il suo Ao Yun al presidente Xi Jinping: un baloon di Cabernet Savignon e Cabernet Franc per suggellare la definitiva pace tra il governo cinese e il Tibet.
Ao Yun, l’ultimo nato tra i prestigiosi vini dell’impero Lvmh, cresce infatti proprio in Tibet, tra i 2.200 e i 2.600 metri d’altezza. Un vino unico. Un vino raro. E anche di eccellenza a livello gustativo.
Ao Yun, primo vino cinese commercializzato sul Liv-ex, l’indice inglese del mercato secondario, movimentato da intenditori e collezionisti ha già fatto registrare un’impennata di scambi: a partire dal settembre del 2016, si è registrato trading a raffica, con una media di prezzo per sei bottiglie del millesimo 2013, la prima annata, circa 1.600 sterline, ai valori correnti circa 1800 euro.
In pratica 300 euro a bottiglia. Il prezzo di uscita sul mercato è fissato a 250 euro. Presentato a Pechino, Ao Yun, che significa nuvola fiera, ha riscosso molti consensi, ma ha anche scatenato le critiche.
“L’imperialismo del vino cinese di Lvmh”, così ha titolato Wine Searcher un articolo in cui ha raccolto i commenti più velenosi. «Poche persone pagherebbero così tanto per un vino cinese dello Yunnan», ha dichiarato Emma Gao, enologa formata a Bordeaux, proprietaria della Silver Heights, una cantina di produzione a Ningxia: «Molte cantine cinesi stanno producendo vini di qualità da oltre dieci anni ha detto- l’idea che Lvmh possa adesso presentare il vino come ‘il primo di lusso cinese’ mi pare un po’ offensiva e imperialista ».
«Un prezzo ridicolo, Leggi il resto di questo articolo »
Alla scoperta della Slovenia lungo i suoi vitigni
Il vitigno Rebula è come le donne slovene, deciso e diretto: è sicuro di sé, è verità e sensualità. È bellezza. Per troppi anni, e forse tuttora, parlando della Ribolla, Rebula per gli sloveni, il primo pensiero è la linea di confine che separa due Paesi, uniti, però, da uno stesso territorio vinicolo: il Collio Goriziano del Friuli Venezia Giulia e il Brda sloveno che si fondono.
Ma chi ha detto che la Ribolla deve avere una bandiera? Se le frontiere non esistono per i sentimenti, non possono esistere neanche per il vino, che di più prezioso ha il mistero. Non è dato sapere come sarà una bottiglia finchè non la si stappa.
È capitato che andassi in Slovenia per assaggiare la carne degli orsi che la popolano, per sedere alla tavola della celebre cuoca Ana Ros (ristorante Hiša Franko) o per inebriarmi nelle romantiche ville attorno al Lago di Bled. E se il viaggio fosse invece scelto per scoprire la sua esistenza enoica? Detto fatto.
Addio ai confini
È stata organizzata la prima International «Rebula Masterclass» nell’antica Vila Vipole Leggi il resto di questo articolo »
Addio a Lorenzo Gancia, il re delle bollicine «Made in Italy»
Lorenzo Vallarino Gancia, 87 anni, scomparso a Canelli, in provincia di Asti, dopo una lunga malattia, non era considerato soltanto il re delle bollicine italiane. Ultimo proprietario della storica azienda, venduta ai russi nel 2012, con il suo spumante Gancia ha fatto conoscere il Piemonte dei vini in tutto il mondo
E poi si è impegnato in prima persona perché la sua terra, percorsa da centinaia di chilometri di cunicoli sotterranei, le «cattedrali», fosse riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco, nel 2014.
Legato alla sua terra, alle tradizioni contadine e e al suo passato, Lorenzo Gancia ha però saputo guardare al futuro, quando 5 anni fa decise di vendere il gruppo fondato nella metà dell’Ottocento alla multinazionale Russian Standard, intuendo che la famiglia da sola non avrebbe retto alla competizione globale.
Oggi viene celebrato come «simbolo del successo dello spumante piemontese», come ricorda l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero, la sua azienda era «punto di riferimento per il mercato della spumantizzazione italiana».
Era «uno dei più famosi capitani di ventura del vino italiano, promotore della cultura enologica del nostro Paese», Leggi il resto di questo articolo »