Curiosità

Botti per vino o acqua: un aggiunta decorativa e sostenibile per il giardino

In un mondo in cui la consapevolezza ambientale è diventata una priorità, trovare modi per rendere il nostro ambiente più sostenibile è fondamentale. L’utilizzo delle botti di vino è una soluzione pratica e affascinante che unisce la funzionalità ad un tocco estetico ai giardini. Nell’articolo di oggi, scopri come questi particolari oggetti possono aggiungere fascino decorativo e sostenibilità al tuo giardino.

Storicamente, le botti per il vino o per l’acqua sono state utilizzate per raccogliere e immagazzinare l’acqua da utilizzare in molti modi. Una pratica che risale all’antica Roma e alla Grecia, dove contenitori di ceramica o argilla conservavano l’acqua potabile.

le botti per l’acqua sono progettate per trattenere l’acqua piovana che normalmente scorrerebbe dal tetto e dalle grondaie. Un sistema di raccolta convoglia l’acqua piovana nella botte, dove viene conservata per un utilizzo futuro. Un dispositivo di filtraggio impedisce l’ingresso di detriti e foglie, garantendo che l’acqua conservata sia pulita e pronta per l’uso.

La scarsità d’acqua è senza dubbio una preoccupazione globale che colpisce il mondo intero. Con la crescente domanda di acqua pulita e i continui cambiamenti climatici, è fondamentale trovare modi più efficaci per conservare questa preziosa risorsa.

L’utilizzo di queste botti è una soluzione semplice, pratica e sempre più apprezzata. Ecco diversi motivi per considerare di avere una botte per l’acqua in giardino: Leggi il resto di questo articolo »

Vino, Franciacorta; colore rosè sarà determinato con metodo scientifico

Modificato il Disciplinare, si potrà anche avere vigne oltre i 550 mt.

“Introduciamo nel Disciplinare la determinazione del colore dei vini rosati attraverso un metodo scientifico. Noi non determineremo un colore unico, ma un recinto all’interno del quale il Franciacorta può essere definito ‘Rosé’: è chiaro che continueremo ad avere quello più rosso, quello più giallo o quello un po’ più arancione, perché dipende dai vigneti, dall’annata e dallo stile di ogni azienda.

Ci sono e ci saranno delle differenze che sono sicuramente un valore, ma poter determinare il colore con un metodo oggettivo è sicuramente una possibilità importante”. Lo ha annunciato oggi il presidente del Consorzio Franciacorta, Silvano Brescianini, nel corso di un incontro dedicato alle modifiche al Disciplinare di produzione della Denominazione che si è tenuto nell’ambito degli eventi della “Milano Wine Week”.

“Fino ad oggi la correttezza del colore veniva stabilito dalla Commissione degustazione guardando il bicchiere, ma dato che l’interpretazione dell’uomo è per definizione soggetta ad errore, poteva succedere che i degustatori non fossero d’accordo tra loro e si apriva una discussione” ha ricordato Brescianini, sottolineando che “ci stiamo lavorando da 15 anni, da quando Davide Camoni (direttore del laboratorio di Enoconsulting, ndr) ci propose di utilizzare questo sistema che poi è diventato anche il metodo ufficiale OIV. Oggi, dopo un lungo e faticoso percorso, è un fatto – ha concluso – e io credo che servirà non solo a noi ma a tutto il mondo del vino e sono convinto che nei prossimi anni sarà utilizzato da tante altre Denominazioni”.

https://www.pozzuoli21.it – 10/10/2023

Piace il vino irlandese a base di frutti di bosco

Con il clima che cambia la coltivazione della vite si sta spostando verso nord e sale anche di altitudine. Ma nonostante questo, Paesi come l’Irlanda non figurano certo nella mappa mondiale della produzione vinicola. Eppure anche dalle parti di Dublino si parla di vino locale… solo che non è fatto partendo dai grappoli d’uva, ma con altra frutta più adatta al clima freddo e umido dell’isola, come i frutti di bosco.

Dieci anni fa Brett Stephenson assieme alla moglie Pamela Walsh ha avuto questa intuizione e ha così fondato la Wicklow Way Wines nell’omonima contea che si affaccia sul Canale di San Giorgio: dalla frutta irlandese hanno iniziato a produrre vini unici e pluripremiati Leggi il resto di questo articolo »

Il rito antico che lega l’Alto Adige al vino nuovo

L’autunno in Alto Adige ha un profumo definito, quello del vino nuovo: mentre il paesaggio cambia e si colora di sfumature dalla calda dolcezza, le tradizioni più antiche riprendono vita e si perpetuano nel volgere della stagione. Così ogni anno si celebra il rito del Törggelen: il termine deriva dal latino torquere, torcere, con riferimento al torchio in legno usato per la spremitura dell’uva nelle cantine. E dai primi di ottobre fino all’inizio dell’Avvento in Alto Adige le porte dei masi si spalancano per accogliere nelle stuben (quei caratteristici locali dominati da una grande stufa, dalle pareti rivestite in legno) chi vuole assaggiare il nuien, il vino nuovo, e il siaße, il mosto d’uva.

Il clima è quello di una festa, e le bevande sono accompagnate da ottimo cibo locale. Le cantine e i Buschenschank, le tipiche osterie contadine, si animano dei sapori della cucina locale: le mezzelune ripiene, i crauti e i canederli anticipano il gran finale con le caldarroste, servite ancora calde con burro e con gli immancabili krapfen, deliziosi dolci fritti farciti con marmellata di papavero, di albicocche o di castagne. La passeggiata per muoversi in una sorta di pellegrinaggio da un’osteria all’altra è parte del rito, che può durare anche un’intera giornata tra boschi e coltivi: l’aria frizzante mette fame, il movimento aiuta e i colori della stagione incantano.

Si tratta di una tradizione antica, che risale probabilmente al medioevo, Leggi il resto di questo articolo »

Nel deserto israeliano rinasce un vino di oltre mille anni

Fare vino nel deserto è possibile, ma se si utilizzano i vitigni autoctoni tutto ha un altro sapore. Un’ultima straordinaria esperienza in questo senso viene da Israele. Il deserto del Negev, splendido contesto naturalistico e meta di turismo da tutto il mondo, dopo secoli torna a ospitare due tipologie di vitigno molto antiche. Merito di un progetto di recupero condotto dalle Università di Haifa e di Tel Aviv, in collaborazione coi maggiori enti di archeologia israeliani.

Lo scorso 13 settembre, all’interno del parco nazionale di Avdat, attualmente patrimonio dell’Unesco, gli esperti hanno potuto assistere al reimpianto delle uve Sariki (rossa) e Beer (bianca), originate dai semi provenienti dai ritrovamenti durante gli scavi archeologici condotti nel 2017 proprio ad Avdat, rinomato centro di produzione di vino tra il quarto e il settimo secolo dopo Cristo. Una notorietà tale da far sì che i vini di queste aree, governate dai bizantini, fossero apprezzati anche in Inghilterra.

I reimpianti vitati sono stati realizzati lungo il cosiddetto “sentiero dei torchi”, Leggi il resto di questo articolo »

Il primo vino in brick nel mondo spegne 40 candeline

Ci sono compleanni speciali, cifre tonde che segnano traguardi raggiunti, ricordando momenti indimenticabili. Quarant’anni sono un avvenimento importante che il Tavernello, il vino più bevuto d’Italia e uno dei marchi più conosciuti, ha festeggiato con una serata speciale allo stabilimento Caviro di via Zampeschi, a Forlì.

Era il 1983 quando Caviro, cooperativa agricola nata a Faenza per valorizzare la produzione vinicola locale, portò il Tavernello sul mercato. E’ stato il primo vino in brick del pianeta, un prodotto destinato a rivoluzionare per sempre il modo di intendere il vino, oggi esportato in oltre 40 paesi nel mondo.

Il Gruppo Caviro, realtà che oggi rappresenta 11.650 soci e 37.000 ettari vitati per un totale di 600.000 tonnellate di uva prodotta (l’8,5% della produzione nazionale), ha scelto di celebrare questo traguardo a Forlì, città che ospita le Cantine di Caviro. Gli ospiti hanno potuto degustare vini attraverso il Tavernello ForTy Party, ma anche vedere come nascono attraverso visite guidate alla cantina. Gran finale con lo spettacolo del comico Raul Cremona.

La serata, che si è svolta in un’ampia area verde, fiore all’occhiello della sede, aveva l’obiettivo di far conoscere alla comunità locale tutto il mondo che ruota intorno a Tavernello, a partire dall’attività della cantina sino ad arrivare ai tanti vini Caviro.

https://www.forlitoday.it – 08/09/2023

La maratona più golosa del mondo

42 chilometri di corsa assaggiando ostriche, vino e formaggi.

La goliardica Marathon des Châteaux du Médoc attraversa la regione vinicola francese ed è giunta alla 37esima edizione. Diecimila partecipanti e, lungo il percorso, 23 stand per le degustazioni

Immaginate Batman, Capitan America, Marylin Monroe, oppure Ratatouille ed Elton John con una pettorina da gara correre per oltre 42 chilometri. E destreggiarsi, oltre che con le scarpette da corsa, anche con vino, ostriche e manicaretti di ogni genere.

Sono i supereroi, in più di un senso e non solo figurato, della Maratona del Medoc. L’unica corsa al mondo che oltre alla competitività sportiva – decisamente non la protagonista – ha come ingredienti fondamentali l’amicizia, la goliardia e la gastronomia.

https://www.repubblica.it – 31/08/2023

La nuova vita del Marsala

Una storia che inizia nel 1978, quando Marco, fresco di una laurea in agronomia, subentra alla madre Josephine nella conduzione del baglio Samperi, proprietà della famiglia da oltre due secoli. Lì nasce il mito moderno di Marco de Bartoli, personalità prorompente, capace di rivitalizzare una tradizione, quella del Marsala, mai così slegata da ingombranti relitti. Un vino che negli anni Settanta era sacrificato a logiche di commercializzazione di massa, che invece Marco, testardamente, riprende per mano grazie alla reintroduzione del metodo Solera (o Soleras), il perpetuo, l’unico a suo avviso capace di raccontare correttamente una tradizione territoriale, parlando il linguaggio evolutivo del tempo.

All’inizio, in un panorama di vini “conciati” e fortificati, viene criticato ed osteggiato, fino ad essere accusato di sofisticazione. Uscito dalla crisi prosciolto e rinvigorito, ha la soddisfazione di vedere le sue intuizioni affermarsi rapidamente. Lo scenario, inutile sottolinearlo, è quello di Marsala, terra di uomini e donne dalle usanze antiche, inscindibili dalla campagna.

Una tradizione che Marco ha sempre incarnato, e che dopo la scomparsa continua a vivere nel lavoro impeccabile dei figli Josephine (che porta il nome della nonna), Renato e Sebastiano, attraverso la produzione di tanti vini iconici, che hanno al centro, in varie interpretazioni, Grillo e Zibibbo, varietà da sempre fondamentali, con il più recente Catarratto. (Riuscitissime) versioni passite, secche, spumantizzate, con la recente introduzione dell’anfora in vinificazione – per il progetto dello Zibibbo di Pantelleria, che si affianca al Moscato del Bukkuram – capaci di rendere la cantina, che conta circa 19 ettari vitati, una delle più sorprendenti realtà del fascinoso viaggio vitivinicolo peninsulare, ideale punto di contatto tra sapienza artigianale e controllo, tutto moderno, del processo. Sopra tutto, il rispetto supremo per quella magica bevanda che chiamiamo vino.

https://espresso.repubblica.it – 28/08/2023

Dal Rinascimento ad ora, le buchette di vino in mostra a Firenze

Una mostra racconterà dal 2 al 16 settembre la vera storia delle buchette di mescita del vino fiorentine, dal Rinascimento ad oggi.

La rassegna, con reperti originali, esemplari scomparsi e una ricostruzione della “stanza del vinaio”, sarà allestita al Palagio di Parte Guelfa, a Firenze, con orario 10-18 e organizzata dall’associazione culturale Buchette del vino.na mostra racconterà dal 2 al 16 settembre la vera storia delle buchette di mescita del vino fiorentine, dal Rinascimento ad oggi.

La rassegna, con reperti originali, esemplari scomparsi e una ricostruzione della “stanza del vinaio”, sarà allestita al Palagio di Parte Guelfa, a Firenze, con orario 10-18 e organizzata dall’associazione culturale Buchette del vino.

Dalle buchette nei muri dei palazzi – di solito corrispondenti alle cantine – il vino veniva venduto ai passanti in strada.
“Dal Cinquecento ad oggi – spiega il presidente Matteo Faglia – la presenza nelle facciate dei palazzi fiorentini dei caratteristici finestrini adibiti alla vendita del vino a fiaschi ha caratterizzato la quotidianità dei cittadini. Nella mostra viene riproposta l’esperienza di questa tradizione nella ricostruzione di una cantinetta – la “stanza del vinaio” – dotata di buchetta del vino; vengono esposti reperti originali tra cui una cornice in pietra rimossa dalla facciata di un palazzo, un’antica porta con sportello per la vendita del vino, fiaschi di diverse epoche, oltre a video-proiezioni e schermi interattivi con le referenze delle oltre 300 buchette finora scoperte in Toscana e un altro centinaio di esemplari scomparsi”.
Nell’esposizione anche una postazione di touch screen per la consultazione libera delle mappe interattive con link ai file di Open Data del Comune, nei quali sono elencati tutti i finestrini del vino oggi esistenti e quelli che, pur scomparsi, risultano documentati. Molti gli eventi collaterali nelle vie della città: mini-visite guidate alle buchette, aperitivi musicali davanti ai locali “con buchetta”, ciclo-tour nel centro storico.

https://www.ansa.it – 28/08/2023

Vini dell’Etna, una sorpresa tutta da scoprire: eleganti a nord, intensi a sud

La storia dei vini dell’Etna è antica e al tempo stesso recente: è solo dagli anni ’90, infatti, che sono stati riscoperti e recuperati vigneti che erano stati abbandonati nel corso del ‘900, all’epoca del boom industriale.

Ma è importante sapere che i vini dell’Etna hanno caratteristiche ben diverse a seconda del versante (nord o sud) da cui provengono le uve con cui sono prodotti.

Se infatti le varietà d’uva autoctone dell’Etna, principalmente il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio, sono predominanti sia sul versante nord che su quello sud, i vini ottenuti da queste uve presentano caratteristiche differenti (e uniche) a seconda delle zone di provenienza. Riflettendo le diverse influenze climatiche e geografiche, dal momento che il terreno e il clima giocano ruolo fondamentale nella loro formazione.

Il versante nord gode di una maggiore esposizione alle fresche brezze marine provenienti dal Mar Ionio. Questo contribuisce a temperature più moderate e a una maturazione più lenta delle uve. I terreni vulcanici, ricchi di minerali, conferiscono ai vini del versante nord una nota di mineralità e una struttura elegante. Ne risultano prodotti che tendono a essere più sottili, con una struttura delicata e un’elevata acidità. Questi vini possono offrire aromi di ciliegia, fragola e note terrose, con un tocco minerale.

D’altro canto, il versante sud Leggi il resto di questo articolo »