Ao Yun, il vino di lusso del Tibet che rallegra i conti di Arnault

Si racconta che il sogno di Bernard Arnault, azionista di riferimento nonché Presidente e Ceo di Lvmh, sia quello di far degustare il suo Ao Yun al presidente Xi Jinping: un baloon di Cabernet Savignon e Cabernet Franc per suggellare la definitiva pace tra il governo cinese e il Tibet.

Ao Yun, l’ultimo nato tra i prestigiosi vini dell’impero Lvmh, cresce infatti proprio in Tibet, tra i 2.200 e i 2.600 metri d’altezza. Un vino unico. Un vino raro. E anche di eccellenza a livello gustativo.

Ao Yun, primo vino cinese commercializzato sul Liv-ex, l’indice inglese del mercato secondario, movimentato da intenditori e collezionisti ha già fatto registrare un’impennata di scambi: a partire dal settembre del 2016, si è registrato trading a raffica, con una media di prezzo per sei bottiglie del millesimo 2013, la prima annata, circa 1.600 sterline, ai valori correnti circa 1800 euro.

In pratica 300 euro a bottiglia. Il prezzo di uscita sul mercato è fissato a 250 euro. Presentato a Pechino, Ao Yun, che significa nuvola fiera, ha riscosso molti consensi, ma ha anche scatenato le critiche.

“L’imperialismo del vino cinese di Lvmh”, così ha titolato Wine Searcher un articolo in cui ha raccolto i commenti più velenosi. «Poche persone pagherebbero così tanto per un vino cinese dello Yunnan», ha dichiarato Emma Gao, enologa formata a Bordeaux, proprietaria della Silver Heights, una cantina di produzione a Ningxia: «Molte cantine cinesi stanno producendo vini di qualità da oltre dieci anni ha detto- l’idea che Lvmh possa adesso presentare il vino come ‘il primo di lusso cinese’ mi pare un po’ offensiva e imperialista ».

«Un prezzo ridicolo, non credo che in Usa possa trovare un mercato un vino cinese che superi i 30 dollari al dettaglio», incalza sempre su Winesearcher Bartholomew Broadbent, della Broadbent Selection, prima società a importare in America un vino cinese, il Dragon’s Hollow.

Veleni e premi. John Stimpfing di Decanter gli ha dato 94 punti su 100, e si tratta di una di quelle guide che, come si dice, fanno il mercato. Molti enologi e wine maker sognano di trovare un nuovo territorio dove produrre un grande vino. Maxence Dulou, direttore della tenuta, ci è riuscito.

I vigneti Ao Yun si trovano alle pendici della montagna sacra Meili, in un terroir unico: 314 piccole vigne su circa 30 ettari sparsi attorno all’area dello Shangri-La, governate da 120 famiglie che fanno tutto a mano. Famiglie contadine, che vivono di allevamento e coltivazioni, e usano concimi naturali. Un’etichetta più che biologica.

Innovare, nel vino e nei liquori, non è impresa facile. Ma Lvmh ha una direzione specifica riservata allo sviluppo dei nuovi business, guidata da Jean Sebastien Philippe. E il settore wine&spirit anma i bilanci di Arnault: la crescita organica nei primi 10 mesi del 2017 è stata del 10% sullo stesso periodo del 2016, a 2,2 miliardi di euro.

Rosso intenso, profondo, tra note di cannella e liquirizia, menta e cedro, cuoio e grafite, su uno sfondo di frutti rossi, Ao Yun 2014, seconda annata appena in commercio, è il matrimonio perfetto tra mineralità e acidità, dolcezza e alcol. Frutto di un clima simile a quello di Bordeaux, ma d’alta montagna. Le vette proteggono l’area dai monsoni. I vigneti non godono di grande assolazione, ma i raggi del sole sono più forti e le stagioni più secche.

www.repubblica.it – 23/10/2017

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