Alba, scrive 10mila lettere a mano per promuovere il vino che produce

Marketing, customer care, brand content: tutte parole d’ordine per chi vuole condurre un’azienda al passo con l’esigenza dell’economia 2.0. Valter Isnardi, contadino e viticoltore piemontese ha tradotte a suo modo il frasario dal freddo linguaggio anglofilo: ha passato mesi scrivendo di suo pugno 10mila lettere ad altrettanti potenziali clienti scelti a caso sull’elenco del telefono per promuovere il vino, la frutta e gli ortaggi della sua terra.

E per spiegare come è nata questa promozione che pare un viaggio all’indietro sulla macchina del tempo, Valter fa ricorso alla schiettezza del contadino: «Internet ha un po’ rotto le balle…».

Attenzione, però: il buon Isnardi è tutt’altro che nemico della tecnologia e della comunicazione digitale: «Ho una pagina facebook per la mia azienda, uso WhatsApp, per gli ordini chiedo di inviarmi una mail – racconta — ma a un certo punto ho deciso che occorreva uscire dall’anonimato, da un mondo dove sembriamo tutti uguali.

Ho pensato che un contatto diretto, personale, alla vecchia maniera, potesse funzionare meglio». E così, per mesi, rientrato dai campi, Valter con l’aiuto della moglie si è messo di buona lena a compilare lettere in bella calligrafia, a infilarle nella busta, ad appiccicare il francobollo , talvolta ad allegare qualche noce, a mo’ di assaggio.

Anche il lessico, oltre che il mezzo di comunicazione, sa di antico: «Salve, mi chiamo Isnardi Valter …ti ho mandato una decina di noci, se hai voglia di assaggiarle e ti piacciono te ne posso mandare un po’ a casa.

Se voi chiamami». Diretto, personale, alla buona: con lo stesso sistema Valter, 41 anni, fa sapere che dalla sua azienda di Castagnito, a pochi chilometri da Alba e che si chiama “Brunomaycol” escono anche ottime bottiglie di Dolcetto, Roero e Barbera. A volte, fa ricorso anche al dialetto piemontese.

A quante missive siamo arrivati, Valter? «Credo a diecimila, poi ho smesso; riprenderò quando farà un po’ più fresco e avrò più tempo». Come vengono scelti i destinatari? «Apro l’elenco del telefono, scelgo i cognomi che mi piacciono, a volte mi concentro su alcune città: ho provato Torino, Imperia, Padova…oppure mi oriento su determinate categorie.

Ho provato con gli avvocati, pensavo fossero buoni clienti, non mi ha risposto manco uno…». Ma più in generale il sistema funziona? «Per fortuna sì; certo non bisogna giudicare nel breve periodo perché altrimenti sei in perdita ma nel giro di un paio d’anni penso che i risultati arriveranno. Occorrono tempo e pazienza, lo stesso per tirare fuori dalla terra il cibo e il vino buoni». Ma le lettere sono tutte uguali? «Più o meno sì, solo piccoli cambiamenti…»

Poi occorre raccontare come è nata l‘idea di tornare a carta e inchiostro nell’epoca della condivisione e dei social network? «Perché occorre tornare un po’ all’antico, se vogliamo far capire alla gente quali sono i prodotti buoni.

Diciamocelo: internet è utile ma un po’ ha rotto le balle, sembra tutto uguale». E così Valter Isnardi ha voluto distinguersi dagli altri lavorando sulla lentezza per almeno un paio di buone ragioni. «Per fare il vino buono servono tempo e denaro, quello che costa poco non vale. La gente deve capire che se mangia bene, campa più a lungo.

E poi perché la terra deve continuare a vivere, è la cosa più importante. Io l’ho imparato da mio padre, da cui ho ereditato l’azienda. Mi diceva che ser possiedi la terra, anche se arriva una guerra non muori di fame. Ora, la guerra non arriverà, però a quell’insegnamento sono rimasto affezionato».

www.corriere.it – 13/04/2017

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