L’effetto kokumi nei vini

Un team della Fondazione Edmund Mach ha scoperto la presenza di composti kokumi nei vini, capaci di arricchire il gusto e di amplificare le sensazioni sensoriali. Fulvio Mattivi, a capo dello studio, ci spiega il potenziale di queste sostanze e il loro ruolo nella percezione del vino.

Negli ultimi anni il mondo della ricerca ha investito molto per comprendere, da un punto di vista scientifico, la percezione che i consumatori hanno del vino, approfondendo anche le proprietà sensoriali meno conosciute, come il kokumi. Originario della cultura giapponese, il termine kokumi descrive dei composti che, pur non avendo un sapore specifico, amplificano e arricchiscono i gusti presenti, aumentando la persistenza e la complessità del vino. Fulvio Mattivi, ricercatore della Fondazione Edmund Mach, ci ha parlato dei risultati di una ricerca innovativa su questo effetto nei vini bianchi, in particolare nel Trentodoc.

Fulvio Mattivi, che cosa sono i composti kokumi e come influenzano la percezione del gusto?
“I composti kokumi sono sostanze che, senza avere un sapore specifico, amplificano i gusti già presenti. In Giappone sono conosciuti e utilizzati da tempo per arricchire il sapore di alimenti come brodi e zuppe, rendendoli più intensi e persistenti. Nel vino, l’effetto kokumi potrebbe spiegare perché alcuni vini, pur con composizioni chimiche simili, siano percepiti in modo diverso al palato”.

Perché il termine kokumi e cosa significa esattamente?
“Kokumi è un termine giapponese, proprio come umami, e descrive una sensazione di gusto che in Occidente non ha una parola equivalente. Kokumi rappresenta una sensazione di ‘pienezza’ o ‘volume’, una qualità che arricchisce e intensifica le altre sensazioni gustative senza aggiungere nuovi sapori”.

Ci può fare un esempio di effetto kokumi?
“Pensiamo a formaggi stagionati, Leggi il resto di questo articolo »

Summit sul vino tra opportunità e minacce

Spumanti tarocchi, “vino” dealcolato e fondi per la ricerca. Questi, alcuni degli argomenti trattati settimana scorsa a Torino, in occasione della Consulta vitivinicola piemontese, che ha visto l’intervento di Monica Monticone, membro di giunta Coldiretti Piemonte con delega territoriale al settore vitivinicolo, nonché Presidente Coldiretti Asti.

“Fin da subito” ha spiegato la Monticone, “abbiamo richiamato l’attenzione sui prodotti tarocchi che si agganciano all’italian sounding. Mi riferisco, tra le altre, alla produzione di bevande vendute, soprattutto negli States, con nomi che evocano i nostri territori e vitigni, ma che niente hanno a che fare con i nostri spumanti; bevande che sfruttano gli stessi nostri formati di bottiglie e di packaging, pur trattandosi soluzioni tipo spumanti aromatizzati, prodotti con l’aggiunta di aromi, edulcoranti, coloranti, CO2 artificiale e alcool. Molte sostanze utilizzate, vietate nei vini di bandiera, conferiscono gusti fruttati originando descrittori molto diversi da quelli delle eccellenze enoiche italiane e piemontesi”.

Un’altra nota dolente discussa durante la Consulta ha riguardato i “vini” dealcolati (il virgolettato è d’obbligo, in quanto, ad oggi, non esistono vini privi di alcol), i cui processi di produzione si discostano completamente da quelli della tradizione enologica, giunta nel Bel Paese oltre 8mila anni fa. “Ciò che sta a cuore a Coldiretti è che queste potenziali versioni del vino, mai arrivino ad essere assimilate a do o igt” ha sottolineato la Monticone.

Tra i punti attenzionati, poi, quello riferito alle nuove tecnologie per digitalizzare il comparto, Leggi il resto di questo articolo »

Vino, Uiv: il Mef ha ritirato le norme relative ai vini dealcolati

Secondo quanto risulta a Unione italiana vini (Uiv), “il ministero dell’Economia ha ritirato le norme relative ai vini dealcolati recentemente inserite nella proposta di decreto legislativo in materia di accise”. Ora, superato l’impasse, per Uiv “è necessario che il ministero dell’Agricoltura approvi al più presto il decreto tenendo conto degli elementi principali già discussi con la filiera”. Tra questi, il processo di dealcolizzazione che dovrà avvenire in locali appositamente dedicati; il divieto della pratica per i vini Dop/Igp; considerare la soluzione idroalcolica residua (acqua di rete, tra il 95% e il 99,9%) come rifiuto e quindi non sottoposta ad accise. Uiv confida che nelle prossime settimane il Masaf possa convocare le organizzazioni per presentare la nuova proposta di decreto.

Unione italiana vini rileva inoltre come un Regolamento comunitario sancisca dal 2021 l’obbligo di chiamare questo prodotto “vino dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato”. Le imprese italiane chiedono perciò di poter operare alle stesse condizioni dei competitor europei, applicando la parola “vino” ai dealcolati.

https://askanews.it – 29/10/2024

I vini naturali sono solo un grande inganno

La dura replica di Riccardo Cotarella al vignaiolo Piero Riccardi

I vini naturali non esistono e rappresentano un grande inganno per i consumatori. Ancora una volta, sollecitato da decine di produttori, mio malgrado sono costretto a intervenire su una querelle, tra vini convenzionali e sedicenti naturali, che in verità non avrebbe alcun senso di esistere sotto il profilo puramente scientifico.
Nonostante le affannose teorie rappresentate da personaggi senza specifici titoli professionali in materia, come ad esempio risulta essere Piero Riccardi che, dopo una vita da sceneggiatore cinematografico e teatrale, da qualche anno si autoprofessa vignaiolo e portabandiera dei cosiddetti vini naturali. Il suo intervento su queste colonne merita una risposta puntuale in nome della verità e della scienza, altrimenti si corre il rischio di far passare per acclarati procedimenti che non hanno nulla a che fare con la viticoltura e l’enologia. Questo discorso, ovviamente, non coinvolge i vini biologici e, al limite, quelli biodinamici, perché comunque richiedono dei precisi processi scientifici.

Ma se il principio è quello di produrre vini a sentimento, di gestire i vigneti sulla base del sentito dire o di sperimentazioni fai da te o, basato su supponenze prive dei più elementari processi conoscitivi in materia di certi produttori, perché migliaia di ragazze e ragazzi ogni anno si dovrebbero affannare nelle università per apprendere i processi di glicolisi o comprendere come funziona la fermentazione alcolica? Perché dovrebbero passare notti insonni per memorizzare e capire a fondo l’acido acetico che ritroveremmo in totale prevalenza, quasi sempre ben oltre il limite che pone la legge, se lasciassimo che un grappolo d’uva facesse il suo corso naturale di trasformazione? Perché dovrebbero studiare che la fermentazione spontanea si attiva sulle basse gradazioni e che, invece, fa più fatica sulle alte? E sì, caro Riccardi, lo dicono anche le sacre scritture: il vino è frutto dell’uva e opera dell’uomo. Lei addita i lieviti selezionati come il male, ma ignora che servono soltanto per esaltare le caratteristiche dell’uva stessa e ci si ricorre solo in determinati contesti e non certo a prescindere. Questo lo sanno tutti gli enologi, ma a lei purtroppo sfugge.

E potrei continuare all’infinito a citare termini e processi scientifici Leggi il resto di questo articolo »

Ruchè, il vino che grida: “Viva il parroco!”

“Il Ruchè di Castagnole Monferrato è un vino che si distingue per le originali note floreali e speziate, che lo rendono inconfondibile, e per la capacità di dare vita a vini profumati e freschi in gioventù o complessi e strutturati nelle versioni invecchiate. Speciale è anche il significato che esso ha per il tessuto sociale locale: il Ruchè oggi rappresenta l’elemento identitario e l’attività economica più florida della bellissima area del Monferrato in cui ci troviamo”. Parole di Luca Ferraris, titolare della Ferraris Agricola, l’azienda da lui rilevata all’inizio del millennio, quando perfino nella vicina Torino nessuno conosceva questo vino, e che ha avuto un ruolo decisivo nella sua affermazione.

Ferraris non parla volentieri del suo passato, pur essendo la sua azienda di origini familiari. Preferisce concentrarsi sul futuro di un vino che è forse la sorpresa più piacevole dell’enologia piemontese contemporanea e che trae origine dal vigneto recuperato negli anni Sessanta da don Giacomo Cauda, parroco di Castagnole Monferrato, e a cui ora è dedicata una delle etichette di Ferraris. Leggi il resto di questo articolo »

Vino, la Freisa pinerolese è la migliore del mondo

La Freisa prodotta sulla collina pinerolese è la migliore del mondo. La Cantina Dellerba di Pinerolo, infatti, è stata premiata con la medaglia d’oro alla 32ª edizione del Mondial des vins extrêmes, il concorso enologico internazionale espressamente dedicato ai vini prodotti da viticoltura eroica.

Il vino che ha trionfato è il Doc Freisa Brigit Neir 2022, che si chiama così proprio per omaggiare la collina di Santa Brigida sulla quale crescono le vigne coltivate dalla famiglia Dellerba. È un territorio con una vocazione storica: già la famiglia Acaja utilizzava queste colline. Il Pinerolese Doc Freisa Brigit Neir 2022 vive un anno d’oro in questo 2024: è stato inserito, proprio in questi giorni, nella sezione “Vini da non perdere” della guida “Vinibuoni d’Italia”, raggiungendo la valutazione massima di quattro selle «per la sua piacevolezza, corrispondenza al vitigno ed equilibrio».

«Abbiamo unito un grande territorio con un grande vitigno: questo connubio ha permesso di creare un grande vino che sicuramente è solo all’inizio e farà parlare di sé – dicono i fratelli Alex e Andrea Dellerba, rispettivamente 32 e 27 anni – C’è ancora tanto da esprimere». Cantina Dellerba fa parte dell’associazione Più Freisa. Questa realtà permette l’incontro e il confronto con altri grandi produttori di Freisa che credono in questo vitigno che ha fatto la storia di Torino. Attualmente si scommette su una Freisa ferma, affinata in legno, Leggi il resto di questo articolo »

USA, in vigore le nuove regole sull’import di vino biologico

Da settembre 2024, negli Stati Uniti sono ufficialmente in vigore le nuove regole di certificazione sul vino biologico, che introducono un cambiamento significativo per l’import. Secondo queste norme, gli importatori che desiderano vendere vino biologico negli Stati Uniti devono ottenere una certificazione biologica anche se il vino è già stato prodotto e imbottigliato con certificazione biologica nel Paese di origine, in linea con le etichette riconosciute dall’USDA.

Queste disposizioni fanno parte del rafforzamento dell’applicazione del metodo biologico (Strengthening Organic Enforcement, SOE), annunciato a gennaio 2023. L’obiettivo principale è proteggere le aziende biologiche e i consumatori dalle frodi. In passato, solo i vigneti e le cantine responsabili della produzione e imbottigliamento del vino dovevano essere certificati biologici. Ora, questo requisito viene esteso anche agli importatori. Senza la certificazione, gli importatori non potranno commercializzare il vino come biologico negli Stati Uniti. In caso di violazioni, potrebbero incorrere in sanzioni che vanno dal blocco doganale a multe o ordini di cessazione dell’attività.

L’impatto sui piccoli importatori
Una delle principali preoccupazioni riguarda il potenziale impatto sproporzionato di queste nuove regole sui piccoli importatori. Molti di loro potrebbero non avere le risorse finanziarie necessarie per ottenere la certificazione biologica aggiuntiva, rischiando così di essere esclusi dal mercato del vino biologico. Ciò potrebbe indurre alcuni produttori europei a rinunciare all’etichetta biologica per i prodotti destinati agli Stati Uniti, riducendo l’offerta di vini biologici per i consumatori americani.

Le preoccupazioni per l’industria vinicola
La Wine and Spirit Wholesalers of America (WSWA) ha espresso preoccupazione per le conseguenze economiche che le nuove regole potrebbero avere sugli importatori e distributori di vino e alcolici. Se non verranno prese misure correttive, le aziende rischiano di vedere bloccata l’importazione dei loro prodotti, costringendo molti a riconsiderare i propri investimenti nel vino biologico proprio mentre la domanda dei consumatori per questo tipo di prodotti sta crescendo.

https://greenplanet.net – 08/10/2024

Scoperto nuovo lievito ecotipico per il vino Sangiovese

Un’importante scoperta nel settore vitivinicolo arriva dalla collaborazione tra la Cantina Vignaioli Morellino di Scansano e il Centro Ricerche CRISBA – I.S.I.S. Leopoldo II di Lorena di Grosseto. Gli studenti della classe 5A dell’indirizzo Enologia e Viticoltura del tecnico agrario, sotto la guida del professore Lorenzo Moncini, hanno selezionato un nuovo ceppo di Saccharomyces cerevisiae a partire dalle uve Sangiovese del vigneto Vigna Benefizio di Preselle, situato a Scansano, nel cuore della Maremma (Grosseto).

Il lievito selezionato è stato caratterizzato sia dal punto di vista genetico che tecnologico, con test effettuati in collaborazione con il CREA (Centro di Ricerca Viticoltura ed Enologia) di Asti. Il ceppo si è dimostrato particolarmente promettente, grazie alla sua capacità di fermentazione e alla tolleranza a carenze di azoto assimilabile. Queste caratteristiche lo hanno reso idoneo per la vinificazione su larga scala, come confermato dalla prova di fermentazione condotta su 200 ettolitri di mosto dalla cooperativa Vignaioli.

La Cantina Vignaioli Morellino di Scansano, con il suo presidente Benedetto Grechi, ha espresso grande soddisfazione per la collaborazione, sottolineando l’importanza di coniugare scienza e tradizione per valorizzare ulteriormente l’espressione territoriale del Sangiovese. “Speriamo che questa selezione di lieviti fatta direttamente nei nostri vigneti contribuisca a esaltare il carattere unico dei nostri vini”, ha dichiarato Grechi.

Il progetto rappresenta un importante passo avanti per la valorizzazione delle specificità locali nel settore vitivinicolo, puntando sui lieviti ecotipici. Questi microrganismi possono garantire un’elevata affidabilità tecnologica senza compromettere l’originalità sensoriale dei vini, come auspicato dall’iniziativa congiunta di Unioncamere e il Ministero dell’Agricoltura.

https://www.rossorubino.tv – 30/09/2024

Carlo Petrini: “inaccettabile ricorrere al caporalato e vendere a 50-60 euro una bottiglia di vino”

“Noi vogliamo sapere chi è che ricorre al caporalato per vendemmiare e produrre vino perchè non vogliamo comprarle quelle bottiglie”: a dirlo dal palco di Terra Madre Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, che, durante il suo intervento, ha citato il caso emerso la scorsa estate dei lavoratori sfruttati nelle Langhe durante la vendemmia.

“Ricorrere al caporalato su questa terra, vendere a 50-60 euro una bottiglia di vino e sapere che dietro c’è il caporalato è inaccettabile”, afferma.

I produttori, avverte Petrini, “non possono dire “noi paghiamo le cooperative”, non possono non sapere quanto li pagano, non possono lavarsene le mani.

Fortunatamente è una minoranza ma esige da parte nostra una risposta chiara, netta. Non è possibile tollerare una cosa di questo tipo”, conclude Petrini.

https://winenews.it – 26/09/2024

Le nuove evoluzioni del mercato del vino

I dati esposti da Denis Pantini affermano che il consumo del vino rosso in Italia è calato del 6% a favore delle “bollicine”, e dimostrano come l’esportazione di spumanti sia raddoppiata negli ultimi 10 anni (si è passati dal 17% al 25%) e sia in continuo aumento.

Dall’altro lato, tuttavia, va sottolineato che, rispetto ad una volta, il pubblico beve meno vino. Oltre ai motivi legati al calo della popolazione e quindi dei consumatori, gli esperti in sala hanno spiegato questo trend rilevando un cambiamento nelle abitudini delle famiglie italiane che non lo consumano più quotidianamente: aumenta infatti il consumo occasionale – magari in occasione di una cena di lavoro o di un incontro formale – a scapito di quello abituale o quotidiano.

Come ha spiegato Enrico Zanoni, se una volta il vino rosso era un elemento fisso al centro delle tavole e il pranzo o la cena costituivano un contesto di avvicinamento per i giovani, ora non è più così e le nuove generazioni lo sperimentano fuori casa e al posto del rosso, preferiscono lo spumante. A contraddistinguerli è anche l’approccio agli alcolici completamente diverso rispetto a quello tradizionale: sono molto più fluidi nei consumi, più attenti all’ambiente e alla loro salute, passano senza problemi da un drink ad un vino, pasteggiano con cocktail e sono curiosi sperimentatori di prodotti d’innovazione.

Il loro atteggiamento spiega la diffusione dei vini dealcolati o le alternative analcoliche che si stanno facendo strada nel nord dell’Europa e negli Stati uniti. Diversi i motivi alla base di queste scelte: si va, come ha sottolineato Giulia Caffiero, da decisioni legate alla prudenza (non si regge il vino o si deve guidare) a scelte dettate dalla salute. Un trend cui Zonin cerca di porre rimedio lavorando sulla consapevolezza e la conoscenza, attraverso l’Academy Zonin 1821: un percorso formativo in collaborazione con le università dedicato a singoli ma anche a partner commerciali, per la promozione della cultura vitivinicola.

Trentodoc Festival è promosso dalla Provincia autonoma di Trento e organizzato da Istituto Trento Doc e Trentino Marketing, in collaborazione con Corriere della Sera.

https://www.ufficiostampa.provincia.tn.it – 22/09/2024