Curiosità
Bolgheri, ecco la cantina-gioiello dentro l’ex cava: chi è il magnate che ha investito
Nomen omen, nel nome il destino, una locuzione che si attaglia come un abito su misura alla nuova cantina Meraviglia, delle tenute Meraviglia e Le Colonne, del magnate argentino Alejandro Bulgheroni. A pochi passi da San Vincenzo, nella parte sud della denominazione Doc Bolgheri, è stata costruita all’interno della cava di Cariola, dismessa negli anni ’80, e si affaccia sull’azzurro del mar Tirreno, circondata dalla macchia mediterranea e vigneti a perdita d’occhio.
Inaugurata ieri (giovedì 26 giugno), cantina Meraviglia è un’opera architettonica oltre che un luogo di produzione, e un progetto di recupero territoriale basato sulla sostenibilità ambientale. Costata oltre 23 milioni di euro, ha una capacità di 1.200 ettolitri per 95 ettari vitati. E sono servite 1.125 giornate lavorative per realizzarla. Un atto d’amore di una famiglia innamorata della Toscana. Alejandro Bulgheroni è uno degli uomini più ricchi del mondo: businessman argentino del settore petrolio e gas, è originario dell’Italia. Come ha ricordato nel discorso di inaugurazione, pronunciato in italiano, un suo bisnonno «è emigrato in Argentina da Como nel 1873». E in sud America ha fatto fortuna.
La passione per il vino, l’ingegner Alejandro la condivide con la moglie Bettina e i due figli. Possiedono cantine in Argentina, Uruguay (Bodega Garzòn), Australia, nella Napa Valley in California e a Bordeaux.
In Italia è approdato nel 2012, seguendo il cuore. Perché scegliere la Toscana? Leggi il resto di questo articolo »
Stesso nome, tanti volti: le mille spigolature della Grenache
“Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo”
L’assist per scrivere di uno dei miei vini/vitigni del cuore arriva nientemeno che da sua maestà Jancis Robinson, che ha recentemente pubblicato un articolo dedicato al futuro, roseo, delle Grenache australiane. «Sono sempre meno i vini che prendono a esempio la zona di Châteauneuf-du-Pape, il più famoso rosso francese a base di grenache», scrive.
«La maggior parte dei produttori australiani sembra oggi guardare alla Spagna e alle sue versioni “borgognone”», quindi giocate sull’eleganza più che sullo spessore, sulla freschezza più che sul calore. «I grappoli devono rimanere sulla pianta parecchio tempo per sviluppare sapore e tannini sufficientemente maturi, questo significa che trovare Grenache a bassa gradazione alcolica è una rarità», ma al tempo stesso «le Grenache australiane sono oggi pallide, aromatiche, fruttate e facili da bere piuttosto che grosse, robuste e audaci, sebbene vi siano delle eccezioni».
E ancora, un fattore importante nell’alleggerimento delle Grenache sia nella regione vitivinicola di Barossa Valley che di McLaren Vale, entrambe non lontane dalla città di Adelaide, «è stato il passaggio dalla maturazione in piccole barrique di rovere nuove, come quelle utilizzate a Bordeaux e in Borgogna, che possono concentrarne gli aromi, all’utilizzo di botti molto più vecchie e grandi o, sempre più spesso, alla maturazione del vino in vasche di cemento, recipienti di terracotta o persino contenitori di ceramica a forma di uovo».
L’origine della grenache è incerta, Leggi il resto di questo articolo »
Nasce Il Manifesto di Noto, non solo vino ma anche cultura
Continua l’evoluzione del programma “Wine is a contemporary story”, lanciato all’ultima edizione di Vinitaly dall’azienda Planeta come atto di riflessione sull’identità e sul ruolo del vino contemporaneo.
Alla tenuta Planeta Buonivini a Noto, in occasione del lancio ufficiale di Costellazioni d’Arte – progetto che intreccia arte, paesaggio e identità e che si è arricchito quest’anno di una nuova opera di Vanessa Beecroft – si è tenuta una giornata di incontri che hanno visto protagonisti importanti attori del mondo del vino italiano.
Al termine della giornata, ispirato dai dialoghi e delle riflessioni tra gli ospiti, è nato il Manifesto di Noto, documento programmatico che dà voce a una visione contemporanea del vino, capace di interpretare le sfide attuali e immaginare un futuro più consapevole per l’intero settore.
Il Manifesto è un atto di riflessione e di impegno, che riconosce il vino non solo come prodotto agricolo di eccellenza ma come espressione culturale.
Non è possibile, infatti, considerare la viticoltura solo come attività produttiva: è una pratica agricola che plasma i paesaggi, crea valore sociale ed economico, promuove la bellezza e contribuisce al benessere delle comunità di riferimento.
“Il vino è contemporaneo perché, come l’arte e la cultura, è un’espressione del tempo in cui vive, pur mantenendo un dialogo costante con il passato e proiettandosi nel futuro.
Il vino attiva relazioni attorno alla tavola, Leggi il resto di questo articolo »
Il Garda non è solo lago: ecco il vino che vende 22 milioni di bottiglie
I vini Garda Doc sfruttano l’appeal turistico del lago. L’etichetta “Garda” richiama vacanze e relax, richiamando clienti soprattutto all’estero. Il consorzio raggruppa 250 aziende tra Lombardia e Veneto su 30.000 ettari propone vini moderni, specie da uvaggi internazionali facili da esportare. Dal 2016 la produzione è quintuplicata e nel 2025 l’obiettivo è di produrre 22 milioni di bottiglie. Molta parte è diretta all’estero: “La quota export incide per più del 60% -spiega Paolo Fiorini, presidente del consorzio Garda doc-, indirizzata principalmente verso i mercati di Germania e Gran Bretagna”.
In Germania “Garda” suona familiare: oltre ad essere una parola facilmente pronunciabile ha appeal per i turisti, che conoscono bene il lago. In Regno Unito, sebbene calino i volumi, crescono i valori del vino consumato. Aumenta anche la voglia di qualità e la ricerca specie di bianchi freschi e bollicine.
La crescita nella produzione è legata al fatto che i vini Garda doc sono principalmente bianchi, anche spumanti, prodotti dalla facile beva, che ben si apprestano ad accompagnare piatti leggeri o un aperitivo: esattamente il prodotto ricercato di più dal consumatore contemporaneo, che si sta allontanando da rossi corposi ad alta gradazione. “La crescita che il nostro consorzio riscontra -continua il presidente Fiorini- è a mio parere legata alla semplicità della proposta. Non è un concetto legato alle caratteristiche del vino ma piuttosto alla vicinanza tra prodotto e territorio: chi legge “Garda” sull’etichetta della bottiglia, decide di comprarla per un’associazione con i concetti che questo luogo evoca. È un posto che vive della forza del suo nome, famoso all’estero per gli scenari iconici, meta di turismo”.
Per Mack & Schühle, importante player con una presenza globale ma specializzato nell’export di vini italiani verso la Germania, listini ballerini allontanano il cliente: “È fondamentale mantenere prezzi e produzione stabili -sostiene il Ceo Cristophe Mack-. Il cliente, quando vede il prezzo variare, si allontana dal prodotto”. Serve far conoscere il prodotto ancora di più. “Già la zona se la cava bene a esportare vino -aggiunge Helena Mariscal, purchasing director for private label and esclusive brands di Mack & Schühle-. Una strategia per la distribuzione all’estero può essere presentare Garda doc come un’estensione di una linea di prodotti legati alla zona. Serve una promozione negli eventi a livello internazionale. I giovani tedeschi di oggi (meno numerosi che in passato ma non per questo assenti) sono conservatori: fanno le stesse vacanze dei loro genitori, quindi preferiscono mete come il lago di Garda. Bisogna no
https://www.mark-up.it – 10/06/2025
Chi, oggi, si avvicina al vino, non vuole solo sapere se una bottiglia è buona o cattiva
WineNews è con Francesco Iacono, direttore Onav-Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino: “chi, oggi, si avvicina al vino non vuole solo sapere se una bottiglia è “buona o cattiva”, ma conoscere le caratteristiche per le quali è così valutata: una curiosità che prima non c’era.
E anche i criteri tecnici della degustazione si adattano ai mutamenti del settore, si pensi ai vini che bevevamo 20 anni fa, a come li giudicavamo e come li giudicheremmo oggi”.
E quanto a corsi Onav sui vini No-Lo, “ne parliamo, ma non ci sentiamo idonei a valutarli da un punto di vista organolettico: non sono vini come noi li riconosciamo”.
https://winenews.it – 05/06/2025
La Spagna cerca 10 mila volontari per bere vino tutti i giorni e capire se fa male.
Da vari siti, anche in lingua spagnola>, apprendiamo che la Spagna farà una ricerca ampia, lunga e molto articolata (durerà 4 anni e coinvolgerà 500 docenti e diecimila persone secondo l’annuncio) per capire se un uso moderato del vino tutti i giorni fa male oppure no alla salute. Ed è una iniziativa, quella dell’università di Navarra, senza precedenti che potrebbe segnare una svolta per uno dei temi più dibattuti e controversi del momento attorno al mondo del vino e che sta provocando risse verbali, prese di posizione, scontri politici e tanto altro. Peccato che un’idea del genere stia partendo dalla Spagna. Perché un’idea del genere non è partita dall’Italia (o dalla Francia) dove il vino è molto più presente e importante? Siamo tra le pochissime nazioni al mondo dove il vino si produce in ogni regione, terzi per consumo pro capite e forse abbiamo perso un’occasione.
https://www.cronachedigusto.it – 28/05/2025
In Provenza arrivano i distributori di vino automatici. Ma c’è chi protesta
Nella culla della produzione rosé francese, l’arrivo dei distributori automatici di vino sta sollevando un acceso dibattito. L’idea, che nasce per rispondere alle esigenze della vita moderna, rompe con una tradizione secolare basata sull’esperienza e il contatto umano.
Un’idea che in Italia era arrivata qualche anno fa, sulle collina di Cartizze. A “inventarsi” il distributore self service di Prosecco era stato Cesare De Stefani, produttore dell’azienda Vigna Sancòl e oste dell’innovativa Osteria senz’oste. «E se per una volta fossimo arrivati prima dei cugini francesi?», si chiedeva, parlando con il Gambero Rosso. E di fatto così è stato. I cugini francesi ci sono arrivati adesso. Ma non senza dissidi interni.
Il progetto, scrive The Times, porta la firma della startup francese Espace Drive, che ha sviluppato le macchine Cave O Vin, veri e propri distributori intelligenti capaci di contenere fino a 1.000 bottiglie, mantenendole alla temperatura ideale di 14°C per i rossi, 8–10°C per bianchi, rosé e champagne. L’obiettivo? Consentire alle aziende vitivinicole di vendere il proprio prodotto 24 ore su 24, 7 giorni su 7, senza personale in loco.
I primi prototipi sono già stati installati in Provenza, Leggi il resto di questo articolo »
La rivoluzione del vino low calorie: tecnologia e natura a confronto nel bicchiere
Un sondaggio del 2022 di Merrill Research per il Wine Market Council ha evidenziato come molti bevitori tendano a sopravvalutare le calorie contenute in un bicchiere di vino. In realtà, la maggior parte dei vini secchi si colloca tra le 100 e le 120 calorie per 150 ml. Vini come lo Champagne Brut, ad esempio, possono contenere solo 76 calorie a flute, con versioni “zero-dosage” che scendono fino a 72 calorie.
Nonostante ciò, alcuni produttori sfruttano questa percezione errata, lanciando vini “light” con etichette che promettono 70-80 calorie a bicchiere, zero zuccheri o basso contenuto di carboidrati. Questa strategia ha successo: secondo IWSR, il mercato globale dei vini a basso o zero alcol è previsto in crescita del 4% entro il 2028.
Tra i vini light più apprezzati spicca il Sauvignon Blanc, noto per la sua freschezza e aromaticità, ideale per versioni a bassa gradazione alcolica. Due esempi sono il Chateau Ste. Michelle Light Sauvignon Blanc 2023 e il Decoy Featherweight Sauvignon Blanc 2023, quest’ultimo prodotto con la tecnologia del “cono rotante” che abbassa l’alcol senza perdere personalità, entrambi con 9% di alcol e circa 80 calorie. Ma è davvero necessario ricorrere a vini etichettati come “light” per bere leggero? Molti vini tradizionali, come gli Champagne secchi, i Vinho Verde portoghesi o alcuni bianchi d’Alsazia, presentano naturalmente un contenuto calorico basso senza interventi tecnologici.
La raccomandazione finale è semplice: scegliere il vino in base alla qualità, allo stile e al proprio gusto personale, piuttosto che al solo numero di calorie riportato in etichetta. Un buon calice può ben inserirsi in uno stile di vita sano senza rinunciare al piacere.
https://torinocronaca.it – 21/05/2025
Negli Stati Uniti è Prosecco mania, nonostante i dazi di Trump. E il merito è delle donne
Cosa, anzi chi, c’è dietro alla Prosecco-mania negli Stati Uniti? A rivelarlo è l’analisi dell’Osservatorio Uiv sui dati Iwsr, secondo cui il 60% dei consumi delle bollicine del Triveneto è in quota rosa. Sono, quindi, le donne a sostenere Oltreoceano le vendite del re degli sparkling made in Italy. Non solo. Le consumatrici sono anche più informate sull’offerta enologica rispetto agli uomini: con un tasso di awareness al 76% contro il 69% dei maschi. Le bollicine trivenete, in particolare, raggiungono un livello di notorietà del 48% tra le donne, mentre si fermano al 31% tra i maschi.
Ma – rileva l’Osservatorio – dietro il “fenomeno Prosecco” negli Usa, che tra gennaio e febbraio hanno registrato una corsa alle scorte pre-dazi (+42% il valore dell’export nel primo bimestre), non c’è solo la variabile di genere. Se si guarda al portafoglio, a stappare bollicine made in Italy sono nel 65% dei casi i consumatori che guadagnano oltre 80mila dollari l’anno, e più di un quarto dei Prosecco-lovers (27%) dichiara redditi per più di 150mila dollari.
Ma quanto costa bere bollicine italiane negli States? Leggi il resto di questo articolo »
Vanno all’asta i primi vini del Buthan
Sì è svolta la prima asta di vini prodotti in Buthan. La casa d’aste Bonhams ha infatti organizzato un’asta online per un totale di 48 bottiglie della Bhutan Wine Company.
“Stiamo partecipando a un evento storico”, ha dichiarato a The Drinks Business Terrence Tang, responsabile di Bonhams per i vini e gli alcolici in Asia, all’inizio della vendita. “È un’asta speciale e ci aspettiamo di vedere un grande interesse da parte dei collezionisti globali. Molti hanno sentito parlare molto del Bhutan ma non ci sono mai stati e sono curiosi”.
Durante i primi giorni di vendita le offerte per la bottiglia Ser Kem da 7,57 litri soprannominata “The Himalayan” avevano già raggiunto i 10.000 dollari. Il prezzo finale è stato pari a 18.750 dollari. L’asta è stata un evento storico per un Paese che non ha mai prodotto vino in precedenza.
I co-fondatori della Bhutan Wine Company, Michael Juergens e Ann Cross, sono entrambi nuovi al mondo del vino; Juergens è partner della Deloitte, mentre Cross si è specializzata nel marketing per aziende del calibro di Disney. I due americani hanno intrapreso un ambizioso piano decennale per costruire una nuova regione vinicola sostenibile nel Paese himalayano dopo averla visitata per la prima volta nel 2017. Le uve della vendemmia inaugurale del 2023 sono confluite nel Ser Kem – che in bhutanese significa “offerta alcolica agli dei” – e sono uvaggi di vitigni rossi e bianchi piantati nel 2019 ad altitudini fino a 2.750 metri.
“L’unicità, la rarità e la storia dei vini della Bhutan Wine Company li rendono senza dubbio l’aggiunta più emozionante per i collezionisti e gli intenditori di vino” ha commentato la casad’aste.
The Himalayan ha una misura insolita, 7,57 litri, perché fa riferimento alla vetta di 7,57 km (7570 metri) del Gangkhar Puensum, la montagna non scalata più alta del mondo.
https://www.federvini.it -27/04/2025