Stesso nome, tanti volti: le mille spigolature della Grenache

“Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo”

L’assist per scrivere di uno dei miei vini/vitigni del cuore arriva nientemeno che da sua maestà Jancis Robinson, che ha recentemente pubblicato un articolo dedicato al futuro, roseo, delle Grenache australiane. «Sono sempre meno i vini che prendono a esempio la zona di Châteauneuf-du-Pape, il più famoso rosso francese a base di grenache», scrive.

«La maggior parte dei produttori australiani sembra oggi guardare alla Spagna e alle sue versioni “borgognone”», quindi giocate sull’eleganza più che sullo spessore, sulla freschezza più che sul calore. «I grappoli devono rimanere sulla pianta parecchio tempo per sviluppare sapore e tannini sufficientemente maturi, questo significa che trovare Grenache a bassa gradazione alcolica è una rarità», ma al tempo stesso «le Grenache australiane sono oggi pallide, aromatiche, fruttate e facili da bere piuttosto che grosse, robuste e audaci, sebbene vi siano delle eccezioni».

E ancora, un fattore importante nell’alleggerimento delle Grenache sia nella regione vitivinicola di Barossa Valley che di McLaren Vale, entrambe non lontane dalla città di Adelaide, «è stato il passaggio dalla maturazione in piccole barrique di rovere nuove, come quelle utilizzate a Bordeaux e in Borgogna, che possono concentrarne gli aromi, all’utilizzo di botti molto più vecchie e grandi o, sempre più spesso, alla maturazione del vino in vasche di cemento, recipienti di terracotta o persino contenitori di ceramica a forma di uovo».

L’origine della grenache è incerta, viene infatti rivendicata sia dai produttori di garnacha, in Spagna e in particolare all’interno dell’attuale comunità autonoma di Aragona, che da quelli della Sardegna, dove questa varietà prende il nome di cannonau. Certo è che si tratta di una delle varietà più diffuse al mondo, coltivata prevalentemente in Francia e Spagna, paesi che da soli rappresentano l’87 per cento della sua superficie mondiale complessiva.

Un vitigno tendenzialmente tardivo, che trova condizioni ideali in luoghi dal clima caldo. Soprattutto, cosa che lo rende molto attuale alla luce del caos climatico in corso, è vitigno che riesce a prosperare in condizioni di parziale siccità, non è quindi un caso che in diverse zone del mondo, come la California e il South Australia, vi sia una certa tendenza a privilegiare varietà mediterranee come appunto la grenache. Grenache che oltre alla Sardegna è presente anche sulla terraferma, dove viene usata con nomi diversi in gran parte delle zone soprattutto costiere della penisola.

Alicante, granaccia,  tairosso, gamay: la grenache si può trovare in Toscana come in Sicilia, in Liguria come in Veneto, nelle Marche come in Umbria. «Le sue bucce, dove ci sono le sostanze coloranti dell’uva, non sono così spesse, quindi il vino prodotto non è solitamente di colore intenso come, per esempio, i Cabernet Sauvignon e i Tempranillo maturati in botte che un tempo erano così venerati», continua Robinson. «Ora che i gusti si sono orientati verso vini più leggeri e più freschi, la Garnacha/Grenache ha trovato il suo posto, soprattutto in Spagna, dove in gran parte del paese si trovano appezzamenti di vecchie viti ad alberello».

Un metodo di coltivazione della vite molto antico, affascinante, che vede la pianta coltivata con un tronco basso da cui si sviluppano 3/5 branche a ombrello, senza l’uso di pali o fili, diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo. Proprio nella regione di Aragona è l’alberello a caratterizzare i panorami, zona vitivinicola di grande fascino che ha ospitato l’ultima edizione di Grenaches du Monde, concorso dedicato ai vini prodotti a partire da questa varietà. Una scelta non casuale, la cittadina di Cariñena è stata eletta Città europea del vino per il 2025. Cariñena, ma anche Campo de Borjae Calatayud, zone capaci di esprimere vini di particolare interesse.

https://www.editorialedomani.it 20/06/2025

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