Giorgio Damini: tutto il fascino delle materie prime
È quello che muove lo chef della macelleria Damini & Affini, il cui lavoro è stato da poco premiato con un’ambita stella Michelin
Giorgio Damini si definisce un cuoco “simpatico”, ma è una dimensione che ha raggiunto solo di recente, coronando il sogno di un ristorante in proprio, anzi in coabitazione e collaborazione con il fratello Gian Pietro, macellaio.
Una lunga gavetta in giro per l’Europa partendo da Verona per poi volare a Londra e, soprattutto, importanti esperienze stellate da Perbellini e dal Pescatore della famiglia Santini, fanno da preludio a questo exploit mai visto prima: una macelleria-gastronomia che diventa anche ristorante, con tanto di stella Michelin dopo sette anni di duro lavoro, ad Arzignano (Vicenza).
Cosa l’ha portata a diventare chef? E com’è entrata la macelleria nella sua vita?
Quella di fare il cuoco era un’idea che avevo sin da piccolo, ma di certo l’innamoramento per questo mestiere è avvenuto durante la scuola alberghiera, mentre ero in stage da Giorgio Sancassiani, chef del ristorante La Pergola di Verona.
La macelleria poi è sempre stata la mia casa, perché sia mio padre che mio nonno e il mio bisnonno erano macellai. Io stesso già a 12 anni preparavo i polli… ma quello è diventato il mestiere di Gian Pietro, mentre io ho sempre amato i fornelli.
Cosa si diverte di più fare in cucina?
Sicuramente ricevere le materie prime, per esempio un bel pesce o della bella carne che sappiamo da dove arrivano. Leggi il resto di questo articolo »
Georgia: alle origini del vino

Per chi desiderasse trascorrere una vacanza in un luogo ancora poco conosciuto e lontano dal turismo di massa potrei consigliare un viaggio in Georgia.
Questa nazione, per alcuni aspetti naturalistici simile alla Svizzera, si presta molto bene per praticare del trekking nelle montagne del Caucaso dove si possono visitare anche degli antichi e sperduti monasteri in una mistica atmosfera.
Da non dimenticare anche la parte storico–culturale essendo la terra del Vello d’Oro che risale al tempo degli Argonauti.
La sua capitale Tbilisi è una città etnica e multiculturale. Crocevia tra l’Europa e l’Asia, in quanto in passato faceva parte di una delle tappe dell’antica Via della Seta.
Quando vedrete la loro scrittura ne resterete esterrefatti, siccome l’alfabeto georgiano è uno dei 14 alfabeti unici esistenti al mondo.
Il miglior periodo per visitarla è la primavera o l’autunno, poiché le estati sono molto calde e gli inverni relativamente freddi. Potrete deliziare il vostro palato con dei piatti tradizionali locali con dei sapori unici ed insoliti.
Per finire potrete fare un brindisi con dell’ottimo vino georgiano che vanta di una tradizione fin dai tempi antichi.
Difatti questa è la terra dove è nato il vino, quasi ottomila anni fa, e dove fino adesso viene anche prodotto con il metodo antico usando delle anfore di terracotta, dichiarato dall’Unisco, patrimonio dell’umanità.
www.tio.ch – 13/01/2015
Cattedrali del vino in Turchia. LA Winery nuova cantina d’autore nel territorio vinicolo di Smirne

CATTEDRALI DEL VINO
Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni, ma non ci dispiace tornare ad approfondire il tema, visto l’interesse che rivestono il legame tra architettura e vino e gli esiti di un dialogo proficuo tra creatività e universo vitivinicolo.
I progetti architettonici d’autore applicati al territorio rurale (in armonia con la natura e le istanze culturali che porta con sé una comunità vinicola) sono stati recentemente oggetto di iniziative volte a valorizzare tanto la capacità di architetti e designer di fama internazionale, quanto le peculiarità del processo produttivo vinicolo e i valori di una cultura enologica così sentita in tutta la Penisola.
Così il Gambero Rosso ha di volta in volta promosso e sostenuto il Premio SpaziodiVino in collaborazione con il Consorzio del Chianti, evidenziato l’iniziativa Toscana Wine Architecture e il suo circuito enoturistico tra cantine d’autore sorte sul territorio regionale già dalla metà degli anni Novanta (e si scomodano nomi come Renzo Piano, Mario Botta, Piero Sartogo), salutato positivamente la mostra altoatesina (a Merano, fino al 15 gennaio) che da qualche mese sta portando l’attenzione sulle aziende vinicole più innovative e interessanti dell’area Mitteleuropea (38 le cantine di confine illustrate da scatti fotografici e progetti d’autore).
LA WINERY IN TURCHIA
Ora ci piace ampliare l’orizzonte per guardare cosa succede all’Estero, e dalla Turchia vinicola arriva un interessante progetto frutto dell’opera di un team di designer locali (i Kreative architects).
L’azienda, a 40 chilometri dalla cittadina turca di Smirne immersa nel paesaggio rurale, è stata ribattezzata LA Winery e si sviluppa sfruttando due linee guida tematiche: un’area degustazione che richiede uno spazio luminoso e arieggiato che spazia sulle vigne circostanti, e la vera e propria cantina controllata climaticamente con moderni dispositivi, ma in rapporto con l’ambiente sovrastante.
L’idea degli architetti ha infatti evidenziato la necessità di mantenere un dialogo tra gli spazi, attuato tramite l’apertura di grandi lucernai nel pavimento, per consentire un contatto visivo con la cantina (giocata su pareti curvilinee).
Al grande uso di legno e pietra naturale all’interno è corrisposto il desiderio di preservare la vegetazione esterna, appendice dello spazio architettonico. Ma le immagini parlano meglio di tante parole; eccole per voi.
www.gamberorosso.it – 10/01/2015
Consiglio di Stato, sì al vino «Venezia»
Dopo il Tar, il Consiglio di Stato. Due gradi di giudizio e una sola indicazione: in Veneto si potrà produrre vino da vendere con il marchio «Venezia». A perdere è stata quindi la Provincia di Trento che si era opposta a questa nuova doc.
La vicenda inizia circa quattro anni fa con la concessione a livello statale di una nuova doc, la «Venezia», appunto, per un territorio ben preciso che da dal trevigiano (95 comuni) fino al veneziano (44 comuni), appunto.
Un territorio con circa 80 aziende con i vini doc Lison Pramaggiore, doc Piave, doc Venezia, docg Lison, Malanotte del Piave docg.
La decisione non piace alla Provincia di Trento che si muove anche per tutelare Cavit, che produce vini con l’indicazione geografica igt «delle Venezie» (merlot, pinot e altri).
E contestando che si potesse utilizzare il nome «Venezia» anche per territori che non appartengono alla provincia veneziana, e pure la regolarità della stessa procedura con cui Regione e Ministero dell’agricoltura avevano autorizzato il nuovo «Venezia doc», sostenendo che era stata violata la normativa nazionale ed europea, anche per una questione di rispetto di scadenza di date. Leggi il resto di questo articolo »
C’era una volta il vin brulè

Vi raccontiamo una fiaba. C’era una volta un omone grande e buono, che sapeva dominare una arcana creatura che si mangiava gli alberi e generava fuoco e calore.
Sopra questo antico drago dai poteri benefici si scaldava un pentolone, che ribolliva di un nettare dolce e caldo, capace di farti dimenticare gli aghi del gelo e la solitudine. L’uomo non voleva rimanere solo e per questo aveva chiesto ad una stupenda fata dalle gonne rosse di sedersi al suo fianco.
“”Gli ingredienti base di un ottimo vin brulè sono un buon vino rosso, la cannella, i fiori di garofano, lo zucchero e l’arancia. Poi, a seconda dei luoghi e delle usanze, si aggiunge un piccolo particolare che ne modifica leggermente il sapore. Nel Bellunese, si aggiunge una scorza di limone non trattato, mentre in Alto Adige e Trentino, si aggiunge un pizzico di cardamomo.”"
Alla fata piaceva la musica e per questo aveva portato con sé un pianoforte. Ma non era abbastanza. I due si sentivano ancora soli, e per questo chiamarono una farfalla, capace di cantare e di ipnotizzare chiunque passasse di fronte alla loro casa. E fu così che passarono le feste: la fata e la farfalla attiravano i curiosi e l’uomo donava loro quel nettare, che decise di chiamare vin brulè.
“”Si ottiene così una bevanda dalle numerose proprietà benefiche. Fa sicuramente bene all’umore, lenisce la gola infiammata, calma la tosse e, se si respirano i suoi vapori aromatici, libera il naso chiuso e le vie respiratorie. Può essere data anche ai bambini, come antibatterico, antivirale, oltre che antinfluenzale, visto che la maggior parte dell’alcool evapora durante la sua preparazione.”"
di Mauro Pigozzo
venetoblog.corrieredelveneto.corriere.it – 27/12/2014
Mani venete sul vigneto friulano
Ai veneti fa gola il Pinot grigio friulano. Il cavallo di battaglia del nostro vigneto, infatti, rischia di finire imbottigliato come Doc Venezia.
Il progetto sta maturando in questi mesi e fa leva sul fatto che la nostra regione è molto forte sotto l’aspetto qualitativo, ma altrettanto debole sotto quello commerciale.
Lo dimostra anche il fatto che, dal 2002 al 2012, la quantità di vino imbottigliato con le nostre Doc è sceso dal 60 al 40 per cento, ‘travasata’ sostanzialmente nelle Igt, soprattutto in quella ‘Delle Venezie’, per altro imbottigliata da aziende venete che acquistano cisterne di prodotto dalla nostra regione.
“La discesa è continuata anche nelle ultime vendemmie – spiega il direttore della società friulana di certificazione Ceviq, Michele Bertolami – tanto che oggi si stima che solo il 35% del vino friulano sia venduto come Doc, ma se consideriamo anche la presenza sempre più forte del Prosecco, possiamo dire che il 20% del nostro vino viene etichettato con il nome Friuli”.
Come si vede, quindi, siamo commercialmente deboli, però facciamo ‘sopra la media’ uno dei vini più venduti al mondo: il Pinot grigio, appunto. Attualmente, dei 21mila ettari coltivati a vigna in Friuli Venezia Giulia, ben 6mila hanno impiantato questo vitigno.
Il progetto riguarda la Doc Venezia o, si sta ancora ragionando, ‘delle Venezie’.
L’idea sarebbe quella di estendere la zona di produzione, limitatamente al Pinot, non solo a tutto il Veneto, ma anche al Trentino e al Friuli Venezia Giulia. Leggi il resto di questo articolo »
Ha portato le viti proprio sotto l’Adamello
Ancora una volta il corso per giovani imprenditori agricoli di San Michele coordinato da Paolo Dallavalle, ci fa scoprire delle realtà inimmaginabili.
È anche il caso di questa settimana, a Tione abbiamo trovato un giovane nato da famiglia contadina, ma che di professione dopo la laurea, ha scelto quella del consulente aziendale nel settore del commercio, ossia Nicola Del Monte.
Casualmente sette anni scopre in Alto Adige la viticoltura fatta nel massimo rispetto dell’ambiente coltivando le viti resistenti della varietà Solaris, l’anno dopo mette a dimora i primi vitigni in una zona sopra la borgata di Tione, una zona assai pendente, che permette la produzione di un prodotto di alta qualità.
Per Nicola è stata la scoperta di una vocazione tardiva all’agricoltura ed alla viticoltura sostenibile in particolare. «Quando ho cominciato a piantare le viti mi hanno dato del matto, ed il mio nonno, ancora attivo nonostante che abbia superato da molto i 90 anni, non poteva più andare in paese perché lo deridevano a causa del nipote fuori di testa.
Poi però è subentrata la curiosità ed ora l’ammirazione per quanto sono riuscito ad ottenere Leggi il resto di questo articolo »
Croazia contesta a Slovenia esclusività nome “Terrano”
La Slovenia non avrebbe il diritto di proteggere con il marchio di origine controllata a livello europeo il vino “Terrano” (Teran) e in questo modo danneggiare i viticoltori croati e italiani.
Lo sostiene l’eurodeputato croato Ivan Jakovcic, storico leader del partito regionalista Dieta democratica istriana (Ids), che della disputa tra i viticoltori sloveni e croati ha informato oggi a Strasburgo il commissario europeo Phil Hogan.
“Al commissario Hogan ho chiaramente spiegato che la protezione del nome ‘Teran’ è un palese imbroglio”, ha detto Jakovcic in un comunicato diffuso oggi. “È stato protetto un tipo di vitigno, e sappiamo tutti che le uve non conoscono confini.
Ai viticoltori croati come anche a quelli italiani deve essere permesso di utilizzare il nome Teran/Terrano, trattandosi un vino autoctono dell’intera Istria”. Leggi il resto di questo articolo »
Il Chianti e un po’ della sua storia
Perfetto con formaggi stagionati ma non piccanti, arrosti e cacciagione. Era l’accompagnamento preferito per i suoi pasti da Hannibal Lecter alias Anthony Hopkins, nel Silenzio degli innocenti e in Hannibal: «Uno che faceva un censimento una volta cercò di interrogarmi. Mi mangiai il suo fegato, con un bel piatto di fave, ed un buon Chianti».
Per i toscani è un po’ come fosse un secondo sangue: rosso rubino, profumato e “leggermente” alcolico. Il Chianti è sinonimo di casa. Sono dodici gradi – anche di più – di puro amore, un legame, quello tra le colline toscane e il famoso vino, che dura da secoli.
L’origine del nome non è sicura, le ipotesi sono tre: che derivi dal termine latino “clangor” che significa rumore, per indicare onomatopeicamente le tante battute di caccia che si tenevano nella zona, oppure deriverebbe dall’etrusco “clante”, nome di famiglie etrusche che vivevano nella zona o sempre da “clante” ma con il significato di acqua di cui la zona è sempre stata ricca.
Pur avendo origini etrusche il “Chianti”, Leggi il resto di questo articolo »
l vino della vigna più antica al mondo conquista il Sol Levante
Alla seconda edizione dell’Italian Restaurant Week a Tokio, i Giardini di Castel Trauttmansdorff hanno presentato il vino prodotto dalla più grande e antica vigna al mondo, il Versoaln di cui hanno la paternità dal 2006.
L’Alto Adige con la sua millenaria cultura del vino rappresenta un vanto unico per l’Italia e ha risvegliato l’interesse di una nazione che fonda la propria storia su tradizioni antiche, il Giappone.
Durante l’ultima edizione dell’Italian Restaurant Week svoltasi a Tokio di recente, i Giardini di Castel Trauttmansdorff si sono fatti portavoce di questa tradizione vitivinicola, presentando ai membri del Diners Club Japan l’antica vite Versoaln, che cresce da oltre 350 anni in Alto Adige, a 600 metri di altitudine. Leggi il resto di questo articolo »