L’Europa pronta a riabilitare il «clinto», il vino proibito esce dalla clandestinità
La rivincita del vino proibito: festeggiano Miega di Veronella e Concamarise. Primo via libera della Commissione Agricoltura dell’Ue all’emendamento che potrebbe far tornare commercializzabile il «clinto», più correttamente «clintòn», il vino non vendibile da quasi un secolo, a causa di un Regio decreto autarchico di epoca fascista. A Concamarise, grazie alla Pro loco, e a Miega, grazie all’Associazione per Miega, si tengono da tempo appuntamenti molto partecipati dedicati a questa bevanda alcolica. Concamarise promuove in primavera convegni per studiarne qualità, caratteristiche, e potenzialità, e un successivo pranzo per riscoprire gli antichi usi del clinto in cucina. A Miega, da 45 anni, al «crinto» (così lo chiamano nel Colognese) è dedicata una sagra che dura per due weekend, in programma ad inizio ottobre.
Forse questa sarà davvero la volta buona per il reintegro di questa bevanda alcolica. Si attendono infatti per i prossimi giorni le pronunce di Parlamento Europeo, Commissione e Consiglio sul pacchetto vino, nel quale l’europarlamentare originaria del Basso vicentino (altra zona deputata da decenni alla coltivazione e al consumo familiare del clinto) Cristina Guarda ha inserito l’emendamento che dovrebbe riabilitare il clinto ed altre bevande non commercializzabili, come ad esempio il fragolino. Chissà che non arrivi la parola fine all’ostracismo che ha condannato il vitigno arrivato a metà dell’Ottocento in Europa dall’America a sparire dal mercato e a salvarsi dall’estinzione solo grazie a produzioni familiari, eventi o cene organizzati da cultori del prodotto e da gruppi di promozione nati ad hoc, come l’Aps Clinto de Marca o la Confraternita del Clinto. Oltre al Veronese e al Vicentino, infatti, vitigni di clintòn si possono trovare nella Marca trevigiana e in Friuli Venezia Giulia.
Il Comitato in difesa del clinto, appoggiato dalla Confraternita, apre in questi giorni una pagina web per la raccolta di firme che ha la finalità di fare pressione sulle istituzioni europee. A Franco Zambon, fondatore dell’associazione Clinto de Marca, non sembra vero che il traguardo sia così vicino. Di ritorno dalla Francia, dove ha partecipato ad una conferenza sui vini proibiti come il clinto, afferma: «Tocca ai politici di Italia, Francia e Germania dare il definitivo via libera. Noi che stiamo lavorando da 40 anni per sostenere questo percorso possiamo tranquillizzare i cittadini sulla sicurezza di questa bevanda sotto il profilo sanitario; inoltre possiamo garantire che il prodotto è profumato, gradevole e fresco, e il vitigno clintòn è un presidio di salvaguardia della biodiversità», riferisce Zambon.
Il «clinto», negli anni, si è sentito rivolgere le accuse più singolari, alcune di esse completamente irragionevoli. Si è detto che l’alto contenuto di pectine nelle uve potesse generare ingenti quantitativi di alcol metilico, il metanolo, dannoso per la salute. Si è sostenuto che non fosse vino, per la ridotta gradazione alcolica e per quell’emblema di prodotto a basso costo e popolare che si è sempre portato addosso, se paragonato al blasone di vini più nobili e prestigiosi.
Luciano Ruggin, presidente e anima della Sagra del crinto e del salado casalin di Miega, sottolinea: «Le analisi compiute dall’Ulss hanno certificato che il metanolo presente è ben al di sotto dei limiti di legge; è oltretutto un vino selvatico che non si può sofisticare, del tutto naturale, altra qualità da non sottovalutare».
Sul fronte alcol, le nuove tecniche enologiche hanno permesso al clinto di acquisire forza, alzando la gradazione alcolica oltre i 10 gradi. Silvano Pintani, della Pro loco di Concamarise, ricorda che sono «poche le famiglie che coltivano il clintòn, ma dopo i nostri eventi di promozione, ci sono persone che chiedono, inutilmente, di acquistarlo perché ne apprezzano le qualità. Stiamo spingendo il più possibile perché, finalmente, cada il divieto». Gli estimatori, i promotori e i coltivatori dei vitigni di «clintòn» sono convinti che negli ultimi anni la produzione sia notevolmente migliorata e la bevanda possa dunque aspirare tranquillamente a far parte delle carte dei vini nelle enoteche e nei ristoranti. Ora la parola passa all’Europa.
https://www.larena.it – 01/12/2025