Degustazioni

L’alcol non è lo spirito del vino

Il Dottor-Nutrizionista Marco Bernardone (cfr. Al supermercato col Nutrizionista e il gusto delle cose) si stava impegnando in un attento esame organolettico di un Timorasso dei Colli Tortonesi con cui avevamo deciso di iniziare il pranzo. Giancarlo Scaglione (cfr. Una gomma squarciata e un’occasione fortunata; Vigne antiche e orchidee fiorite: Pian dei Sogni) sornione, ascoltava compiaciuto. Io stavo muto. Pensavo, infatti, ai loro ragionamenti via via sempre più approfonditi, stimolati da un articolo di Angelo Gaja (il “Re del Barbaresco”, ma non solo – cfr. Una Gaja giornata a Barbaresco), che avevamo avuto il privilegio di leggere in anteprima, poi pubblicato su La Stampa il 16 febbraio 2025.

Mi piace sempre molto ascoltare persone che stimo, mentre parlano di cose che non so. In sostanza la questione era se l’alcol contenuto nel vino sia del tutto uguale all’alcol dei superalcolici e degli altri derivati. Angelo Gaja aveva scritto “non si tratta di stabilire gerarchie o fomentare la competizione tra diversi prodotti ma solo di offrire il massimo di chiarezza ai fruitori: far credere che il consumo di vini, spiriti o aperitivi, sia analogo o anche solo simile è fuorviante e scorretto proprio per le finalità e diverse modalità di assunzione”.

Ci si chiedeva se il consumo di alcol e in particolare di quello contenuto nel vino sia sempre e comunque nocivo in qualsiasi soggetto e quantitativo. Quella notte stessa il Dottor-Nutrizionista ha effettuato una ricerca e il mattino dopo ne abbiamo ricevuto l’esito. Leggi il resto di questo articolo »

I portinnesti serie M coniugano resilienza e qualità vino. Vinitaly

VERONA – Tra i filari del VCR Reserch Center la qualità del vino nasce in vigneto, con la scelta dei cloni e dei portinnesti più performanti.
Tra questi ultimi emergono i quattro portinnesti della serie M, messi a punto grazie al programma di miglioramento genetico intrapreso a partire dagli anni ’80 dall’Università di Milano, sostenuti da Winegraft, moltiplicati e commercializzati in esclusiva da VCR Vivai Cooperativi Rauscedo.

I vini prodotti con i portainnesti della serie M sono stati protagonisti di un’inedita e unica degustazione alla 57esima edizione di Vinitaly che ha aperto a Verona. Ne abbiamo parlato con Yuri Zambon dei Vivai Cooperativi Rauscedo.

I portinnesti serie M del vigneto resiliente hanno genetiche diverse, diverse attitudini e rispondono a diverse esigenze. La quota maggiore è ancora quella di M2, caratterizzato, come confermano le prove comparative di VCR, da alta vigoria, buona resistenza al calcare e alla salinità. In decisa crescita l’M4, grazie all’alta resistenza alla siccità e alla salinità, da non trascurare però M1, in grado di garantire la massima qualità nei vitigni a bacca rossa e alta resistenza al calcare e M3, in grado di assicurare massima qualità nei suoli fertili con poco calcare.

La serie M nasce per contrastare l’impatto del climate change ma sta finendo per dimostrare che spesso resistenza e resilienza si sposano anche con la qualità. L’ulteriore conferma viene dalla recente ricerca dell’Università di Milano che ha studiato l’effetto del portinnesto sulla composizione aromatica dei vini chardonnay ma anche sul Sangiovese, Nero d’Avola, Primitivo e Grillo come abbiamo potuto constatare nel corso della degustazione.

https://www.agricultura.it – 06/04/2025

L’effetto del trattamento di invecchiamento subacqueo sulla qualità del vino

L’invecchiamento del vino subacqueo ha riscosso un crescente successo negli ultimi anni, perché rappresenta un’innovazione che può potenziare la gamma di prodotti in offerta. Ora ci sono diverse aziende che offrono questo servizio ai produttori, ma ancora poco si sa sugli effetti sui diversi tipi di vino.

Un studio preliminare dell’Università di Firenze ha affrontato l’argomento monitorando gli effetti di questo metodo di invecchiamento su tre diversi tipi di vino commerciale (bianco, rosato e rosso) che sono stati immersi per 6 mesi a 52 metri sottt’acqua, e confrontandoli con gli stessi vini conservati per lo stesso periodo in una cantina.

Per valutare gli effetti del trattamento subacqueo a lungo termine, sia i vini sottomarini che quelli invecchiati in cantina sono stati sottoposti a un ulteriore periodo di 6 mesi di affinamento in cantina.

Le caratteristiche chimiche dei vini ottenuti sono state analizzate al termine dei primi (6 mesi di cantina e affinamento subacqueo) e dei secondi periodi di invecchiamento (dopo ulteriori 6 mesi in cantina sia per i vini subacquei che in cantina) per verificare se ci fossero differenze significative tra loro. Un test di discriminante sensoriale è stato applicato sugli stessi vini.

I risultati hanno mostrato che l’invecchiamento subacqueo ha influenzato significativamente la composizione chimica dei vini. Il profilo fenolico e i composti responsabili del colore si sono rivelati i più colpiti dai due diversi tipi di invecchiamento, mentre i volatili sono risultati meno influenzati dai trattamenti.

Il test sensoriale discriminante ha evidenziato che i vini subacquei e della cantina sono stati percepiti in modo diverso in base al trattamento di invecchiamento e al momento della valutazione (dopo 6 o 12 mesi).

https://www.teatronaturale.it – 11/03/2025

Hofstätter: “Nei dealcolati l’alta qualità del vino base fa la differenza”

Quando tutti (o quasi) gridavano allo scandalo, lui andava dritto per la sua strada. Senza girarsi né farsi influenzare da chi dissentiva. Martin Foradori Hofstätter faceva ricerca e produceva lungo le sponde della Mosella i suoi vini dealcolati a base Riesling, firmati Dr. Fischer, la sua cantina con sede in Germania che si affianca alla tenuta Hofstätter del Trentino-Alto Adige (11 milioni di fatturato). Oggi la produzione alcol free si è arricchita: si è aggiunta un’etichetta premium. E sono in corso prove di rosso con il Pinot Nero.

Com’è l’andamento del mercato dei vini dealcolati per la sua azienda?
“La nostra produzione è iniziata nel 2020 con 15mila bottiglie, grazie all’intuizione di mio figlio Niklas, che allora studiava in Germania. Oggi produciamo in tutto centomila bottiglie di dealcolati, per il 70% destinate al mercato italiano. Il canale che ha risposto subito è stato quello dell’hotellerie internazionale, a cui ora stanno seguendo tutti gli altri, enoteche comprese. Mi viene da dire “l’ho sempre detto”. La soddisfazione più grande è vedere che ora anche i più agguerriti contrari ai vini dealcolati stanno scoprendo che per questa categoria c’è spazio e mercato. Il vino dealcolato offre molte opportunità per la ristorazione. La principale è raggiungere chi a tavola è abituato a bere solo acqua e bibite gassate”.

Che tecnologia utilizzate per dealcolare?
“Si tratta della distillazione sottovuoto, un processo che permette di ridurre il contenuto alcolico del vino, preservando al contempo i delicati aromi della materia prima. All’interno di un’apposita apparecchiatura viene ridotta la pressione atmosferica (a circa 15 mbar) e così si abbassa anche il punto di ebollizione dell’alcol da circa 78° C a circa 25-30° C. Grazie al suo punto di ebollizione inferiore rispetto agli altri componenti del vino, l’alcol evapora per primo. L’aspetto cruciale della distillazione sottovuoto è il controllo della temperatura. Questo processo consente di estrarre l’alcol a temperature basse, contribuendo a preservare gli aromi e i composti aromatici più delicati. Questo è fondamentale per assicurarsi che il vino dealcolato mantenga le qualità sensoriali della materia prima, nel nostro caso, il Riesling”.

Perché ha deciso di produrre un’etichetta premium? Crede che avrà un suo mercato?
“Attualmente la nostra linea Steinbock Zero include un fermo e una bollicina a base di Riesling, ma in questi giorni abbiamo lanciato sul mercato un prodotto dealcolato di alta fascia ‘Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling’ – questo il nome del nuovo prodotto – che si distingue soprattutto per l’eccezionale qualità del vino base: un Riesling nato da uve selezionate con circa 9 % di alcol e un residuo zuccherino naturale di 30 grammi per litro. Questo tipo di base ci consente una dealcolazione più rapida che preserva il perfetto equilibrio tra frutto, corpo, acidità e residuo zuccherino naturale. Il risultato è un prodotto fresco, raffinato e leggero. Inoltre, già produciamo anche due ‘private label’ per la grande distribuzione italiane, segnale chiaro della richiesta da parte dei consumatori.”.

Molti temono che i dealcolati non siano sani per la presenza di additivi, c’è questo rischio?
“Ma di che cosa stiamo parlando esattamente? Di quali additivi? Non mi risulta ce ne siano, forse le persone dovrebbero informarsi bene prima di criticare. L’unico è l’anidride carbonica per gli sparkling”.

https://www.repubblica.it

Pinot Grigio Doc da vitigni resistenti. Consorzio delle Venezie

Dalla conquista dell’America a quella della GenZ. La Doc Pinot Grigio delle Venezie inizia l’anno in pole position, pronto a spingere sull’acceleratore del cambiamento. I numeri di fine anno gli danno ragione – imbottigliato a +3% e certificazioni a +8% rispetto al 2023 – ma non bastano più. Adesso la missione è conquistare il mercato nazionale e i palati più giovani. Ne è convinto Albino Armani, il presidente del consorzio Doc delle Venezie che, in questa intervista esclusiva al Gambero Rosso, svela i piani per il prossimo futuro: vini a bassa gradazione e utilizzo dei vitigni resistenti. L’iter è avviato su entrambi i fronti, ma non basta solo modificare il disciplinare.

Partiamo dai numeri: una notevole iniezione di ottimismo in un momento in cui i consumi di vino vanno in direzione opposta. Come ve lo spiegate?

Senz’altro si tratta di un dato rassicurante che fa del Pinot Grigio una denominazione anticiclica. La cosa più interessante è che, in quel +3% c’è già dentro un anticipo degli imbottigliamenti (140mila ettolitri circa) della nuova annata. E questo ci dice che c’è una richiesta maggiore di prodotto e che i quantitativi dello scorso anno non sono bastati a soddisfare la domanda.

Insomma, c’è poco Pinot Grigio in circolazione?

Probabilmente negli anni scorsi siamo stati più pessimisti del necessario e, adottando le misure di gestione produttiva – dal blocco degli impianti allo stoccaggio – siamo arrivati corti rispetto alle richieste. D’altronde è l’Italia il maggior produttore di Pinot Grigio al mondo.

Sebbene con una concorrenza sempre più spinta da parte dei Pinot Gris californiani…

Questo ci spinge a non accomodarci sugli allora, ma allo stesso tempo è un attestato di stima. Il Pinot Grigio l’ha scoperto l’Italia. Il fatto che piaccia ai californiani, tanto da spingerli a investire sui nuovi impianti, ci dice che c’è una proiezione positiva dei consumi da qui ai prossimi venti anni: lunga vita al Pinot Grigio, dunque. E che vinca il migliore! Leggi il resto di questo articolo »

Vino dealcolato: i pochi pro e i molti contro di una riforma inevitabile

Dal 27 dicembre 2024, grazie a un decreto del ministro Lollobrigida, anche in Italia si può produrre un vino dealcolato. Notizia buona? Notizia cattiva?

Beh, visto che la pratica era consentita già in altri paesi produttori – anche a noi vicini geograficamente e culturalmente – diciamo che era inevitabile che si liberalizzasse la pratica anche nel nostro Paese. E questo darà modo ai nostri produttori di non subire una concorrenza ingiusta. Quindi, almeno da questo punto di vista, bene direi.

Poi però si apre un altro fronte non di poco conto, ovvero cui prodest questa operazione? Cercherei di rispondere per punti con l’obiettivo di chiarire la posizione di Slow Wine rispetto a questa grande innovazione per il mercato e per i consumatori.

Vino dealcolato: quali i pro?
La notizia più positiva è riservata a tutti coloro che per scelte ideologiche, religiose e di salute vorrebbero bere il “vino” e ora finalmente lo potranno fare. Questo fatto per rispetto delle persone che la pensano diversamente da noi diciamo che sicuramente va salutato come un successo della tecnica e della ricerca: dunque ben venga!

E i contro?
Diversi produttori di cui abbiamo stima salutano il vino dealcolato come la panacea a tutti i mali della riduzione dei consumi, e quindi la salvezza per diversi vigneti e denominazioni storiche. Su questo nutro dubbi profondi e cercherò di esplicitarli.

La pratica di dealcolizzazione riduce la produzione perché si toglie almeno il 15% del volume dal vino. Questa drastica diminuzione della resa, su vigneti di collina che già hanno una produttività bassa, obbligherà a prezzi molto alti dello zero alcol. Molto più facile e scontato che le uve di queste future bevande sia raccolte in pianura, dove è semplice irrigare e pompare le vigne, sfruttando – perché no!? – la vendemmiatrice e la meccanizzazione spinta. Se tanto si realizzano vini senza alcol, francamente molto manipolati dal punto di vista tecnico (a meno che i supporter della tipologia non vogliano raccontarci che l’osmosi è una pratica “naturale”), che importanza avrà il loro legame presunto con il terroir?

Veniamo a uno dei punti meno presi in considerazione, ovvero la piacevolezza degli stessi dal punto di vista organolettico. Leggi il resto di questo articolo »

L’effetto kokumi nei vini

Un team della Fondazione Edmund Mach ha scoperto la presenza di composti kokumi nei vini, capaci di arricchire il gusto e di amplificare le sensazioni sensoriali. Fulvio Mattivi, a capo dello studio, ci spiega il potenziale di queste sostanze e il loro ruolo nella percezione del vino.

Negli ultimi anni il mondo della ricerca ha investito molto per comprendere, da un punto di vista scientifico, la percezione che i consumatori hanno del vino, approfondendo anche le proprietà sensoriali meno conosciute, come il kokumi. Originario della cultura giapponese, il termine kokumi descrive dei composti che, pur non avendo un sapore specifico, amplificano e arricchiscono i gusti presenti, aumentando la persistenza e la complessità del vino. Fulvio Mattivi, ricercatore della Fondazione Edmund Mach, ci ha parlato dei risultati di una ricerca innovativa su questo effetto nei vini bianchi, in particolare nel Trentodoc.

Fulvio Mattivi, che cosa sono i composti kokumi e come influenzano la percezione del gusto?
“I composti kokumi sono sostanze che, senza avere un sapore specifico, amplificano i gusti già presenti. In Giappone sono conosciuti e utilizzati da tempo per arricchire il sapore di alimenti come brodi e zuppe, rendendoli più intensi e persistenti. Nel vino, l’effetto kokumi potrebbe spiegare perché alcuni vini, pur con composizioni chimiche simili, siano percepiti in modo diverso al palato”.

Perché il termine kokumi e cosa significa esattamente?
“Kokumi è un termine giapponese, proprio come umami, e descrive una sensazione di gusto che in Occidente non ha una parola equivalente. Kokumi rappresenta una sensazione di ‘pienezza’ o ‘volume’, una qualità che arricchisce e intensifica le altre sensazioni gustative senza aggiungere nuovi sapori”.

Ci può fare un esempio di effetto kokumi?
“Pensiamo a formaggi stagionati, Leggi il resto di questo articolo »

Vino, la Freisa pinerolese è la migliore del mondo

La Freisa prodotta sulla collina pinerolese è la migliore del mondo. La Cantina Dellerba di Pinerolo, infatti, è stata premiata con la medaglia d’oro alla 32ª edizione del Mondial des vins extrêmes, il concorso enologico internazionale espressamente dedicato ai vini prodotti da viticoltura eroica.

Il vino che ha trionfato è il Doc Freisa Brigit Neir 2022, che si chiama così proprio per omaggiare la collina di Santa Brigida sulla quale crescono le vigne coltivate dalla famiglia Dellerba. È un territorio con una vocazione storica: già la famiglia Acaja utilizzava queste colline. Il Pinerolese Doc Freisa Brigit Neir 2022 vive un anno d’oro in questo 2024: è stato inserito, proprio in questi giorni, nella sezione “Vini da non perdere” della guida “Vinibuoni d’Italia”, raggiungendo la valutazione massima di quattro selle «per la sua piacevolezza, corrispondenza al vitigno ed equilibrio».

«Abbiamo unito un grande territorio con un grande vitigno: questo connubio ha permesso di creare un grande vino che sicuramente è solo all’inizio e farà parlare di sé – dicono i fratelli Alex e Andrea Dellerba, rispettivamente 32 e 27 anni – C’è ancora tanto da esprimere». Cantina Dellerba fa parte dell’associazione Più Freisa. Questa realtà permette l’incontro e il confronto con altri grandi produttori di Freisa che credono in questo vitigno che ha fatto la storia di Torino. Attualmente si scommette su una Freisa ferma, affinata in legno, Leggi il resto di questo articolo »

Il vino si degusta in mare aperto: partnership tra Msc Crociere ed Associazione Italiana Sommelier

Quando si guida non si deve bere. Ma se si viene cullati dal mare su una nave da crociera, un buon calice di vino ci si può concedere nel massimo della tranquillità e del relax. E per scegliere quello giusto, Msc Crociere, terza compagnia crocieristica al mondo e leader europeo nel settore, da qualche anno ha scelto come partner l’Ais – Associazione Italiana Sommelier, come racconta, tra le altre cose, l’evento “Miglior Sommelier d’Italia Premio Trentodoc” che, nel 2023, è andato in scena a bordo dell’ammiraglia Msc World Europa, nella Convention Nazionale Ais di Genova. E grazie a questa partnership, ora, si aprono tante opportunità professionali a bordo delle navi da crociera per i sommelier.

“La nostra ormai solida partnership con Ais si rafforza con questa ulteriore e importante iniziativa, finalizzata a offrire interessanti sbocchi professionali nel settore food & beverage a bordo delle nostre navi. L’enogastronomia rappresenta, infatti, uno dei grandi punti di forza delle nostre crociere e uno dei principali elementi differenzianti nella scelta delle vacanze da parte dei nostri ospiti”, ha detto Luca Valentini, direttore commerciale di Msc Crociere. Per il presidente Ais, Sandro Camilli “questa partnership offre ai nostri soci un’opportunità unica per intraprendere una carriera entusiasmante e gratificante nel settore del vino a bordo delle navi da crociera Msc. Siamo certi che questa esperienza li porterà a crescere professionalmente e a vivere momenti indimenticabili in giro per il mondo”.

Le navi Msc sono infatti alla ricerca di “sommelier brillanti e motivati – spiega una nota – ai quali offrire un’esperienza professionale unica nel suo genere: lavorare nelle numerose enoteche, ristoranti, cocktail bar e birrerie di alto livello presenti a bordo. Un ambiente di lavoro internazionale, dove mettere a frutto il proprio talento, a contatto con un pubblico realmente globale. Un’esperienza formativa unica, in un contesto stimolante e in continua evoluzione, tramite il quale conoscere nuove culture, paesi e abitudini alimentari di ogni parte del mondo”. Come spesso accade, grazie ad una buona bottiglia di vino.

https://winenews.it – 22/04/2024

Cos’è l’Ippocrasso, il vino dolce che arriva direttamente dal Medioevo

Avete mai assaggiato l’Ippocrasso? Si tratta di un vino speziato dal sapore molto dolce, realizzato secondo un’antichissima ricetta che si fa risalire addirittura a Ippocrate di Kos, ritenuto il padre della Medicina moderna. Da molti considerati l’antenato del  Vermouth, non c’è dubbio che il successo di questo vino si attesta in epoca medievale. Siete curiosi di conoscere la storia di questo vino aromatizzato fermentato? Scopriamola insieme.

Secondo la credenza popolare, l’Ippocrasso sarebbe stato inventato dal famoso medico greco Ippocrate nel lontano V sec.a.C. C’è da dire però che non esistono prove a sostegno di questa tesi, perché le prime fonti che attestano l’esistenza di questo particolare vino risalgono al XVI secolo. Si tratta di un vino aromatico fermentato fatto con aggiunta di spezie e miele.

L’unica certezza è che gli antichi Greci bevevano i vini stomachici, ovvero dei vini locali a base di fiori di artemisia macerati. I Romani a questa tipologia di vino aggiunsero anche spezie ed erbe come timo, mirto e rosmarino.

La bevanda però nota come Hypocras diventa famosa solo in epoca medievale non solo come drink, ma anche come rimedio medico. Secondo gli storici, ogni speziale (o vinattiere) aveva la sua ricetta segreta per la preparazione dell’Ippocrasso. C’è chi usa come spezie cannella, mirro e rabarbaro e chi invece l’artemisia e il cardamomo. In ogni caso sembra come ingredienti fondamentali della ricetta ci fossero vino locale, cannella, zenzero e artemisia.

https://www.wineandfoodtour.it – 05/03/2024