Curiosità
VINO, DIMINUISCONO LE COOPERATIVE IN SICILIA
Diminuiscono le cooperative siciliane del settore vitivinicolo, ma il fatturato, almeno per le aziende più grandi, è in aumento. In ascesa anche prezzi e fatturato dell’imbottigliato, che rimane però sempre marginale (18%) rispetto al totale regionale. Sono questi i principali dati che emergono dalla seconda edizione del volume “La cooperazione vitivinicola in Sicilia. Aspetti economico-aziendali” del professore Sebastiano Torcivia, ordinario di Economia aziendale nella facoltà di Economia dell’università di Palermo. In Sicilia sono 60 le cooperative agricole del settore vitivinicolo, il 25% in meno rispetto al 2007. Di conseguenza, diminuiscono anche i soci passati da 31.762 a 26.880.
Le cooperative imbottigliatrici sono 33 e nel 2011 hanno prodotto quasi 37 milioni di bottiglie da 0,75 litri. La cantina Settesoli con quasi 26 milioni di pezzi rappresenta da sola il 70% del vino imbottigliato delle cantine sociali. Se si guarda al fatturato, le aziende grandi (quelle che superano i 5 milioni di euro) si sono ridotte da 12 a 9, ma il fatturato complessivo è passato da circa 145 milioni a 162 (con un aumento del 12%). Le aziende medie (fatturato compreso tra 1 e 5 milioni di euro) sono 31 e raccolgono quasi 70 milioni di euro. Le aziende al di sotto del milione di euro sono 20 per circa 8 milioni di euro di fatturato complessivo.
Capodanno 2013 cenone: come abbinare il vino al cibo
Consigli e suggerimenti per la scelta dei vini in occasione di Capodanno: scopri gli abbinamenti giusti su Sapori e Ricette.
Da pochissimo è passato Natale ma è già tempo di pensare a Capodanno e al cenone del 31 dicembre 2012, ultimo giorno prima dell’arrivo del nuovo anno. In questa occasione diventa fondamentale la scelta del vino con cui effettuare il brindisi in compagnia di amici e parenti.
Se avete ancora qualche dubbio sulla scelta del vino, ecco che in nostro soccorso arrivano i consigli di Salvatore de Lio, il manager di Enoteca Italiana, che per l’occasione ha fornito molti suggerimenti utili per effettuare un buon accostamento cibo e vino.
Per prima cosa: la scelta dell’origine. Visto il periodo di grande crisi economica, è giusto dare la priorità a vini di origine italiana, che mantengono un buon rapporto qualità/prezzo.
Iniziamo con la cena con uno Spumante, che può essere un Franciacorta o un Trento DOC (da utilizzare entrambi anche per il resto della cena) oppure il Prosecco o i prodotti dell’Oltrepò Pavese.
Durante il cenone la scelta del vino cambia categoricamente in base al tipo di pietanze che andiamo a proporre ai nostri commensali: se sono tortellini associate un bianco, un Bonarda o un Lambrusco d’Emilia; se avete primi di pesce scegliete Fiano di Avellino, Roero Arneis piemontese o un Soave Superiore del Veneto.
Con sughi di carne o piatti di caccaigione meglio abbinare un vino fresco e giovane, come un Negroamaro o un Montepulciano d’Abruzzo; per i secondi a base di carne come l’arrosto o la faraona, potete sceglire tra un Chianti Classico DOCG o un Sagrantino di Montefalco mentre per capriolo o cinghiale dovete puntare a tannini più decisi, come Amarone della Valpolicella o Barolo o Brunello di Montalcino. Il bollito, infine, dà il meglio di sè se accompagnato al Lambrusco o al Barbera.
Passiamo al pesce: se dovete portare in tavola i crostacei, meglio scegliere un Gewürztraminer mentre se avete a che fare con il baccalà, via libera al Castel del Monte e rosato d’Italia, ma anche Montepulciano, Negroamaro e Uva di Troia vanno bene.
Terminiamo con l’argomento dolci: con panettone e pandoro è meglio associare il Moscato d’Asti, mentre per Panforte e Ricciarelli si parla di Vin Santo della Toscana. La questione diventa un po’ più complessa per le torte: se è alla cremapotete optare per il Moscato di Pantelleria, la Malvasia delle Lipari o lo Sciacchetrà delle Cinque Terre mentre se è al cioccolato andate tranquilli con il Barolo Chinato o il Refrontolo Passito.
Annuncio choc nel mondo del vino “Chateau d’Yquem rinuncia al 2012”
La maledizione colpisce ancora come nel 1952, 1972 e 1992 anche quest’anno il più nobile dei sauternes non va in bottiglia “Per restare all’altezza della storia rinunciamo a 25 milioni di euro”.
Avere la fortuna di assistere dal vivo a una vendemmia di Sauternes nella tenuta “Lur Saluces” è l’unico modo per non restare senza parole o almeno perplessi davanti alla notizia che una delle cantine più famose del pianeta non produrrà l’annata 2012 di uno dei vini che hanno reso un mito la Francia enologica. Avendo visto con i propri occhi, in questo paese della Gironda che non arriva a mille anime, l’incredibile selezione fatta grappolo dopo grappolo dai vendemmiatori, capaci di distinguere passo dopo passo il lavoro della “Botrytis cinerea” il fungo microscopico che innesca le muffe nobili che rendono possibile il miracolo del sauternes. Ecco allora si può capire la decisione di dire no, quest’annata non si vinifica.
L’ultima parola è stata di Pierre Lurton, l’unico uomo del vino di cui il gruppo Lvmh si fida ciecamente e le frasi pronunciate per gettare la spugna ricordano al mondo degli enologi e degli agronomi che da soli non ce la possono fare. “Avevamo tutto per farcela – ha detto Lurton che è anche l’uomo che ha avuto il compito di trasformare un’azienda mito in una macchina da utili per Arnault – un grande terra (meglio terroir alla francese, nda), una grande strategia in cantina, ma la natura non si è presentata all’appuntamento con questa annata, il clima non ci ha permesso di andare in bottiglia”. “Un marchio come il nostro – ha aggiunto – deve essere capace di dire non a un’annata. Per la nostra immagine, per restare all’altezza della nostra storia dobbiamo rinunciare a queste centomila, che vogliono dire 25 milioni di euro di fatturato. Ma quando si parla di Yquem non usiamo gli stessi parametri che utilizziamo quando stiliamo un bilancio”.
Parole dette con consapevolezza ma con il dolore di rinunciare ai frutti di mesi di lavoro durissimo ma soprattutto a un prodotto non da bere subito ma da versare nel bicchiere anche tra cinquant’anni. perché la forza del re dei sauternes è proprio questa una straordinaria capacità di invecchiare. Negli ultimi due secoli è accaduto una decina di volte, ma c’è una continuità che autorizza i più assidui frequentatori della tenuta appartenuta ai marchesi di Lur Saluces a parlare di maledizione: non sono mai andate in bottiglia anche le annate 1952, ’72 e ’92. E per il vino preferito da Hannibal Lecter non è poco.
Coi Beatles? Un Prosecco di Valdobbiadene
Vi sarete sicuramente accorti che, durante la degustazione di un vino, ci capita spesso di dire che riscontriamo “note agrumate”, “accenti tannici”, un “insieme armonico”. E questo dei termini descrittivi non è il solo paralellismo possibile per dichiarare “simili” il vino e la musica: siamo in mondi fatti entrambi di sfumature, di riflessi. Mondi difficili (come soffermarsi su una partitura o eseguire una approfondita analisi sensoriale), ma anche facili (come una canzone pop o un bicchiere di rosso bevuto di un fiato). E poi, ogni composizione è sempre il risultato della cultura e dell’ambiente in cui vive il suo autore ma anche del tempo e del luogo: come ogni vino è la summa di fattori concomitanti in modo virtuoso come territorio, vitigno e clima, governati dall’uomo. Proveremo, in queste righe, a fare un piccolo gioco: una sequenza di vini che corra al fianco di altrettanti brani musicali, con il caloroso invito ai nostri lettori a provare l’esperienza…con il sonoro!
Un Prosecco di Valdobbiadene fresco e citrino, un messaggio di gioventù e freschezza, di tempi felici e di momenti spensierati, di un aperitivo in buona compagnia: anche dopo più di quarant’anni ci sembra di sentire nell’aria le voci ridenti dei Beatles nella loro indimenticabile “Love me do”. Con una punta di nostalgia… Ma un vino bianco può dare anche sensazioni più complesse, meno immediate, pur restando di facile approccio. Perché non pensare allora ad uno Chardonnay, magari con un breve passaggio fermentativo in legno? Il calice in mano, è il momento di “It’s for you” di Pat Metheny, raffinato chitarrista americano dotato di uno stile a cavallo fra country e jazz, una musica che prende l’orecchio ma lascia anche lo spazio per i pensieri.
La struttura aumenta, i suoni si fanno più ricercati, più sottili ma allo stesso tempo importanti: con un balzo nel tempo ci portiamo nella New York degli anni ’50 del secolo scorso, ottimismo e progresso in salsa americana. John Coltrane interpreta la grande tradizione della musica nera sposandola con la cultura industriale del Nordamerica. I chiaroscuri e le variazioni ardite di “My favorite things” non possono non ricordare la nuances olfattive e degustative che saprà procurarci un Pinot Nero dell’Alto Adige.
Il corpo e la struttura crescono, l’orchestra si fa più numerosa: una equazione che si applica ai suoni ma anche ai vini. La componente di un affinamento in legno più marcato ed il ruolo decisivo di un vitigno dalla personalità robusta ed elegante insieme quale è il Sangiovese: è quello che troviamo in un Chianti Classico Riserva, al quale ci sentiamo volentieri di “accordare” la “Sinfonia del Nuovo Mondo” di Dvorak, opera per definizione “internazionale” e di grande respiro.
Non appaia scontato chiudere con dolcezza, un invito alla quiete, alla tranquillità e alla serenità di un fine serata. Che ne dite del Coro a bocca chiusa che chiude il secondo atto della Madama Butterfly di Giacomo Puccini? Ci piace pensare, qui, ad un grande passito, come ad esempio un Sauternes, ove l’infinita gamma di profumi e sapori che un vino del genere ci può procurare crea un magnifico contrasto con la semplicità e la linearità del brano musicale.
Vino e musica, quindi, a muovere le nostre emozioni, a dare un contributo di benessere al nostro vivere quotidiano, nel profondo rispetto della soggettività che rende ogni nostra preziosa bottiglia e ogni nostro prezioso disco così unici.
Pane, vino ed olio per la pace in Palestina
L’ultima iniziativa che vede coinvolti, ancora una volta, personaggi ed aziende umbre si concretizzerà con l’inaugurazione di un moderno impianto per la molitura delle olive
Il 20 e 21 dicembre è prevista l’inaugurazione del moderno impianto per la molitura delle olive donato ai salesiani in Palestina grazie alla solidarietà di istituzioni e imprese italiane
Il Progetto “Un Frantoio per Cremisan” è nato in Umbria, per iniziativa della Ong VIS – Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, e ha trovato il supporto economico ed operativo di alcuni Comuni ad alta vocazione olivicola della regione (Giano dell’Umbria, Spello e Trevi), di importanti imprese del settore che operano in Umbria e dell’Associazione Nazionale “Città dell’Olio”.
Il VIS lavora con i salesiani di Don Bosco della Terra Santa dal 1986 e dal 2008 è promotrice, insieme a Stefano Cimicchi e l’enologo Riccardo Cotarella, del progetto di rilancio della Cantina di Cremisan, per il quale ha lanciato in Italia la campagna di promozione e sostegno “Territori diVini”. Leggi il resto di questo articolo »
Nasce il «Presidio Slow Food del Vino Santo da uve Nosiola»
Grande successo a Palazzo Roccabruna a Trento, per la presentazione del nuovo Presidio Slow Food: il Vino Santo Trentino da uve Nosiola
Grande successo oggi, presso Palazzo Roccabruna a Trento, per la conferenza stampa di presentazione del nuovo Presidio Slow Food: il Vino Santo Trentino da uve Nosiola.
Grande affluenza di pubblico, alla presenza di autorità e stampa, per quello che passerà alla storia come l’inizio di una rinascita per il Vino Santo Trentino, per la Valle dei Laghi e per l’intera provincia.
A fare gli onori di casa ci ha pensato Walter Nicoletti, giornalista esperto del settore vitivinicolo, che ha sottolineato come la proposta del Presìdio valorizzi l’impegno dei Vignaioli, non solo sul versante della qualità, ma anche della difesa e promozione dell’ambiente, delle biodiversità e della storia di questo territorio.
Il Presidente dell’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino D.O.C., Giuseppe Pedrotti, uno dei cinque produttori protagonisti di questo grande progetto, ha spiegato la nascita e l’evoluzione di questa importante iniziativa, ringraziando tutti i soggetti coinvolti. Leggi il resto di questo articolo »
Barbera del Sannio, il vino che vuole cambiare nome
Viene confuso con il collega piemontese. Allora, ecco l’idea di una nuova denominazione.
Shakespeare aveva torto: il nome è importante, almeno quando si parla di vino.
Nato nel Sud Italia, il Barbera del Sannio è un vino di qualità, che trova difficoltà ad affermarsi, specialmente nei mercati esteri.
Allora, per cercare soluzioni, la recente “Natale divino” di Castelvenere ha visto riuniti l’Amministrazione locale, l’associazione Cantine al Borgo e la Pro Loco.
Responso della conferenza, il problema sta nel nome: all’estero, il termine “Barbera” viene associato al vino piemontese; chi lo condivide, viene considerato al meglio un parente povero.
Chiarisce Angelo Pizzo, enologo: “Sul mercato nazionale ed internazionale la denominazione Barbera penalizza il vino sannita relegandolo ad un ruolo di copia del primogenito piemontese e falsandone dunque il giudizio dei degustatori”.
Ancora più deciso il sindaco Alessandro di Santo: “E’ come se nel Sannio si producesse un ottimo formaggio dal nome ‘Parmigiano’, per cui le difficoltà di commercializzazione sarebbero notevoli”.
Tra i possibili rimedi, ecco la proposta del Consorzio “Tutela Samnium”: cambiare nome, scegliendone un secondo nome, sfruttando le norme ministeriali.
Marsala sarà Città europea del vino 2013
Il riconoscimento in Spagna, superate le concorrenti Barbaresco e Valdobbiadene
Città europea del vino 2013. Regalo di Natale anticipato e di prestigio per Marsala che, qualche giorno fa, in Spagna, ha ricevuto il riconoscimento dai vertici di “Recevin”, la Rete europea delle Città del Vino.
La candidatura e il progetto della città siciliana hanno prevalso su quelli di altre due concorrenti italiane, Barbaresco, che rappresentava le Langhe, e Valdobbiadene, famosa per la produzione del Prosecco superiore Docg. Diversi i fattori che hanno spinto Marsala, prima Doc italiana, all’attribuzione di questo che va considerato come un premio al lavoro di una vita del settore vitivinicolo trapanese: tutela del paesaggio rurale, garanzia delle produzioni tipiche, impiego di nuove tecnologie a supporto del settore e per la produzione del vino. Un territorio speciale per il suo clima, che esprime cinquantacinque aziende e produce oltre cinquanta milioni di litri di vino.
La macchina organizzativa a Marsala si è già messa in moto con un comitato formato da istituzioni, Comune in prima fila, imprenditori e associazioni per portare avanti un progetto, che ha come partner P&G ed Euresgroup e che farà della città, per l’intero 2013, la capitale del vino e della cultura legata alla vite. Già previsti numerosi eventi istituzionali come la serata di gala della proclamazione, a febbraio, lo stage dei giovani viticoltori e l’assemblea generale della Recevin, ma pure concerti, concorsi e mostre di pittura, scultura e fotografia. Spazio anche a enoturismo ed enogastronomia nella “settimana garibaldina”, con le cantine marsalasi che organizzeranno degustazioni e aperitivi in estate e a Natale 2013. Fra gli eventi in cantiere, “Siciliamo”, organizzato dalla Camera di commercio di Trapani, una fiera internazionale, che vedrà il coinvolgimento di tutti i produttori di vini dolci naturali ed appassiti di tutta Europa, la “Festa della Vite e della Vendemmia”, con i bambini delle scuole e l’organizzazione del primo Forum delle competenze del settore vitivinicolo, una sorta di “Stati generali del vino” con dibattiti, tavole rotonde, riflessioni tecniche, scientifiche ed economiche del settore non solo a livello internazionale.
Il Riesling valdagnese
Nelle famiglie dei contadini di un tempo era chiamato “el rìsli”. Veniva bistrattato e utilizzato come vino da pasto, con uve vinificate solo per uso domestico: spesso accompagnava un piatto di minestra al rientro dal lavoro nei campi. Invece le uve ritenute di maggior pregio e che garantivano un solido sostentamento economico per la famiglia, finivano dritte in cantina sociale. Di generazione in generazione, però, le abitudini sono cambiate; come pure sono mutate le condizioni economiche. Oggi il riesling, vitigno principe per territori come Germania e Austria, ha cambiato essenza: è diventato un vino di passione che, nel caso della Tenuta Dalle Ore di Trissino, ha garantito addirittura l’ingresso nei primi dieci produttori italiani di questa tipologia. In più, con il vanto di essere l’unico vino veneto ammesso in finale. In barba alla più blasonata tradizione teutonica i fratelli Marco, Vittorio e Luciano Margoni Dalle Ore hanno sbaragliato la concorrenza dei rivali nazionali (friulani soprattutto) nonché europei per quanto riguarda la qualità, salendo sul podio al concorso organizzato a Naturno, in provincia di Bolzano, dall’Associazione nazionale riesling d’Italia. Leggi il resto di questo articolo »
Il vino sommerso riemerge dal Paguro
Stappate le prime 100 bottiglie lasciate a maturare tra i resti della piattaforma esplosa 57 anni fa.
RAVENNA – Sono rimaste a maturare per oltre sei mesi nelle profondità dell’Adriatico, nascoste nella ‘pancia’ arrugginita del relitto del Paguro. Ora sono pronte per essere stappate, degustate e messe in commercio, come inedito esperimento di vino sommerso. Con le prime bottiglie ripescate al largo di Porto Corsini, nasce così ufficialmente la Tenuta del Paguro.Si tratta di un’insolita cantina, pensata dai due ravennati Raffaele Ravaglia e Gianluca Grilli proprio all’interno della piattaforma per l’estrazione di idrocarburi sprofondata nel 1965, divenuta un reef artificiale tra i più amati dai sub, e dal 2010 sito di interesse comunitario.
Sul finire della primavera scorsa i due soci avevano posizionato – con l’aiuto dei sub dell’associazione Paguro – oltre 200 bottiglie di vino a una profondità tra i 18 e i 27 metri, per sperimentare l’invecchiamento di quattro diverse qualità romagnole in condizioni ambientali non garantite da nessun’altra cantina convenzionale. Assenza di raggi Uv, temperatura costante tra i 10 e i 13 gradi e continuo flusso d’acqua: fattori permessi nel cosiddetto ‘termoclino’, volgarmente chiamato ‘taglio dell’acqua’, cioè una linea immaginaria che separa l’acqua di superficie da quella di profondità. Le bottiglie sono state qui, nascoste e racchiuse all’interno di quattro cesti di maglia metallica zincata. Hanno atteso fino agli ultimi di ottobre, quando due dei contenitori sono stati issati a bordo della Mephisto per il primo brindisi. Leggi il resto di questo articolo »