Curiosità

Il vino combatte i batteri che causano mal di gola e placca: lo studio

Bere troppo alcol fa male, si sa, su questo non ci piove. Ma ciò non vuol dire che si debba rinunciare del tutto a un buon bicchiere di vino a pasto, anzi.

Rinunciare al vino, in particolare a quello rosso, potrebbe non essere una buona idea. Ormai ci sono Diversi Studi, infatti, che hanno messo in rilievo come un bicchiere di vino possa addirittura farci bene alla salute.

Già negli anni Ottanta ci fu una ricerca che dimostrava come, tra le bevande più diffuse, il vino fosse quella in cui patogeni come salmonella ed escherichia coli sopravvivono meno in un periodo di osservazione di 48 ore.

Una delle conclusioni dello studio fu che la sopravvivenza dei batteri nelle bevande potrebbe dipendere dal loro grado di acidità.

Nel 2007, Uno Studio Più Recente pubblicato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry ha puntato l’attenzione sugli streptococchi che causano mal di gola, carie e placca dentale.

Lo studio ha mostrato che il vino, soprattutto quello rosso, ha proprietà antibatteriche piuttosto buone contro quei particolari patogeni.

Questo studio, in particolare, ha evidenziato come l’attività antimicrobica possa essere imputata agli acidi malico, tartarico, citrico, succinico e acetico presenti nel succo della vite.

La cosa ovviamente non deve essere presa come un invito a bere vino con liberalità. Diciamo che un bicchiere (o magari meglio un mezzo bicchiere) a pasto non fa male a nessuno, ma è bene non superare mai questa quantità, perché in quel caso i danni per la salute supererebbero di gran lunga i possibili vantaggi per il benessere della nostra bocca.

www.pianetadonne.blog – 14/04/2020

L’antico rito del vino santo Trentino modificato dal Corona virus

In tempi di emergenza da coronavirus, con relative restrizioni, quest’anno non potrà essere celebrato l’antico rito pasquale della spremitura delle uve Nosiola.  Dal cui nettare nasce il Vino Santo Trentino.

Ma i Vignaioli della Valle dei Laghi non si sono persi d’animo e in sostituzione del tradizionale rito collettivo della spremitura. Hanno deciso di celebrare tanti piccoli riti nelle diverse aziende, da condividere a distanza con gli amanti, vino afrodisiaco, raro e prezioso, unico al mondo.

Il Vino Santo Trentino è speciale, non un bene effimero, ma elemento fondante della storia della Valle dei Laghi e della memoria delle sue comunità.

Un assaggio di Vino Santo è come un viaggio nel tempo, che riporta alla luce ricordi e memorie dell’immaginario individuale e collettivo.

Il Rito della Spremitura è il momento simbolicamente più importante di questa storia secolare: tradizionalmente svolto in occasione della Settimana Santa.  Il passaggio dall’appassimento dei migliori grappoli di Nosiola raccolti in Valle dei Laghi, alla lunghissima fase di fermentazione e maturazione di questo nettare raro.

Quest’anno, a causa delle norme imposte dall’emergenza coronavirus, il Rito della Spremitura non si potrà svolgere nella sua forma pubblica.

Ma i Vignaioli del Vino Santo non hanno desistito e stanno organizzando diversi piccoli riti, in forma privata, all’interno delle singole aziende. O – dove possibile, come a Santa Massenza – al confine tra le stesse cantine.

Così Giuseppe Pedrotti (Azienda agricola Gino Pedrotti). Marco, Stefano e Arrigo Pisoni (Azienda agricola Pisoni). Graziano e Gianpaolo Poli (Azienda agricola Giovanni Poli). Enzo Poli (Azienda agricola Maxentia) e Alessandro Poli (Azienda agricola Francesco Poli). Hanno deciso di condividere anche quest’anno un rito che li tiene uniti.

Pur distanti, nella volontà di portare avanti la tradizione del Vino Santo Trentino, di generazione in generazione, come ormai avviene da più di cinquecento anni.

www.egnews.it/ – 05/04/2020

Coronavirus, il vino di Vo’ schiantato dalla crisi. «Facciamone alcol disinfettante»

Vo’ è diventata celebre come il primo epicentro europeo del coronavirus. Ma per gli appassionati del vino il paese sui Colli Euganei è ben altro.

È il cuore della produzione dei grandi vini padovani: rossi bordolesi che sfidano i francesi, senza dimenticare la celebre Docg Fior d’Arancio e le produzioni minori, come quel Serprino ribattezzato Prosecco padovano.

Ebbene, dopo aver infettato i residenti, il Covid-19 adesso rischia di mandare in tilt anche la produzione di vino: quattro milioni di bottiglie di vini fermi, un milione di spumanti Docg e altre tipologie per un totale di circa 12 milioni di bottiglie.

Il presidente del Consorzio, Marco Calaon, stima i primi danni. «Di solito vendiamo circa il 40% del nostro prodotto nel periodo pasquale», dice. «E possiamo dire di aver perso questo treno. In estate immettiamo sul mercato un altro 30% e il restante a Natale. In tutto il vino dei Colli Euganei vende per circa 50/55 milioni di euro. È ipotizzabile un danno di circa la metà di questo valore».

Fatte queste premesse, il Consorzio sta guardando con attenzione alle proposte per risollevare il comparto. Considerato che le cantine locali si affidano principalmente ad horeca (ristorazione e alberghi) e privati, il vero rischio adesso è quello collegato al vino sfuso, che sul territorio è di circa 250.000 ettolitri.

«Stiamo valutando di consigliare la distillazione, Leggi il resto di questo articolo »

Vino naturale: arriva il logo certificato VinNatur

VinNatur, l’associazione dei 195 vignaioli naturali che coltivano un totale di 1.800 ettari di vigna e che producono 6,5 milioni di bottiglie di vino ha deciso di inserire in etichetta o sulla capsula (a discrezione del produttore e senza alcun obbligo), a partire dall’annata 2019, un marchio riconoscibile per i consumatori.

L’obiettivo, spiega Garantitaly, è quello di comunicare in modo chiaro e trasparente l’operato in vigna e in cantina di tutti i viticoltori associati. Un modo per raccontarsi ai consumatori, garantendo il rispetto delle linee guida dell’associazione e di differenziarsi da tutti gli altri prodotti che si trovano sugli scaffali della distribuzione.

VinNatur dal 2016, anno in cui è stato introdotto, verifica il rispetto del Disciplinare di produzione da parte dei suoi associati e certifica i nuovi membri attraverso uno specifico piano di controlli eseguito da un ente di certificazione terzo riconosciuto dal Ministero dell’agricoltura.

Con questa iniziativa, VinNatur segue quanto fatto da tempo dalla Fivi. La Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti, nata nel luglio 2008, conta oggi ben 1300 vignaioli, iscritti singolarmente o attraverso le associazioni regionali già esistenti.

“Vogliamo che chiunque acquisti una bottiglia di vino con impresso il logo VinNatur, sappia fin da subito quali sono i principi e lo spirito che guidano il nostro operato e quali sono i canoni secondo i quali produciamo il nostro vino con un simbolo di facile lettura per il consumatore finale, uno strumento di immediatezza comunicativa e un marchio di qualità e garanzia a disposizione dei soci.

La naturalità è ormai un dato di fatto, e si esprime tramite produzioni di alto profilo in grado di raccontare in modo fedele il proprio territorio: è questo che l’Associazione Viticoltori Naturali vuole difendere e promuovere da sempre, innanzitutto tramite lo strumento del Disciplinare e ancor più oggi con l’apposizione di questo marchio” spiega Angiolino Maule, presidente VinNatur.

www.corrierenazionale.it – 01/04/2020

Coronavirus, le certificazioni del vino vanno avanti per garantire la vita delle cantine

Giuseppe Liberatore (Valoritalia): “oggi, di concerto con il Ministero delle Politiche Agricole e con l’Icqrf, semplifichiamo con le autocertificazioni, poi torneremo ai normali controlli, aspetto su cui l’Italia è modello.

Continuano senza problemi, con le precauzioni di legge, le consegne di fascette per Docg e Doc.

Il vino non diffonde il Coronavirus, lo hanno ribadito anche gli enologi. Chi chiede certificati di salubrità specula, e va segnalato. Deve difenderci lo Stato”.

https://winenews.it – 13/03/2020

Cari produttori, in vigna o in cantina con la mascherina fate più danni del Coronavirus

Mentre l’economia italiana affonda sotto i colpi di Coronavirus, loro che fanno? Inventano un hashtag al giorno e si fanno fotografare in vigna e in cantina con la mascherina anti contagio in bella vista, sul volto. Peccato che attorno non ci sia nessuno e che le disposizioni del Ministero dicano ben altro. Forse sbaglio io. Ma certi produttori, in questi giorni di panico e di allarme anche sociale stanno facendo più danni al vino italiano sui social, che Covid-19 per le piazze del Bel paese.

Sarebbe bello poter sostenere che queste patetiche esibizioni su Facebook ed Instagram facciano male solo allo stomaco di chi ha un po’ di sale in zucca, o ancor meglio ai diretti interessati.

Il fatto, purtroppo, è che foto come queste – che circolano mentre gli occhi del mondo sono fissi sull’Italia – danneggiano inesorabilmente l’intero settore, in un momento in cui centinaia di aziende agricole (non solo vitivinicole) rischiano di essere spazzate via dal vento invisibile arrivato dalla Cina.

Le foto dei produttori di vino con la mascherina, in vigna o in cantina, riescono nel miracolo di far provare simpatia (oggettiva) per Veronafiere, che in questi giorni – contro tutti, tranne che i propri interessi, va detto – sta cercando di tenere in piedi con le unghie e con i denti un Vinitaly 2020 con la flebo nelle vene, riprogrammato dal 14 al 17 giugno.

Già, perché se da un lato c’è qualcuno (incravattato) che si sta facendo un culo così per salvare il salvabile del comparto (criticabile o meno che sia), dall’altro ci sono incommensurabili idioti che, nel nome di due fottuti like, sono disposti a mandare messaggi sgradevoli al mondo intero, tra l’ilarità dei più.

Facciamocene una ragione, allora, se la Francia ride di noi con la pizza Corona di Canal+: non è strafottenza, è pietà. Siamo i primi a far ridere il mondo per come spesso (s)comunichiamo le nostre eccellenze, al posto di trasmettere la voglia di scoprire l’Italia. Torniamo tutti sul pianeta Terra. Ce n’è un gran bisogno. Cin, cin.

https://www.winemag.it – 13/03/2020

Vino dal rubinetto di casa: il miracolo nel Modenese

Quel che tutti sotto sotto vorremmo è accaduto oggi nel Modenese: il rubinetto dell’acqua di casa, all’improvviso, ha iniziato a versare vino. Un miracolo, verrebbe da dire, che è sicuramente stato salutato come tale dai cittadini di Settecani, frazione alle porte di Castelvetro. Stamattina, quando si sono svegliati e hanno aperto il rubinetto del lavandino per lavarsi la faccia, hanno visto che non usciva acqua, bensì vino.

Per la precisione, Lambrusco Grasparossa, probabilmente il più celebre vino della zona. E qui, possiamo solo immaginarci le reazioni, tra chi ha deciso di iniziare la colazione con una marcia in più e chi ha riempito le borracce facendo scorta per i periodi di magra (con il Coronavirus in giro e i supermercati saccheggiati, non c’è da biasimarli).

La motivazione del presunto miracolo, tuttavia, non implica nessun santo. Come spiega sui social il Comune di Castelvetro di Modena, “In merito alle segnalazioni giunte sull’impianto idrico di Settecani volevamo informarvi che si è trattato di un guasto improvviso all’impianto di produzione di un’azienda dell’area.

Il guasto è già stato risolto e non vi sono più problemi alla rete in oggetto, rassicuriamo che si è trattato di una perdita di liquido alimentare (vino) non dannosa per l’organismo e priva di rischi sia igienici che sanitari”.

Il motivo del vino dal rubinetto, dunque, pare essere stato un guasto in uno dei silos della cantina sociale di Settecani, che ha fatto finire il Lambrusco nelle condotte dell’acquedotto, e di lì nelle case dei Modenesi che si trovavano in prossimità della zona dove si trova la cantina. Che non hanno potuto far altro che brindare, e recuperare tutti i contenitori possibili per non sprecare neanche una goccia.

https://www.dissapore.com – 04/03/2020

Mary Jane il vino alla marijuana

Si chiama Mary Jane, ha un colore verde brillante e un costo elevato: è il vino alla marijuana che proviene dalla California. Qui, e in molte altre zone degli Stati Uniti, la cannabis è legale e acquistabile attraverso la prescrizione medica.

Nonostante alcuni Stati abbiano istituito leggi che proibiscono di mescolare la cannabis all’alcol, in California non c’è alcun limite del genere. Così un’azienda specializzata in prodotti contenenti cannabis ha realizzato questo particolare vino attraverso l’infusione della marijuana.

Il vino è realizzato con una tecnica specifica, affinata dallo chef Herb Seidel. Consiste nell’introdurre le cime di marijuana all’interno di bottiglie di vino, per poi lasciarle macerare. Con l’infusione, l’erba rilascia i suoi principi attivi e la clorofilla, che conferisce alla bevanda il caratteristico colore verde brillante.

L’ultima novità è il vino infuso alla marijuana. In passato alcuni stati avevano istituito leggi che proibivano di mescolare la cannabis con l’alcol, ma in California non è stata istituita nessuna proibizione di questo tipo. Mary Jane è un vino molto particolare, realizzato con la marijuana, realizzato da un’azienda specializzata in prodotti contenenti cannabis

Per ora il prodotto non è ancora arrivato in molte tavole, visto che il prezzo è decisamente alto. Una bottiglia piccola di vino ha infatti un costo che va dai 100 ai 400 dollari, ma moltissime aziende stanno tentando di entrare nel mercato, cercando di realizzare una versione di Mary Jane low cost.

Secondo alcuni sommelier, i vini che si abbinano meglio alla cannabis sono il Prosecco e lo Chardonnay. Molti considerano migliore l’accostamento con la birra.

Mary Jane è diverso dal cosiddetto pot wine – ovvero il “vino corretto alla cannabis” – anch’esso, per ora, non adatto a un commercio su larga scala. Questo sia per le leggi che ne regolamentano la diffusione sia per il costo.

https://www.foodmakers.it – 19/02/2020

Londra, rimosso il “bancomat” che erogava Prosecco

Le proteste dei giorni scorsi del Consorzio di tutela del Prosecco Doc alla fine hanno sortito gli effetti sperati e i gestori di Vagabond Wine, una catena di enoteche londinesi, hanno deciso di rimuovere il distributore automatico di vino installato in una strada del centro della capitale inglese.

Secondo il presidente del Consorzio si tratta di un atto dovuto che apprezziamo nella misura in cui ristabilisce una corretta informazione nei confronti del consumatore”.

In seguito alle rimostranze dell’associazione e alle prospettive di azioni legali, non essendo prevista dal disciplinare la mescita del Prosecco con sistemi alternativi al versamento diretto del vino dalla bottiglia, gli esercenti di Vagabond Wine hanno rimosso la macchina distributrice.

“L’auspicio – spiega Zanette – è che anche questo episodio si ponga in un percorso di presa di consapevolezza di come soltanto il rispetto delle regole rappresenti, all’estero come in Italia, la vera garanzia della qualità del prodotto e, perciò, di un rapporto leale verso i consumatori”.

Sul tema è intervenuta ieri anche Teresa Bellanova, ministra delle Politiche agricole: “Bene il prezioso e centrale ruolo di vigilanza del Consorzio del Prosecco che ha immediatamente denunciato l’accaduto e messo fine – ha detto in una nota – a questa frode ai danni dei consumatori inglesi.

La lotta alla contraffazione a difesa dei nostri prodotti e l’usurpazione di nomi protetti italiani è tra le nostre priorità. Sostenere sui mercati internazionali il made in Italy, le nostre Dop, Igp e Stg è essenziale – conclude Bellanova – se vogliamo valorizzare al meglio il Made in Italy e mantenere alta la fiducia dei consumatori”.

https://www.fanpage.it – 12/02/2020

Pechino avrà un museo del vino in collaborazione con Bordeaux

Non solo Coronavirus. Dalla Cina arrivano anche notizie di nuovi importanti progetti per il vino. Le autorità cinesi hanno infatti deciso di finanziare la costruzione del museo del vino di Pechino. Una struttura – annuncia il sito britannico Decanter – di 18mila metri quadrati. Sarà chiamato “Musée Universel du Vin” e verrà aperto nel 2021.

Già il nome indica i partner del progetto che sono, ovviamente, francesi. La Cité du Vin di Bordeaux sarà infatti gemellata con il nuovo museo e ha contribuito a progettarlo.

Si prevede un costo di costruzione di circa 60 milioni di euro. Il museo sarà realizzato nel distretto di Fangshan, a circa 40 km dalla Città Proibita. L’obiettivo è quello di creare un “villaggio del vino internazionale”, realizzato quasi come una copia del villaggio di St-Emilion: una sorta di parco tematico del vino che comprenderà vigneti biologici, un hotel con Spa e ristoranti. Ci sarà uno spazio espositivo permanente di 6.700 metri quadrati, oltre a un auditorium, una cantina per vini e spazi per le aule.

Presidente e fondatore del villaggio vinicolo internazionale è l’uomo d’affari cinese Weixing Tang.

Anche se il progetto porrà particolare enfasi sui vini cinesi e francesi, saranno presenti vini provenienti da tutto il mondo,.

I funzionari sperano che il museo del vino di Pechino possa attrarre 500.000 visitatori nel suo primo anno.

www.federvini.it/estero – 10/02/2020