La California riscopre il Sangiovese

Un tempo acclamato come “il nuovo Merlot”, il Sangiovese ha vissuto una stagione sfortunata in California. Negli anni ’80 e ’90, nel pieno del movimento “Cal-Ital”, questo nobile vitigno toscano è stato coltivato e vinificato senza criterio, dando vita a vini poco equilibrati e spesso sovraccarichi. Il risultato è stato un generale disinteresse verso il Sangiovese, considerato inadatto ai suoli e al clima californiani. Oggi però, come ha messo in luce un recente articolo del San Francisco Chronicle, qualcosa sta cambiando. Una nuova generazione di produttori sta riscoprendo il potenziale del Sangiovese, attirata dalla sua capacità di adattarsi al caldo e di esprimere un’ampia gamma di stili. Non si cerca più di imitare i grandi rossi italiani, ma di interpretare il vitigno con un tocco californiano, sfruttando cloni più adatti e tecniche enologiche moderne.

Il quotidiano californiano ha riportato vari esempi e testimonianze di produttori locali che stanno rappresentando il nuovo corso del Sangiovese made in Usa. Secondo Andrew Jones, di Field Recordings a Paso Robles, il Sangiovese permette di ottenere vini fruttati ma seri, più strutturati dei rossi leggeri oggi di moda. Lo spettro stilistico va dalle versioni classiche, con ciliegia, cuoio e tannini rustici, a quelle leggere, fermentate a grappolo intero secondo la macerazione carbonica, con aromi vivaci e profilo rinfrescante.Peter Stolpman, della Stolpman Vineyards, è stato tra i pochi a non abbandonare il vitigno dopo la sua crisi. Ispirato dal Brunello, suo padre piantò Sangiovese a Ballard Canyon nel 1994. Anni dopo, su richiesta di un ristorante, nacque una versione “chillable”, leggera e servibile a temperatura più bassa. Quel vino, chiamato poi Love You Bunches, fu un successo inaspettato e divenne simbolo di una nuova era per il Sangiovese in California.

Negli anni ’90, anche produttori di primo piano come Dalla Valle, Shafer e Antinori investirono nel Sangiovese, soprattutto sulle colline di Napa Valley. Ma tranne Antinori, con il ramo americano dello storico marchio italiano, tutti abbandonarono il progetto dopo pochi anni. Il motivo? Il vitigno fu spesso trattato come un Cabernet, con raccolte tardive e troppo legno nuovo, snaturando la sua identità. Oggi, produttori come Margins, Broc Cellars, Coquelicot e Union Sacre portano avanti interpretazioni tanto diverse quanto interessanti. Alcune richiamano lo stile toscano, altre quello dei vini naturali del Lazio o persino degli spumanti rossi emiliani. Il progetto Jupiter, avviato nel 2020 da Thomas DeBiase, prende il nome dall’etimologia latina del vitigno — sanguis jovis, “sangue di Giove” — ed esprime proprio questa versatilità: rosso fruttato e gioioso, ma con profondità. Anche lo stesso Andrew Jones ha diversificato: produce Freddo (un Sangiovese fresco da macerazione carbonica), Loomis No. 3 da clone corso e Fiasco, un blend in stile Chianti vecchio stampo. Per lui, il vitigno è perfetto per il clima caldo di Paso Robles e piace anche ai giovani, attratti da quei sapori definiti “da nonni” che rimandano a ciliegia matura, scatola di sigari e soffitta polverosa. Il Sangiovese, insomma, non è più l’alternativa al Merlot. È diventato un vino a sé, con una nuova identità californiana.

https://www.gamberorosso.it – 04/07/2025

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