Chianti

Zona di produzione e storia

Sottozone: Colli Fiorentini, Montalbano, Rufina, Montespertoli, Colli Aretini, Colline Pisane e Colli Senesi.
Il primo documento che contiene la più antica menzione del Chianti, nella qualificazione di origine del suo vino, è del 1398. Da questi documenti contabili risulta che il Chianti è bianco e nemmeno di grande qualità, come si può dedurre dal prezzo riportato. Documenti del 1427 riportano che nel Chianti si era affermato il vino rosso. Nel Quattrocento il Chianti cominciò ad essere consumato anche dai Papi, ad esempio papa Paolo III attorno al 1536 su consiglio del proprio bottigliere Sante Lancerio.
Nel 1713 furono emanati due bandi da parte di Cosimo III Granduca di Toscana; il primo fissava, in modo preciso, i confini delle zone vitivinicole più pregiate nelle quali si produceva il vino Chianti, mentre il secondo abbozzava una sorta di disciplinare. Il bando determinò un primato assoluto, perché fino ad allora in nessuna altra parte del mondo si era deciso di individuare legalmente l’area di produzione di un vino pregiato e dovevano passare due secoli perché altri lo facessero.
Dopo la metà dell’Ottocento apparvero le prime vere opere specifiche di enologia e viticoltura toscana da parte di vari autori: Blasiis (1860), Lawle (1865), Pollacci (1871) e Bizzarri (1888), ma la figura più importante fu Bettino Ricasoli, intelligente ed appassionato agricoltore e valido enologo.
Egli produsse nel Castello di Brolio un vino rosso capace di tenere testa ai famosi vini rossi superiori italiani e francesi e, come uomo politico di stato, aprì la via del mondo al vino Chianti, che da allora iniziò ad essere esportato in vari paesi del mondo. Il Ricasoli, dopo numerosi esperimenti condotti tra il 1834 e 1837 nei vigneti di Brolio, riuscì ad individuare quello che lui riteneva essere l’uvaggio adatto per produrre vino Chianti. Ecco, quindi, l’originale composizione del Chianti: due varietà di uve rosse, il Canaiolo (5 – 10%) ed il Sangiovese, vera anima di questo vino (75 – 90%); poi due varietà di uve bianche, Malvasia e Trebbiano (2 – 5%), quest’ultima non era però presente nell’uvaggio definito da Ricasoli. Il Chianti prodotto con tali criteri, non tardò ad imporsi sui mercati: nel 1860 – 1870, con Firenze capitale d’Italia, il Chianti venne commercializzato in Italia ed in Europa (soprattutto in Inghilterra).
Ma, con il diffondersi della sua fama e con l’incremento della richiesta dal mercato, produttori con pochi scrupoli commercializzavano vini anche fuori zona con il nome di Chianti e non tardò a diffondersi una produzione vinicola incontrollata, spesso di qualità assai peggiore rispetto all’originale, definita dapprima “uso Chianti”, e poi proprio “Chianti”.
Dal 1900 al 1930 furono fatti molti tentativi per emanare una legge di tutela dei vini tipici. Nel 1924, per mettere fine alla confusione creatasi, un gruppo di 33 produttori della “zona classica”, cioè la più antica costituì il “Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti e del suo marchio di origine”. Il consorzio come marchio scelse il Gallo Nero su fondo color oro, simbolo dell’antica Lega del Chianti sorta nel XIII secolo. Più tardi, nel 1932, dopo anni di insistenti richieste, quando ormai si imbottigliava abusivamente come Chianti vino prodotto un po’ dappertutto nel centro Italia, una commissione ministeriale autorizzò ad usare la denominazione “Chianti Classico” solo per qualificare la produzione enologica della zona storica. Nel 1967 giunse un altro riconoscimento: per effetto della legge sul riordino delle denominazioni, L. 930. 1963, il Chianti Classico fu uno dei primi vini ad ottenere la Denominazione di Origine Controllata; nel 1984, è stata riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata e Garantita e risale al 2003 l’ultimo decreto ministeriale che apporta modificazioni al disciplinare di produzione della denominazione di origine controllata e garantita “Chianti”. La storia del vino Chianti è legata in modo indissolubile al suo più famoso contenitore: il fiasco.

Vitigni – Grado alcolometrico minimo – Invecchiamento e qualifiche

Composizione ampelografica:
- Sangiovese: minimo 75%;
- Canaiolo nero: fino al 10%;
- Trebbiano toscano e Malvasia del Chianti singolarmente o congiuntamente: fino al 10%.
Possono inoltre concorrere alla produzione le uve a bacca rossa provenienti dai vitigni idonei alla coltivazione nelle unità amministrative della zona di produzione delle uve e presenti nei vigneti nella misura massima del 15% del totale delle viti per il vino “Chianti” e del 20% per i vini “Chianti” con riferimento alle sottozone e alla specificazione aggiuntiva “Superiore” purché non venga superato il limite del 10% per ogni singolo vitigno e non modifichino le caratteristiche specifiche del “Chianti”, anche con riferimento a sottozone e specificazioni aggiuntive.
I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere tali da non modificare le caratteristiche peculiari dell’uva e del vino. In particolare è vietata ogni forma di allevamento su tetto orizzontale tipo tendone. È vietata qualsiasi pratica di forzatura.
- Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% per il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Chianti” e per i vini “Chianti” con i riferimenti alle sottozone “Colli Aretini”, “Colli Senesi”, “Colline Pisane” e “Montalbano” e 12% per i vini “Chianti” con i riferimenti alle sottozone “Colli Fiorentini”, “Rufina”, “Montespertoli” e con la specificazione “Superiore”;
- Acidità totale minima: 4,5 g/l;
- Estratto non riduttore minimo: 19 g/l per il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Chianti” e 21 g/l per tutti i vini con i riferimenti alle sottozone “Colli Aretini”, “Colli Fiorentini”, “Colli Senesi”, “Colline Pisane”, “Montalbano”, “Rufina”, “Montespertoli” e 22 g/l per il vino con la specificazione “Superiore”.
Invecchiamento: il vino a denominazione di origine controllata e garantita “Chianti”, se sottoposto ad invecchiamento di almeno due anni, di cui almeno tre mesi di affinamento in bottiglia, può aver diritto alla qualifica “riserva” purché all’atto dell’immissione al consumo abbia un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 12%.
I vini a denominazione di origine controllata e garantita “Chianti” con i riferimenti alle sottozone “Colli Aretini”, “Colli Senesi”, “Colline Pisane”, “Montalbano”, “Montespertoli” per aver diritto alla qualifica “riserva”, dovranno essere sottoposti ad un invecchiamento di almeno due anni, di cui almeno tre mesi di affinamento in bottiglia e dovranno avere un titolo alcolometrico volumico totale minimo del 12,5%.
Inoltre per i vini a denominazione di origine controllata e garantita “Chianti” con i riferimenti alle sottozone “Colli Fiorentini” e “Rufina” l’invecchiamento previsto dovrà essere effettuato per almeno sei mesi in botte e tre in bottiglia.
Il periodo di invecchiamento viene calcolato a decorrere dal 1 gennaio successivo all’annata di produzione delle uve.

Caratteristiche organolettiche

- Colore: rubino vivace tendente al granato con l’invecchiamento;
- Odore: intensamente vinoso, talvolta con profumo di mammola e con più pronunziato carattere di finezza nella fase di invecchiamento;
- Sapore: armonico, asciutto (con un massimo di 4 g/l di zuccheri riduttori), sapido, leggermente tannico, che si affina col tempo al morbido vellutato.

Abbinamenti e temperatura di servizio
 
Tanti sono i tipi di Chianti e, di conseguenza, vasto è il repertorio di cibi per l’abbinamento.
I Chianti dotati di corpo sottile, fruttati, di contenuta alcolicità, sono da gustare giovani, serviti a 16°C di temperatura. Appartengono a questa tipologia i Chianti Colli Aretini, Colline Pisane e Montalbano. Il Chianti Colli Aretini è piacevolmente brioso, ed è un gradevole vino da tutto pasto; accompagna bene zuppe saporite, pesce in umido, carni alla brace, reale di manzo bollito. Il Chianti Colline Pisane è tradizionalmente leggero, dal sapore immediato da servire con zuppe, pesce in umido, carni arrosto. Il Chianti Montalbano può essere giovane e leggero, o moderatamente invecchiato. Quest’ultimo, servito alla temperatura di 16-18°C, accompagna bene pollo in umido e carni alla griglia.
Il Chianti giovane e mediamente corposo si presta ad accompagnare carni bianche saporite sottoposta a cottura prolungata in intingolo; ma, ancor meglio, si accosta a carni rosse cucinate alla griglia.
I vini dotati di buona struttura e di apprezzabile alcolicità sono da preferire invecchiati, serviti a 18°C anche se spesso uno o due gradi di temperatura in meno li rendono più bevibili. I Chianti con queste caratteristiche sono: Colli Fiorentini, Colli Senesi, Rufina.
Il Chianti Colli Fiorentini si presenta equilibrato già in età giovanile: accompagna carni arrostite, petto di fagiano in salsa al vino rosso, bistecche di capriolo ai funghi.
Nei Colli Senesi nascono Chianti pregiati. Vi sono bottiglie ottime da giovani, ma la zona è conosciuta soprattutto per i vini più maturi, che si servono con manzo in casseruola e arrosti importanti. Il Chianti Rufina è particolarmente pregiato ed è da degustare a fine pasto come vino da “meditazione”. A tavola si serve con brasati di manzo, lepre in salmì ed in genere con i piatti di carne più ricchi e saporiti.