Parlare di vino

Parlare di vino è difficile, su questo non c’è dubbio. Provare a spiegarlo, soprattutto a un pubblico di non esperti, presenta una serie di problemi peraltro comuni anche ad altri settori specialistici. Si rischia di essere fraintesi, di dire cose non immediatamente comprensibili e che si possono prestare a interpretazioni talvolta malevole.

Se si dice che per chiarificare un vino, cioè per farlo non essere torbido, si usa la colla di pesce o la bentonite a un ascoltatore ignaro potrebbe sembrare chissà quale pratica indecente. Anche se la gelatina di pesce, o colla di pesce, è neutra e trasparente, si usa in pasticceria per fare dei dolci come la panna cotta o la creme caramel, e la bentonite, che ha solo il finale simile a “dinamite” o a “epatite”, è un composto inerte che serve solo a rendere limpido un vino senza lasciare traccia della sua presenza nel prodotto finale. Come peraltro la colla di pesce. Da sottolineare poi che ormai moltissimi produttori usano gelatine vegetali per chiarificare. Ultima cosa, si tratta di pratiche fisiche e non chimiche, come è del tutto evidente, magari non a tutti, ma è così.

Si potrebbe andare avanti con qualche altra considerazione, come quella che per i cambiamenti climatici e anche per l’evoluzione dei gusti, l’arricchimento alcolico con i mosti concentrati (mosti, non “mostri”, e che somigliano a l’innocuo mosto cotto) è sempre meno utilizzato. Poi almeno noi in Italia usiamo quelli, o lo “zucchero d’uva”, in Francia è invece permesso lo zuccheraggio che loro chiamano “chaptalisation” con un termine che suona evidentemente molto meglio.

Infine, ma sempre col Sassicaia ce la dobbiamo prendere? Ma che male ha fatto? Intanto per disciplinare la produzione per ettaro del Bolgheri Sassicaia è di 70 quintali. Poi alla Tenuta San Guido non fanno solo quel vino, ci sono anche il Guidalberto e Le Difese, che sono Toscana Igt con un disciplinare che permette rese più alte. Quindi che tutto arrivi alla produzione totale di un milione di bottiglie è abbastanza ragionevole se consideriamo che la proprietà è di 115 ettari. Se ipotizzassimo una produzione di un milione chili di uva i conti tornano perfettamente. Almeno così mi sembra. Poi, provate a informarvi su quanto producono i grandi Chateaux bordolesi, che so, Mouton Rothschild, e vedrete numeri molto importanti. Niente di scandaloso, secondo me. Ma, come dicevo, è difficile parlare di vino.

https://www.doctorwine.wine – 08/01/2024

Vino e cucina cinese: gli abbinamenti del sommelier per non sbagliare

Come abbinare vino e cucina cinese? La cucina tradizionale cinese è molto variegata e comprende tante cucine tipiche regionali. Ecco perché gli abbinamenti non sono così scontati così si potrebbe immaginare, ma è facile incorrere in errori che possono rovinare l’esperienza enogastronomica al ristorante. La scelta risulta ancora più difficoltosa se si considera che i cinesi non bevono mai vino come accompagnamento dei pasti, ma sempre tè o acqua. Spesso sono le zuppe a ricoprire il ruolo di “bevanda” durante un pranzo. Per non parlare della presenza delle spezie e degli aromi particolari dei piatti che vanno sempre considerati in virtù di un abbinamento col vino. Quali sono i consigli del sommelier? Scopriamoli insieme.

L’abbinamento ideale, quello classico, per chi vuole andare sul sicuro è un calice di buon vino bianco aromatico e morbido. La maggior parte delle persone che mangiano abitualmente al ristorante cinese opta per il Gewürztraminer come vino in abbinamento. Se sono piatti dai sapori non particolarmente speziati e dalla tendenza untosa o grassa potete anche scegliere di abbinarci il Sauvignon o il Viognier. Nulla vieta di abbinarci un rosato, anche se si preferisce sempre un vino bianco per la cucina cinese.

Se siete amanti dei rossi, potete optare per un calice di elegante Pinot nero, soprattutto se si tratta di uno stufato o un piatto a base di carne o di ravioli cotti al vapore. C’è anche la possibilità di abbinare il Chianti o comunque un vino a base di Sangiovese.

Per le zuppe, pasta o noodles meglio abbinare un vino bianco fresco, profumato e fruttato, come Fiano, Arneis o Müller-Thurgau. Attenzione però a considerare sempre non solo la base del piatto cinese che andrete a degustare bensì anche gli ingredienti e le spezie che lo caratterizzano.

Nei piatti dal sapore agrodolce attenzione alla scelta del vino: se siete indecisi meglio optare per le bollicine. Se volete scegliere un’unica bottiglia per accompagnare un intero pranzo o cena al ristorante cinese, senza considerare le singole pietanze e gli abbinamenti singoli, allora vi consigliamo sempre un vino bianco e aromatico (ecco perché tutti ordinano sempre il Gewürztraminer.

https://www.wineandfoodtour.it – 02/01/2024

I raggi ultravioletti salveranno il vino: il progetto che può rivoluzionare il settore (e ridurre i pesticidi)

Presentati in Spagna i risultati preliminari del progetto di ricerca Lifeislight, che studia gli effetti dei raggi ultravioletti sulle viti per stimolare le autodifese e ridurre l’uso di fitofarmaci contro le fitopatie. Si lavora anche per capire se c’è un aumento delle rese

La difesa della vite dalle malattie è uno dei trend topic della ricerca applicata in vitivinicoltura. E in Spagna sono arrivati i primi risultati del progetto europeo Lifeislight, interessante iniziativa che prevede la stimolazione dell’autodifesa del vigneto con l’esposizione ai raggi ultravioletti. L’obiettivo è ridurre l’uso dei fitosanitari, secondo i principi del Green deal dell’Ue. Familia Torres, gigante della viticoltura spagnola con circa 250 milioni di fatturato e 2.500 ettari di vigne, assieme alla sua controllata Jean Leon, hanno reso noto gli esiti preliminari di due campagne di sperimentazione in campo nell’area della Dop Penedès, in Catalogna.

La luce ultravioletta viene proiettata in modalità flash attraverso delle macchine apposite sulle piante di vite, ottenendo una stimolazione delle difese naturali e una conseguente maggiore resistenza. In particolare, il segnale ultravioletto stimola dopo poche ore la produzione di acido salicilico nelle foglie e questo acido agisce come segnale di allarme, provocando la reazione della pianta, che si difende più efficacemente contro oidio e muffe. La luce, secondo i responsabili di UvBoosting, società francese titolare del brevetto dal 2015, è innocua per la fauna, la flora o per lo stesso vino, ma è utile per contribuire al contrasto delle crittogamiche.

Pur essendo la 2023 un’annata poco significativa, in quanto nei filari coinvolti non ci sono stati attacchi di oidio, a fronte di una siccità che, invece, è stata molto forte, i ricercatori e le cantine interessate hanno notato che i vigneti più giovani (e quelli meno colpiti dalla siccità) sembrano aver reagito positivamente al trattamento con luce ultravioletta. Il progetto ha provato anche a studiare se i raggi Uv migliorino la resa in vigna, riscontrando che nel vigneto giovane esposto alla radiazione le rese sono state superiori ad altri appezzamenti non trattati. Lifeislight è un progetto finanziato dal programma Life della Commissione europea e coinvolge anche le Università di Tolosa e di Bordeaux.

https://www.gamberorosso.it – 22/12/2023

“Non è prosecco, è vino spumante”/ Campagna del Consorzio a Londra: “Non chiamatelo così”

Un consorzio italiano ha avvertito i britannici di smetterla di “abusare” del termine prosecco utilizzandolo per qualsiasi vino spumante. In un poster esposto nella metropolitana di Londra, è raffigurata l’immagine di una botte, accanto alle parole: “Questo non è prosecco. Non chiamatelo prosecco se è un comune effervescente”. In messaggio è presente in più di 80 luoghi in tutta la Capitale inglese: come spiega il Daily Telegraph, oltre 15 milioni di persone lo vedranno durante le due settimane della campagna, iniziata il 18 dicembre. La campagna è del Consorzio Prosecco DOC che tutela il termine, che è stato protetto dalla normativa UE dal 2009.

La bevanda ha un’etichetta di denominazione geografica (DOC), il che significa che il vino deve essere prodotto in una delle due regioni italiane, Veneto o Friuli-Venezia Giulia. In precedenza, qualsiasi vino spumante prodotto con uve prosecco poteva rivendicare il nome. Nella dichiarazione annuale del consorzio, è stata richiamata l’attenzione sulla vittoria legale contro i produttori australiani presso la Corte d’Appello di Singapore per consentire l’uso del nome Prosecco solo per i vini di origine italiana.

Come spiega il Daily Telegraph, i produttori australiani producono vino spumante dalla glera, Leggi il resto di questo articolo »

Cameron Diaz sceglie una cantina foggiana per la sua linea di vini bio

Cameron Diaz, famosa attrice e modella statunitense, ha scelto i vini biologici delle Cantine Losito per la sua linea di vini Avaline da commercializzare negli Usa.

Apparsa in The Mask con Jim Carrey, Tutti pazzi per Mary con Ben Stiller, Charlie’s Angels, per citarne solo alcuni, nel 2018 decide di prendersi una pausa dai riflettori per dedicarsi anche alla sua attività vinicola creando, insieme all’imprenditrice della moda e del make-up Katherine Power, la linea di vini Avaline.

La filosofia alla base dei vini che portano la loro firma è di essere biologici, senza pesticidi residui, vegan-friendly e senza l’aggiunta di zuccheri, coloranti o concentrati artificiali. Nelle Cantine Losito Leonardo di Foggia, Cameron e Katherine hanno ritrovato i valori, i profumi, i sapori e lo stile di produzione che cercavano, tanto da decidere di ampliare la linea di vini a loro marchio comprendendo per la prima volta un produttore Italiano.

Cantine Losito è un’azienda vitivinicola familiare da tre generazioni, con 60 ettari in biologico, tra i pionieri in Puglia di questa pratica. La filiera, dalla vigna alla bottiglia, è seguita integralmente dagli enologi Leonardo e Giovanni Losito, motivo per cui è anche parte della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI).

Nonostante la Puglia sia famosa prevalentemente per i suoi vini rossi, come il Primitivo, il Negroamaro e il Nero di Troia, le imprenditrici statunitensi sono state positivamente sorprese dai vini bianchi prodotti nell’Alto Tavoliere delle Puglie, al confine col promontorio del Gargano. In particolar modo hanno apprezzato la Falanghina e il Fiano, due varietà d’uva spesso associate alla Campania ma coltivate tradizionalmente anche nel nord Puglia dal 1300 D.C.

Per l’Italian Bianco di Avaline, la famiglia di enologi Losito ha quindi creato un attento blend di vino Falanghina e Fiano così da esaltare le note agrumate, floreali e tropicali che queste uve sprigionano in questo territorio, ottenendo un vino fresco, complesso e minerale al palato che ricorda un viaggio tra i mari ed i monti del Gargano. Questo particolare blend sarà disponibile esclusivamente in USA, con etichette a marchio Avaline recanti ognuna l’autografo delle fondatrici.

https://greenplanet.net

La nuova normativa sulle etichette del vino: tutto rinviato di tre mesi

Si allontanata la temuta decisione. Tutto rinviato. Viene posticipato di tre mesi il d-day dell’ 8 dicembre temuto dai produttori sull’introduzione e l’applicazione della normativa europea sul cambio di etichettatura per la maggior parte dei vini. Il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha firmato il decreto che prevede una deroga trimestrale del Regolamento Ue 1308 del 2013 sulle nuove etichette all’8 marzo 2024, “permettendo così l’utilizzo e l’esaurimento delle etichette già in magazzino”. A rischio macero sarebbero, infatti, 50 milioni di etichette già stampate. “Il ministero – ha annunciato Lollobrigida – si è attivato sin da subito per arrivare alla data dell’8 dicembre con la soluzione per sostenere e tutelare un comparto fondamentale per l’economia della nostra nazione. In sede europea, nel prossimo Consiglio europeo di Agricoltura e Pesca, previsto il 10 e l’11 dicembre, fa sapere ancora il ministro “tratterò il tema delle linee guida sull’etichettatura, per risolvere alcune indicazioni che presentano criticità e che ad oggi risulterebbero superabili con il buonsenso”.

La norma inizialmente prevedeva che per gli ingredienti in etichetta fosse utilizzato un codice Qr accompagnato dalla lettera “I”. Ma a poche settimane dall’entrata in vigore delle Linee guida, la Commissione ha cambiato le carte rispetto a quanto stabilito, decidendo di inserire il termine completo “ingredienti”, Leggi il resto di questo articolo »

Il vino in Sardegna si fa anche nel marmo.

Non è il primo esempio che conosciamo, già un anno fa la cantina toscana Fuori Mondo presentò il suo rosso affinato in grosse anfore di marmo proveniente dalle Alpi Apuane. Ma la storia di Marco Mossa, giovane vignaiolo sardo, merita di essere raccontata.

I vigneti che lavora Marco Mossa a Orosei sono a due passi dalle cave, “non a caso – ci dice- quando lavora la vigna, è normale trovarsi con le mani e gli indumenti ricoperti di polvere chiara”. Da li, l’idea. Perché non provare ad affinare una piccola selezione del suo vino, un Cannonau di Sardegna, proprio nel marmo di Orosei?

“Io in cantina non faccio uso di barrique o legni, non voglio minimamente che questi possano intaccare il profumo o il gusto del mio vino, che deve avere le sensazioni che il mio territorio offre. Volendo fare qualcosa di altamente territoriale, il pensiero è andato dritto al marmo, ma non è stato facile.

Con un amico che si occupa di estrazione e lavorazione del marmo – ci dice il vignaiolo – abbiamo lavorato per avere delle vasche da 750 litri frutto di lastre di almeno 5 centimetri di spessore, estratte a pezzo unico, senza nessun tipo di lesioni nella superficie. Il vino affinato è frutto della vendemmia 2021, ora in commercio, mentre il vino frutto del raccolto 2022 è attualmente in affinamento.

Lo monitoriamo continuamente mentre affina nel marmo, Leggi il resto di questo articolo »

Che cos’è il “sidro-vino” che arriva dagli Stati Uniti e sfida il climate change

Il mondo del vino sta affrontando il climate change con una risposta creativa e intrigante: il vino-sidro, un ibrido che sta guadagnando popolarità, soprattutto negli Stati Uniti e in alcuni paesi europei, come la Spagna. Il Gambero Rosso riporta questo affascinante connubio tra vino e sidro, una sperimentazione che va oltre il tradizionale e apre nuove possibilità nel mondo delle bevande alcoliche.

La produzione di questa nuova bevanda ibrida coinvolge diverse tecniche e metodologie. Molti produttori stanno sperimentando l’assemblaggio di vino e sidro, cofermentazioni di uva e altri frutti, e tecniche di macerazione e rifermentazione. Tuttavia, la fermentazione congiunta di mele ed uva sta emergendo come la preferita da molti produttori. L’alto contenuto di glucosio e fruttosio, insieme alla presenza di acidi, rende uva e mele scelte ideali per la creazione di questa nuova alternativa alcolica.

Il fenomeno è ancora agli inizi, ma negli ultimi anni sono emerse collaborazioni intriganti tra produttori di vino e sidro. Un esempio è il Lo Temps es Breu, un blend di uve xarello e mele Crimson Crisp, creato dalla collaborazione tra Serps, un produttore di sidro naturale, e la Finca Parera, un’azienda di vino naturale del Penedès. Questo esperimento è solo uno dei tanti che stanno definendo questa nuova frontiera enologica. Leggi il resto di questo articolo »

Cresce la vendita di vino sfuso: può essere una buona scelta, ma da fare con criterio

Il “vino sfuso” si è sempre venduto ma, al giorno d’oggi, si sta riproponendo un po’ ovunque seguendo un trend che di certo è in forte crescita. Non sono qui per storcere il naso, bensì per approfondire nella maniera più laica possibile e meglio orientarci su un terreno che rischia di diventare più scivoloso che glitterato.
Oggi più che mai, occorre affrontare l’argomento – se non addirittura svolgere il tema – in tempi di conclamata inflazione.

Il trend dei vini sfusi è ufficialmente in espansione. Questo si evince dalle nuove aperture di locali, un po’ ovunque, e dal proliferare di fiere/mercato, festival ed eventi di vario genere.

Un po’ più di educazione sul vino sfuso, pertanto, occorre farla. Parliamoci chiaro: l’opzione dello sfuso può essere una scelta democratica per non spostare la voce “vino” sul conto troppo sopra quella del pasto consumato a tavola. Peraltro può essere utile anche in una visione casalinga in ambito familiare o di coppia, visti i rincari degli ultimi anni che non ci permettono di mangiare fuori tutti i giorni.

Dunque: c’è sfuso e sfuso. Leggi il resto di questo articolo »

I vini italiani più venduti nei ristoranti americani: sul podio un Prosecco e il Pinot grigio

L’intelligenza artificiale svela quali sono i 150 vini italiani più bevuti nei ristoranti americani. A Verona, durante l’ultima giornata del Wine2Wine 2023 è stata presentata Somm.ai, società creata nel 2021 che accoglie 46mila clienti e opera a livello internazionale. Jeremy Hart, Chief Strategy Officer e Co-Founder di Somm.ai, ha raccontato come lavora l’azienda e come si serve dell’AI nell’analisi.

Ogni due settimane vengono controllate le carte dei vini dei ristoranti: l’intelligenza artificiale aiuta questo processo ed estrapola i dati. Negli Stati Uniti i vini Supertuscan vanno per la maggiore: Antinori al momento è la cantina che vende di più.

Per i piemontesi il Nebbiolo è in aumento. L’analisi permette di vedere anche il trend: i due principali produttori sono della zona del Barbaresco, mentre il Barolo aumenta del 4%. Dalla classifica emerge anche che il Brunello di Montalcino è il rosso italiano più presente nelle wine list dei ristoranti statunitensi.

Dall’analisi emerge come i vini più venduti costino meno di 60 dollari (55 euro, mentre ci sono 91 vini rossi, 31 bianchi e 28 frizzanti. Il prezzo medio di una bottiglia di vino di questa lista è di 148 dollari (136 euro). In generale i vini toscani, veneti e piemontesi sono i più gettonati. Al primo posto dei vini più venduti, c’è un Prosecco.

https://www.cronachedigusto.it – 15/11/2023