Cinghiali golosi devastano la vigna

Ora è ufficiale.
Le uve di Chardonnay soddisfano il gusto delicato dei cinghiali, elbani, provetti sommelier. Gli assaggiatori ungulati si aggirano qua e là nei poderi dell’isola, mangiandosi l’uva che si trova sulle viti.

Ne sa qualcosa Antonio Arrighi, noto imprenditore vinicolo di Porto Azzurro, che in questi giorni ha dovuto fare i conti con l’ennesima razzìa dei cinghiali, golosi di frutta e uva.

Si è sfogato su Facebook, dopo aver constatato come gli ungulati si siano specializzati in assaggi di uva elbana. Hanno fatto fuori 100 metri di filare di vigna, piena di grappoli quasi maturi, coltivata a Chardonnay.

L’imprenditore, tra i più attivi per la valorizzazione del prodotto isolano vitivinicolo, è salito alla ribalta in passato anche per il suo vino Tresse, prodotto in anfora di terracotta. Insomma, lo sforzo per produrre vino di qualità c’è tutto. Ma a mettere i bastoni tra le ruote di Arrighi ci si sono messi i cinghiali nella sua proprietà di 12 ettari.

«Evviva! I cinghiali hanno apprezzato il grado di maturazione del mio Chardonnay – ha scritto l’imprenditore su Facebook – Ormai sono più dei residenti. Aiutiamoli a raggiungere il numero dei turisti presenti sull’isola d’Elba e io li sostengo con l’uva».

Chiara la polemica contenuta nel suo messaggio, riferita al fatto che, ormai, non si riesca a controllare in modo efficace il numero degli ungulati, causa di numerosi danni alle produzione agricola, che già deve fare i conti con eventi atmosferici sempre più imprevedibili.

La situazione è di certo grave e colpisce un po’ tutti gli agricoltori, riuniti nel consorzio di tutela ElbaDoc, diretta da Marcello Fioretti. Sedici aziende diverse, unite dagli stessi problemi, condivisi allo stesso modo con gli altri viticoltori non associati.
Italo Sapere, che agisce nella stessa zona, con la sua tenuta Sapereta, commenta: «Ogni giorno devo spendere quattro ore del mio tempo per riparare ciò che i cinghiali danneggiano, le colture e le recinzioni stesse; entrano e vendemmiano loro prima di noi.
Chi di dovere non fa niente, in concreto, per risolvere questo problema ormai noto a tutti e la faccenda complica non poco il nostro lavoro e le spese aumentano a dispetto dei guadagni».

Arrighi, ade esempio, sta correndo ai ripari e sta installando circa 2 chilometri di recinzione con filo elettrico, per ostacolare l’ingresso degli animali selvatici. «Di solito mettiamo tale protezione – dice- più in là, dopo ferragosto, in relazione alla reale maturazione delle uve. Ma quest’anno il clima torrido sta sempre più anticipando il pieno sviluppo degli acini. La vendemmia sarà anticipata e quindi anche le recinzioni vanno messe prima».

Ed allora altre lunghe ore di lavoro e tra fili elettrici, l’impianto, le batterie, manodopera e cose del genere, Arrighi valuta di avere 1000 euro di spese in più, senza contare il danno dell’uva che non potrà andare a fermentare nel botti, per poi diventare un buon vino Doc.

«Ho avuto incursioni anche su filari di Aleatico da parte dei cinghiali, – conclude – e devo stare attento anche a 7 mila metri quadrati nuovi di vigna coltivata a Syrah. Non piove da tempo, i cinghiali hanno sete, ho visto mangiati anche gli acini verdi».

iltirreno.gelocal.it – 11/08/2016

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