Eventi

Nasce una nuova guida internazionale

Trenta sommelier di tutto il mondo hanno selezionato le migliori etichette.

Due veneti – lo spumante Grave di Stecca 2017 dell’azienda Nino Franco di Valdobbiadene e il Lison classico 2019 di Villa Bogdano di Portogruaro – e un friulano, il Pinot grigio Salvadi 2020 di Scarbolo – entrano nella prestigiosa prima edizione della “World’s best sommelier selection”, una lista internazionale stilata da alcuni dei più bravi sommelier della “World’s 50 best restaurants” e resa nota in questi giorni.

A completare la prestigiosa cinquina del Nord Est anche due grandi classici trentini come il Trentodoc Perlè 2018 di Ferrari e il Granato 2019 di Foradori.

La guida è al debutto, e nel panorama enologico e dell’alta cucina gode di credito, curiosità e molto interesse, visto che si tratta dell’ennesima idea di William Reed, il nome dietro ai “The World’s 50 best restaurants” e “World’s best vineyards”.

Dopo un accurato processo di degustazione, a Londra, sono stati selezionati alcuni dei migliori bianchi e rossi mondiali. Sono 16 su circa 130 le referenze italiane che, insieme agli Stati Uniti, si pone al secondo posto della classifica dei Paesi con più etichette selezionate, subito dopo la Francia con 17. La degustazione è stata presieduta da una giuria internazionale di sommelier, in rappresentanza di quattro continenti e 16 Paesi.

La degustazione internazionale è stata diretta da Josep Roca, Leggi il resto di questo articolo »

Caldaro: i vini di montagna Erste+Neue tra presente, passato e futuro

Nata nel 1986 dalla fusione della storica Cantina Sociale di Caldaro, la ”Erste Kellerei”, con la più giovane ”Neue Kellerei”, Erste+Neue ha un obiettivo primario: valorizzare i vitigni tipici.

Vini di montagna, ad ottocento metri sul livello del mare: Erste+Neue fa base a Caldaro, tappa fondamentale della Strada del Vino, in Alto Adige. Eppure ci è capitato di assaggiarli, per la prima volta, a Napoli, a tavola, di quelle ricche di spunti di riflessione ed occasioni per conoscere e crescere. Accolti da La locanda del Gesù Vecchio, atmosfera intima seppur festosa, impreziosita dal fascino di un raffinato palazzo del ‘500, ci siamo ritrovati con il Centro Storico di Napoli nel piatto e le Alpi nei calici. Con il beneficio di seguire le regole o di liberarcene per il semplice gusto di sperimentare. Quando si parla di vino, come di cibo, il traguardo resta la piacevolezza, quella che inevitabilmente passa anche attraverso la soggettività di ognuno di noi.

Erste+Neue nasce a Caldaro, in provincia di Bolzano, nel 1986. Dalla fusione della storica Cantina Sociale ”Erste Kellerei” con la più giovane ”Neue Kellerei”, fondata nel 1925. Vini che parlano di montagne imponenti, di rocce e di forti pendii. Produrre vino lassù significa compiere un atto eroico, passione e sfida che nemmeno si scontrano più: è la dura legge dell’alta montagna.

L’Alto Adige è una delle regioni vitivinicole più piccole d’Italia, ma riesce a garantire grande varietà: basta spostarsi di pochissimo e tutto cambia, con altitudini che oscillano tra i duecentocinquanta ed i mille metri, terreni aridi fatti di sassi ed un impegno che cresce insieme alla gratificazione finale. L’uva matura a lungo sulle piante e le escursioni termiche – tra la notte e il dì – sono consistenti al punto da aver caratterizzato la ben nota aromaticità dei vini altoatesini.

Quanto al suolo, ci sono porfido vulcanico, calcare, roccia, difficoltà che sono state addomesticate per poter virare sull’eleganza e sulla finezza del sorso. La freschezza delle montagne e il sole caldo, eccolo il segreto di Erste+Neue, un lavoro svolto con chiarezza e obiettivi virtuosi. Valorizzare i vitigni del posto ed essere sostenibili, per esempio utilizzando il cosiddetto vetro leggero per ridurre la quantità di materie prime, le emissioni di azoto e di anidride solforosa, senza contare il taglio ai costi che sono legati al trasporto.

https://www.mangiaebevi.it – 06/02/2024

L’Amarone della Valpolicella raccontato dall’archivio Tedeschi

Inaugurato in azienda l’archivio dei vini della storica cantina. Un patrimonio organolettico ora aperto al pubblico dei collezionisti, degli operatori dell’alta ristorazione e degli appassionati.

Racconta la storia della passione tramandata di generazione in generazione, da Lorenzo, il padre innovatore ai figli Antonietta, Sabrina e Riccardo, l’archivio dei vini Tedeschi inaugurato nei giorni scorsi all’interno dell’azienda vitivinicola di Pedemonte di Valpolicella, in provincia di Verona. Ci sono 6.800 bottiglie, su un totale di vecchie annate di circa 27.000 bottiglie, una vera e propria libreria delle etichette catalogate per annata e Cru, che mette a disposizione dei collezionisti italiani ed esteri, una nuova e più profonda esperienza percettiva dei diversi Amarone e Valpolicella Tedeschi.

Un patrimonio organolettico dell’azienda Tedeschi ha un ruolo pioneristico in Valpolicella. L’archivio custodisce cinquant’anni di storia dell’Amarone della Valpolicella e la sua ‘evoluzione’. Una storia di famiglia iniziata negli anni ’60 quando Lorenzo, che oggi ha 91 anni, ebbe l’idea di vinificare separatamente le uve del vigneto Monte Olmi per dare origine ad uno dei primissimi Cru della Valpolicella. Oggi Monte Olmi è il vino emblema dell’azienda e del territorio. In questo vigneto nasce il Cru Capitel Monte Olmo, Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva.

All”inizio degli anni 2000 si è aggiunto il vigneto Leggi il resto di questo articolo »

“Non è prosecco, è vino spumante”/ Campagna del Consorzio a Londra: “Non chiamatelo così”

Un consorzio italiano ha avvertito i britannici di smetterla di “abusare” del termine prosecco utilizzandolo per qualsiasi vino spumante. In un poster esposto nella metropolitana di Londra, è raffigurata l’immagine di una botte, accanto alle parole: “Questo non è prosecco. Non chiamatelo prosecco se è un comune effervescente”. In messaggio è presente in più di 80 luoghi in tutta la Capitale inglese: come spiega il Daily Telegraph, oltre 15 milioni di persone lo vedranno durante le due settimane della campagna, iniziata il 18 dicembre. La campagna è del Consorzio Prosecco DOC che tutela il termine, che è stato protetto dalla normativa UE dal 2009.

La bevanda ha un’etichetta di denominazione geografica (DOC), il che significa che il vino deve essere prodotto in una delle due regioni italiane, Veneto o Friuli-Venezia Giulia. In precedenza, qualsiasi vino spumante prodotto con uve prosecco poteva rivendicare il nome. Nella dichiarazione annuale del consorzio, è stata richiamata l’attenzione sulla vittoria legale contro i produttori australiani presso la Corte d’Appello di Singapore per consentire l’uso del nome Prosecco solo per i vini di origine italiana.

Come spiega il Daily Telegraph, i produttori australiani producono vino spumante dalla glera, Leggi il resto di questo articolo »

Il re del vino spegne 80 candeline: “Ho ancora dei sogni da realizzare”

80 anni di passione. 80 anni di lavoro e sacrifici. 80 anni di traguardi e successi. 80 anni di cin cin. 80 anni di Angelo Maci. Il re del vino salentino e italiano, il fondatore di Cantine Due Palme, un uomo d’altri tempi che ha portato in alto il Salento e la sua identità.

Una storia che parte da Cellino San Marco e comincia nel 1989 dalla scommessa di Angelo con un piccolo gruppo di agricoltori a una delle più grandi realtà vinicole nazionali.

E internazionali, i prodotti di Cantine Due Palme vengono infatti esportati in ogni dove, anche al di fuori del territorio italiano.
Un grande uomo ha sempre accanto a sè una grande famiglia. Moglie, figlie, nipoti e tanto affetto.

Una grande famiglia e tanti amici che hanno rivolto un pensiero al festeggiato. Tra questi Albano, Bruno Vespa, Raffale Fitto, Dario Stefano. E numerosi riconoscimenti, come quello speciale che Telerama, attraverso una targa consegnata dal suo editore Paolo Pagliaro, ha attribuito al patron Maci come grande appassionato del Salento e dei prodotti locali e come esempio per i più giovani.
Quello di un uomo lungimirante che ha creduto in progetto e ha costruito un futuro.
E noi gli auguriamo un lungo e prosperoso avvenire. Ancora buon compleanno Presidente. Alla salute!

https://www.trnews.it – 11/11/2023

Ca’ del Bosco ritorna al futuro e festeggia la nuova cantina con un vino di 42 anni

Ca’ del Bosco ritorna al futuro. Lo fa attraverso la porta della sua storia, del suo territorio, delle sue persone. Lo fa in questi giorni stappando una bottiglia che porta sull’etichetta più di quarant’anni di vita e, sotto il tappo, la passione, la cura, la filosofia, l’amore che Maurizio Zanella ci ha messo, ci sta mettendo e metterà nella maison di Erbusco arrivata al traguardo delle 52 vendemmie e che – «dopo decenni di muratori, ingegneri, architetti e notai» giusto per dirla con le sue parole – completa oggi il suo definitivo ampliamento.

La scommessa iniziata nel 1968, quando fu piantato il primo vigneto, nel 2023 è una realtà – solidissima e pluripremiata dal pubblico – che si misura in 280 ettari (quasi il massimo raggiungibile). Ca’ del Bosco oggi tocca undici dei diciannove comuni della Franciacorta e diventa custode di una porzione decisiva del territorio.

In tutti questi anni lo sviluppo dei vigneti è stato accompagnato dall’ampliamento degli spazi in cantina, arrivata ora alla sua definizione finale. Ca’ del Bosco 2.0 (come l’ha definita Maurizio Zanella) ora può contare su una nuova reception, caratterizzata da una simbolica forma ad anello con al centro una quercia. Attraverso il nuovo tunnel della Vintage Collection, caratterizzato da giochi di luce e da prospettive a perdita d’occhio, con i caveaux delle riserve di Franciacorta e i caveaux nella cupola storica dedicati alle cuvée Annamaria Clementi, la maison conduce il suo visitatore tra le sue ere antica e moderna, mentre grazie alla nuova cupola multisensoriale può consentirgli un’esperienza immersiva scandita da profumi, suoni e sostanza che sono l’essenza dei suoi vini e della sua pluridecennale storia.

Nella nuova Ca’ del Bosco – Leggi il resto di questo articolo »

Il rito antico che lega l’Alto Adige al vino nuovo

L’autunno in Alto Adige ha un profumo definito, quello del vino nuovo: mentre il paesaggio cambia e si colora di sfumature dalla calda dolcezza, le tradizioni più antiche riprendono vita e si perpetuano nel volgere della stagione. Così ogni anno si celebra il rito del Törggelen: il termine deriva dal latino torquere, torcere, con riferimento al torchio in legno usato per la spremitura dell’uva nelle cantine. E dai primi di ottobre fino all’inizio dell’Avvento in Alto Adige le porte dei masi si spalancano per accogliere nelle stuben (quei caratteristici locali dominati da una grande stufa, dalle pareti rivestite in legno) chi vuole assaggiare il nuien, il vino nuovo, e il siaße, il mosto d’uva.

Il clima è quello di una festa, e le bevande sono accompagnate da ottimo cibo locale. Le cantine e i Buschenschank, le tipiche osterie contadine, si animano dei sapori della cucina locale: le mezzelune ripiene, i crauti e i canederli anticipano il gran finale con le caldarroste, servite ancora calde con burro e con gli immancabili krapfen, deliziosi dolci fritti farciti con marmellata di papavero, di albicocche o di castagne. La passeggiata per muoversi in una sorta di pellegrinaggio da un’osteria all’altra è parte del rito, che può durare anche un’intera giornata tra boschi e coltivi: l’aria frizzante mette fame, il movimento aiuta e i colori della stagione incantano.

Si tratta di una tradizione antica, che risale probabilmente al medioevo, Leggi il resto di questo articolo »

Il primo vino in brick nel mondo spegne 40 candeline

Ci sono compleanni speciali, cifre tonde che segnano traguardi raggiunti, ricordando momenti indimenticabili. Quarant’anni sono un avvenimento importante che il Tavernello, il vino più bevuto d’Italia e uno dei marchi più conosciuti, ha festeggiato con una serata speciale allo stabilimento Caviro di via Zampeschi, a Forlì.

Era il 1983 quando Caviro, cooperativa agricola nata a Faenza per valorizzare la produzione vinicola locale, portò il Tavernello sul mercato. E’ stato il primo vino in brick del pianeta, un prodotto destinato a rivoluzionare per sempre il modo di intendere il vino, oggi esportato in oltre 40 paesi nel mondo.

Il Gruppo Caviro, realtà che oggi rappresenta 11.650 soci e 37.000 ettari vitati per un totale di 600.000 tonnellate di uva prodotta (l’8,5% della produzione nazionale), ha scelto di celebrare questo traguardo a Forlì, città che ospita le Cantine di Caviro. Gli ospiti hanno potuto degustare vini attraverso il Tavernello ForTy Party, ma anche vedere come nascono attraverso visite guidate alla cantina. Gran finale con lo spettacolo del comico Raul Cremona.

La serata, che si è svolta in un’ampia area verde, fiore all’occhiello della sede, aveva l’obiettivo di far conoscere alla comunità locale tutto il mondo che ruota intorno a Tavernello, a partire dall’attività della cantina sino ad arrivare ai tanti vini Caviro.

https://www.forlitoday.it – 08/09/2023

La maratona più golosa del mondo

42 chilometri di corsa assaggiando ostriche, vino e formaggi.

La goliardica Marathon des Châteaux du Médoc attraversa la regione vinicola francese ed è giunta alla 37esima edizione. Diecimila partecipanti e, lungo il percorso, 23 stand per le degustazioni

Immaginate Batman, Capitan America, Marylin Monroe, oppure Ratatouille ed Elton John con una pettorina da gara correre per oltre 42 chilometri. E destreggiarsi, oltre che con le scarpette da corsa, anche con vino, ostriche e manicaretti di ogni genere.

Sono i supereroi, in più di un senso e non solo figurato, della Maratona del Medoc. L’unica corsa al mondo che oltre alla competitività sportiva – decisamente non la protagonista – ha come ingredienti fondamentali l’amicizia, la goliardia e la gastronomia.

https://www.repubblica.it – 31/08/2023

La nuova vita del Marsala

Una storia che inizia nel 1978, quando Marco, fresco di una laurea in agronomia, subentra alla madre Josephine nella conduzione del baglio Samperi, proprietà della famiglia da oltre due secoli. Lì nasce il mito moderno di Marco de Bartoli, personalità prorompente, capace di rivitalizzare una tradizione, quella del Marsala, mai così slegata da ingombranti relitti. Un vino che negli anni Settanta era sacrificato a logiche di commercializzazione di massa, che invece Marco, testardamente, riprende per mano grazie alla reintroduzione del metodo Solera (o Soleras), il perpetuo, l’unico a suo avviso capace di raccontare correttamente una tradizione territoriale, parlando il linguaggio evolutivo del tempo.

All’inizio, in un panorama di vini “conciati” e fortificati, viene criticato ed osteggiato, fino ad essere accusato di sofisticazione. Uscito dalla crisi prosciolto e rinvigorito, ha la soddisfazione di vedere le sue intuizioni affermarsi rapidamente. Lo scenario, inutile sottolinearlo, è quello di Marsala, terra di uomini e donne dalle usanze antiche, inscindibili dalla campagna.

Una tradizione che Marco ha sempre incarnato, e che dopo la scomparsa continua a vivere nel lavoro impeccabile dei figli Josephine (che porta il nome della nonna), Renato e Sebastiano, attraverso la produzione di tanti vini iconici, che hanno al centro, in varie interpretazioni, Grillo e Zibibbo, varietà da sempre fondamentali, con il più recente Catarratto. (Riuscitissime) versioni passite, secche, spumantizzate, con la recente introduzione dell’anfora in vinificazione – per il progetto dello Zibibbo di Pantelleria, che si affianca al Moscato del Bukkuram – capaci di rendere la cantina, che conta circa 19 ettari vitati, una delle più sorprendenti realtà del fascinoso viaggio vitivinicolo peninsulare, ideale punto di contatto tra sapienza artigianale e controllo, tutto moderno, del processo. Sopra tutto, il rispetto supremo per quella magica bevanda che chiamiamo vino.

https://espresso.repubblica.it – 28/08/2023